Reduci alle armi
Vista la situazione
drammatica vennero richiamati in servizio decine di ex ufficiali
appartenenti a diversi passati degli eserciti che combatterono a
favore della Repubblica di Genova.
Amputazioni e protesi
In quegl'anni gli scontri sul mare si condivano con cannoni e
sciabole, armi micidiali che non risparmiavano amputazioni agli
arti. Le protesi conseguenti, se si rimaneva vivi, spesso erano
ingombranti e nel caso degli uncini avevano dimensioni
significative. Nel caso di dubbi, si consiglia una visita al Musée
de l'Armée dove sono esposte le protesi usate per gli ufficiali
napoleonici.
Uno a
sette
Nel 1800 la popolazione della città era di circa 70.000 abitanti e
il numero dei morti, superò le 10.000 persone.
Origini italiane
Andrea Massena era nato a Nizza nel 1758. Allora la città era nel
territorio dei Savoia e quindi nel Regno di Sardegna. Massena perciò
era di origini italiane
Il Generale Massena
Napoleone nominò il Generale Massena a difendere la città
dall'assedio austriaco e inglese. Nonostante la presenza di forze
francesi, la città cadde.
Fame per tutti
L'assedio portò ad una carestia senza precedenti che si abbatté
sulla popolazione e sugli stessi prigionieri austriaci che erano
rinchiusi a bordo di navi attraccate nella rada del porto.
Ammassa Zena
Il generale MASSENA, ribattezzato poi dai Genovesi "Ammassa Zena",
era arrivato in Genova il 9 Febbraio 1800 e fu ricevuto in trionfo
con ovazioni.
Prese stanza nel palazzo Doria presso S. Domenico (ora De Ferrari),
oggi Sede del Banco di Roma, dove fino allora aveva avuto la sua
residenza il Direttorio.
(Fonte G. Miscosi)
Ugo Foscolo
Durante l'assedio venne composta l'ode A Luigia PALLAVICINO caduta
da cavallo, di Ugo FOSCOLO componimento che è un inno alla bellezza
e un canto d'amore. Venne scritta dal poeta di ZANTE, allora
capitano dei volontari cisalpini, in una locanda dove rimase degente
per parecchi giorni in seguito ad una ferita riportata durante un
attacco alla collina di Coronata.
I versi fecero poi parte di un libriccino "Omaggio" che riunì i
componimenti di diversi ufficiali-poeti presenti all'incidente in
cui la bellissima marchesa aveva riportato gravi ferite al volto.
Minestre e carne d'asino e di cane
Nei diversi quartieri della città si vendettero minestre a modico prezzo
nelle quali, in mancanza di legumi, si mettevano erbe farmaceutiche
come malva, altea e simili.
La truppa (francese e genovese) si nutriva di formaggi e carne di
cavallo. I cittadini si consideravano beati di poter avere la carne
di cavallo e si adattarono, comunque, a mangiare quella di asino,
cane e gatto.
(Fonte G. Miscosi)
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Con l'avanzata di Napoleone in Italia, alla fine del 1800, la Repubblica di Genova venne a far parte dei territori francesi occupati.
I reparti di Artiglieria di Marina dell'ex repubblica rimasero in un primo tempo indipendenti e successivamente furono inquadrati nei reparti francesi (Sesta Compagnia, giugno 1805).
Le uniformi, con taglio molto simile a quelle francesi, nel 1797 erano blu con parti risvoltate di colore rosso, bicorno ed equipaggiamento in cuoio nero o bianco.
Non si ha una data precisa in cui le uniformi degli artiglieri cambiarono definitivamente, è però certo che per un periodo intermedio (tra il 1800 e il 1805) questi indossarono le forniture francesi mantenendo però i risvolti del petto, i polsini, il collo e le code, di colore rosso invece di essere semplicemente filettati
del medesimo colore. In realtà la colorazione era ottenuta sovrapponendo e cucendo del panno rosso sulle parti interessate.
Per quello che riguarda i copricapi, non si hanno notizie e/o illustrazioni che diano evidenza dell'uso di shakò. Viene da supporre che forse questo copricapo fosse in dotazione per i soli ufficiali e sottufficiali mentre la truppa indossava bicorno e bonnet de police.
L'equipaggiamento standard era in cuoio nero come quello della Marina Francese; la giberna poteva riportare fregi sia dei cannonieri (affusti incrociati) che la granata. Completava il tutto briquet e zaino in pelle di animale con finiture sempre in cuoio nero.
La storia di questa città e della sua regione hanno origini
molto lontane.
Si rischia quindi di andare troppo indietro e di perdere l'attenzione sul
periodo compreso tra il 1796 e il 1800.
Prima di addentrare lo sguardo sul periodo interessato, vale la pena di
prendere traccia di ciò che scrisse Oberto FOGLIETTA a proposito di
GENOVA e del suo governato "... molte volte indotta a cercare
governi Forestieri...". Questo passo è tratto da "DIALOGO SOPRA
IL LEGITTIMO GOVERNO POPOLARE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA" libro
secondo. Il periodo? E' un testo scritto nell'intorno del 1560 e
pubblicato solo nel 1798, Oberto FOGLIETTA, nato a GENOVA nel 1518 e
morto poi nel 1581, che si identificava come Cancelliere di detta
Repubblica. Il libro non passerà la censura del tempo e gli costerà
qualche anno di esilio.
Questo però è solo uno dei tanti
antefatti che portano GENOVA al 1800. Ma * il segno di una città
superba e libera.
L'inizio del secolo fu chiaramente legato ai moti indipendentisti che la
città e la regione stavano attraversando. Peccato che in contrasto a
questi vi fossero le guerre europee tra FRANCIA e AUSTRIA e che
vedevano l'ITALIA come solo luogo di scontro militare.
Per raccontare i giorni e i mesi di quel
semestre del 1800, ci affidiamo a stralci di vari articoli
pubblicati in passato e alle pubblicazioni redatte da David
CHANDLER.
Nel
1799, assente BONAPARTE perché impegnato nella campagna di EGITTO
(1798-1800), i Francesi avevano subìto nella pianura Padana,
dall'Adige a Novi, una serie di sconfitte che li avevano portati a
difendere una sottile porzione di territorio ligure lungo la costa,
quale unico canale di contatto con la patria francese. Questa
situazione aveva indotto BONAPARTE, Primo Console, all'idea della
seconda campagna d'Italia: fare dell'armata comandata dal suo amico
il generale MASSENA l'esca per trattenere intorno a GENOVA le forze
austriache del generale MELAS, mentre lui con l'altra armata, detta
di Riserva, sarebbe sceso attraverso le Alpi nella pianura padana,
per affrontare gli Austriaci nella battaglia decisiva.
L'offensiva austriaca
contro l'armata di MASSENA ebbe inizio il 6 aprile. Dalla parte del
levante in località RECCO, il generale OTT mosse con diecimila
uomini contro le posizioni nemiche, poste a difesa della città
sfruttando il letto del torrente BISAGNO, costringendo i Francesi a
ripiegare verso GENOVA (il torrente scende perpendicolare al mare
tagliando simbolicamente oggi la città).
L'attacco avvenne anche da ponente partendo da SAVONA, MELAS scese con più
colonne verso il mare dividendo le forze repubblicane e incalzando
poi la divisione del generale francese SUCHET nella sua ritirata
verso la FRANCIA. I ripetuti sforzi di MASSENA per ricongiungersi
con questa unità ebbero come unica conseguenza la perdita di oltre
5.000 uomini, un terzo dei suoi effettivi. Caduta ogni possibilità
offensiva, non restò al generale nizzardo che chiudersi nella
piazzaforte di GENOVA per resistere sino a che, come promesso da
BONAPARTE, l'Armata di Riserva non fosse giunta a liberarlo.
Cessata ogni resistenza nemica in campo aperto, gli Austriaci si
portarono a tiro delle mura, creando un'impenetrabile cintura
attorno alla città, sbarramento attraverso cui, per quasi due mesi,
non passarono né rinforzi né viveri e neppure notizie sui progressi
dell'armata di BONAPARTE; aspetto questo che ebbe un peso notevole
nelle ultime decisioni di MASSENA.
Destò sempre un
certo stupore il fatto che una grande e ricca città passasse, nel
giro di poche settimane, dalla normalità alla carestia più nera. A
questo proposito si sono viste più possibili cause, tra le
principali il mercato nero con le zone dell'entroterra dove molte
famiglie si erano trasferite in previsione della guerra e poi un
traffico legato alle questue forzate che le gendarmerie francesi e
austriache imponevano ai comuni agricoli della città in cambio di
una tutela da violenze di ogni sorta da parte di chiunque. Vi si
aggiunga che la pesca, fonte di approvvigionamento alimentare per
una grossa fetta del centro storico della città, venne a mancare a
causa della presenza di navi inglesi che cannoneggiavano anche i
battelli dei pescatori.
GENOVA contava in tempo di pace circa 80 mila abitanti. Con l'inizio
dell'assedio una folla di profughi, provenienti dai paesi
circostanti, si riversò entro le mura portando il totale delle
presenze a 120 mila persone. A queste, naturalmente, vanno
aggiunti i diecimila soldati di MASSENA che ricevevano le loro
razioni dal Comitato degli edili, con precedenza sulla popolazione.
Il 1799 era stato un anno di per sé assai duro, quanto ai
rifornimenti, sia per la guerra che aveva devastato la Pianura
Padana sia per inclemenze stagionali. Fortunatamente prima che gli
Inglesi bloccassero i traffici marittimi, qualche veliero aveva
potuto entrare in porto con carichi che si rivelarono
provvidenziali.
Da un punto di
vista militare, l'assedio di GENOVA non offre spunti di particolare
interesse. MASSENA si limitò ad usare i pochi uomini che gli
restavano per tenere il nemico lontano dalle mura e dalle colline,
soprattutto quelle del quartiere di ALBARO e del Santuario della
Madonna del Monte, a tiro di cannone dall'abitato. Servì a poco
perché, nella seconda metà di maggio, per fiaccare il morale dei
Genovesi, a pesanti bombardamenti terroristici provvidero le navi
inglesi. I mali peggiori furono le malattie e la mancanza di cibo:
favorita dalle privazioni si diffuse in città un'epidemia di febbre
intestinale.
Per combattere
la carestia in città e nei dintorni, MASSENA organizzò cucine
all'aperto che fornivano zuppe di vegetali a chi non aveva neanche
un fornello (molte persone, prive di tutto, dormivano nei porticati,
sui sagrati delle chiese e lungo le "muragliette" che circondavano
il porto); ricorse infine a dei "buoni" con cui i poveri venivano
assegnati, nominalmente, a famiglie benestanti dalle quali
ricevevano, ogni giorno, un po' di aiuto per sopravvivere. Anche
molti cosiddetti "ricchi" dovettero adattarsi a disperate ricerche
di cibo, raccogliendo nei campi, a ridosso delle mura, erbe
commestibili, nonché comprando dai contadini, a peso d'oro, persino
i baccelli vuoti delle fave. Si scatenarono cacce a gatti e cani, si
cucinarono topi e pipistrelli, divennero prelibatezze il miglio e la
scagliola degli uccellini. Si denunciarono forme di speculazione e
adulterazioni criminali. Nei palazzi si riducevano in farina, con
macinini d'argento usati di solito per le spezie e per il caffè,
scorte di grano conservate gelosamente e in gran segreto. Parve una ventata
di follia il fatto che nella città, stremata, si diffondesse la
vendita di confetti e zuccherini. La "Gazzetta nazionale", l'unico
giornale che veniva pubblicato in quei giorni, si abbandonò
all'ironia pensando che un po' di buon umore sarebbe servito a far
dimenticare, per un istante, le sofferenze. Ma su questo episodio
sarà bene tornarci.
Nei mesi del blocco la mortalità crebbe in modo spaventoso. Nel solo
ospedale di PAMMATONE i decessi passarono dai 197 dell'ultima
settimana di marzo ai 590 della seconda settimana di luglio, cioè ad
assedio concluso. All'arrivo dei primi viveri, 1700 persone morirono
di indigestione. Mancano le cifre globali sulle vittime
dell'assedio, l'unico dato ufficiale è che, da aprile a settembre,
furono seppelliti lungo il BISAGNO 9.850 cadaveri.
Scaduto il
termine indicato da BONAPARTE, senza notizie dell'Armata di Riserva,
MASSENA il 2 giugno accettò di trattare la resa. In una cappelletta
allora esistente a metà del ponte di CORNIGLIANO, attorno ad un
piccolo tavolo, presero posto il generale OTT, l'ammiraglio inglese
KEITH, MASSENA e il ministro Luigi CROVETTO per la Repubblica
Ligure.
I vincitori si mostrarono troppo generosi e concessero
quasi tutto quanto MASSENA chiedeva. Sembravano dominati da una gran
voglia di concludere. I Francesi non sapevano che MELAS aveva
ordinato di chiudere al più presto la partita con GENOVA perché
BONAPARTE si stava avvicinando. Il Primo Console seppe della resa di
MASSENA da una lettera presa ad un corriere nemico che galoppava
verso VIENNA.
Gli imperiali entrarono in GENOVA il 5 giugno, passando sotto archi di
trionfo eretti dai filoaustriaci. Ma venti giorni dopo, in seguito
alla vittoria di BONAPARTE a MARENGO, la città fu riconsegnata ai
Francesi e sotto gli stessi archi di trionfo, trasformati in fretta
da imperiali in repubblicani passò, con le sue truppe, il generale SUCHET.
I fatti qui narrati non ebbero nel
tempo ripercussioni morali e politiche forti e durature. Di certo la
perdita dell'indipendenza politica e militare, nel passaggio alla
conduzione dei Francesi, generò i sentimenti patriottici che poi
oltre trent'anni dopo diedero inizio al Risorgimento italiano e che
trovò in GENOVA uno dei punti di origine.
Fu anche la sconfitta
politica e morale della Rivoluzione francese e del movimento
repubblicano che poi anche in FRANCIA collassò con la presa del
potere in forma monarchica da parte del BONAPARTE.
Così scriveva, nel 1858 Giuseppe MARTINI nel suo libro, finanziato a
proprio conto, intitolato "STORIA DELLA RESTAURAZIONE DELLA
REPUBBLICA DI GENOVA (l'anno 1814); sua caduta e riunione al
PIEMONTE (l'anno 1815)".
La città venne presa in una morsa di assedio con oltre 60.000 effettivi
che non avrebbe lasciato molte possibilità per gli assediati:
gl'Inglesi sul mare e circondati a levante e ponente (le due vie
principali) dagli Austriaci di MELAS.
La presenza sul mare delle navi inglesi comandate dall'Ammiraglio KEITH,
proprio nella rada, impediva ai Francesi due fattori importanti: il
rifornimento di armi e viveri e soprattutto la mancanza di una via
sicura per poter dare il cambio ai soldati.
Mancando forze sufficienti (a febbraio vi era un effettivo di oltre
35.000 uomini), in particolare di ufficiali e sottoposti di
marina, i Francesi chiesero (in alcuni casi imposero) di
presentarsi tutti coloro che avevano indossato un'uniforme durante
il passato della città. I veterani della Marina si fecero avanti con
l'intenzione di difendere la città dall'attacco austriaco (i
Genovesi non andavano molto d'accordo con costoro); facile
piglio fu per MASSENA ricordare loro le angherie subite in passato e
il generale francese sapeva di contare su uomini validi anche se
alcuni di loro erano ormai a riposo da diversi anni.
Gli ufficiali veterani cercarono di mettere a frutto la poca capacità di
risposta disponibile sui bastioni del porto e dai forti circostanti
la città. Mancavano però grossi calibri e le navi inglesi si
posizionavano a distanze di sicurezza che erano note perché, le spie
in città, avevano dato informazioni dettagliate sui calibri
disponibili.
Se gli ufficiali della Marina
della Repubblica tentarono di rompere il blocco in rada, utilizzando
spesso piccole imbarcazioni quasi mai sufficientemente armate, le
batterie di cannoni rimaste tentarono di tenere alla lontana le navi
inglesi e di creare dei corridoi di fuga che però avevano un corto
raggio e non sufficiente per poi dare mare aperto ai fuggiaschi.
L'unica batteria in grado di garantire, con i suoi calibri, il tenere
lontane le navi inglesi era quella della LANTERNA.
Ad aprile si tenta di spaccare, é il caso di scrivere, l'accerchiamento
che negli ultimi due mesi cingeva sempre più la città. Fu lo stesso
MASSENA a tentarci; arrivò a prendere terreno fino al MONTE FASCE e
a spingersi fino a COGOLETO (ponente) dove posizionò il suo
avamposto per poi ristabilire un ideale collegamento con la FRANCIA.
Ciò non bastò e, a maggio, vi fu un ennesimo tentativo da parte di MASSENA
che non sortì cambiamenti significativi. Nell'attesa dell'arrivo di
NAPOLEONE, la città cadde in una carestia senza pari che falciò un
settimo dell'intera popolazione. Il resto della vicenda ormai é stato già raccontato.
Concentriamo il racconto su fatti secondari ma che danno una fotografia
molto precisa di come fosse la vita a GENOVA, e proprio in quei
drammatici giorni.
Le cannonate
I Genovesi seppero prendere con ironia le tempeste di fuoco che le navi
inglesi avevano il vezzo di riversare sulla città alle prime ore del
giorno.
Gli effetti di questi ripetuti cannoneggiamenti furono capaci di
esasperare la stanca e affamata popolazione. Un anonimo signore ebbe
a scrivere che si era risentito degli Inglesi in quanto che avevano
avuto la maleducazione di sparare sul tetto della sua casa una
misera palla da solo 12,5 libbre mentre, ai suoi vicini, erano
"arrivate" salve da quasi 36 libbre.
Il mito di
BAVASTRO
Giuseppe BAVASTRO fu uno dei personaggi più leggendari tra i militari che
si schierarono con MASSENA e la causa napoleonica.
Marinaio sin dalla giovane età, era un ufficiale della Marina del
Repubblica e combatté con MASSENA, suo amico di lunga data. Compì
un'azione memorabile.
Ogni notte una nave inglese entrava nella rada, indisturbata, a lanciare
alcune bombe sulla città. Contro di essa BAVASTRO armò una
vecchissima galea, la PRIMA, provvista di soli tre cannoni. Su
questa vi imbarcò dei galeotti ai remi e un equipaggio di
coraggiosi, formato tra i veterani della marina, e attaccò senza
remore e indugi la nave nemica. Con le sue cannonate tagliò in due
lo scafo inglese prima che iniziasse la sua pioggia di fuoco sulla
città. Le altri navi inglesi che componevano il blocco, attaccarono
immediatamente la vecchia galea. Ma le sue piccole dimensioni, e
l'abilità nel timonare del capitano, evitarono le bordate inglesi i
quali furono costretti ad attaccare all'antica maniera
dell'abbordaggio. BAVASTRO passò al corpo a corpo, per oltre un'ora
menò di sciabola e replicò di pistola. Alla fine, circondato e solo,
si dovette gettare a mare; fu recuperato da un gozzetto mandato a
cercarlo dal generale MASSENA.
Da quella notte gli Inglesi cessarono quelle terribili incursioni. E
iniziò la leggenda del capitano BAVASTRO.
La fame
Alla fine di maggio non era rimasto più nulla di commestibile. Si diede
fondo a tutto, compresi dolci di ogni sorta. Alla fine della
giornata del 27 di maggio la pavimentazione della città era coperta
dalla carta di migliaia di dolciumi. Si diede alla vendita di tutto:
caramelle, canditi, frutta secca, bombons e praline di cioccolato.
Come ebbe a commentare il gazzettino cittadino "... se non si avesse
nozione dell'assedio, si penserebbe che qui é il paese del ben
godi".
Le donne e i bambini
Furono tra le vittime prime dell'assedio. In Piazza Banchi le donne si
radunarono per aspettare il passaggio del Generale MASSENA. Ed ecco
che arrivò scortato dalle sue guide a cavallo. Le donne si fecero
fitte e minacciarono la guardia del generale. Lo stesso MASSENA
decise di farsi largo tra le popolane che tenevano in braccio i loro
figli piccoli.
Le donne gridavano di arrendersi a MELAS, il generale le fissò con
intensità e queste gli mostrarono le loro creature: molte erano
morte di stenti. MASSENA si sentì il sangue gelare. Non pronunciò
parola ma in molti testimoniarono che, una volta giunto al suo quartier generale,
scoppiò in un pianto convulso e disperato.
A razioni ridotte
MASSENA impose, e pare vera tale narrazione, che tutto il suo corpo
ufficiali non avesse razioni alimentari aggiuntive se non quelle che
avevano i soldati della sua truppa. Questa razione consisteva in
pane, del formaggio e delle verdure selvatiche. Il vino era
annacquato per poterselo far durare.
Le mucche del console americano
Vennero rubate e il console protestò animatamente con lo stesso MASSENA.
Ancora oggi i colpevoli di abigeato non sono stati scoperti e sono
tutt'ora ricercati dalle forze dell'ordine.
Si avvelena il popolo
Qualche scriteriato si mise a cucinare delle frittelle di verdure la cui
pastella venne fatta con calce e colla animale. Inutile dire quali
effetti mortali ebbero tali "frisceu" (sono le frittelle salate
genovesi, note anche come cuculli).
Traduzioni sbagliate
NAPOLEONE fece intercettare dei messaggeri austriaci che portavano
la notizia, a MELAS, della resa della città e dell'accettazione di
MASSENA delle condizioni offerte. In un primo tempo fu così stupito
da affermare che i suoi traduttori si erano sbagliati nella corretta
traduzione dal tedesco al francese.
I 1700 morti per indigestione
Il generale francese SUCHET si riprese la piazza di GENOVA il 21
giugno. A causa del ritorno Francesi, che quasi a scusarsi
distribuirono cibo in quantità incredibili, questo comportò che
molti Genovesi, pare 1700, morirono per indigestione.
Andrea MASSENA viene ad oggi
considerato come uno dei migliori generali e marescialli che
servirono la causa di BONAPARTE.
Di carattere deciso e allo stesso tempo di un controverso carattere, in
bilico tra l'estremo coraggio e la depravazione morale, fu
sicuramente un vero protagonista dell'ascesa militare del tenente
corso a cui ha dato sempre la sua devozione e fedeltà.
Nell'assedio di GENOVA, per rimanere in tema e non divagare sulla sua
ricca e lunga carriera militare e politica, ebbe un comportamento
decorso e sicuramente più nobile di quanto poi ebbe a fare nel
seguito della sua vita spesso costellata di saccheggi e violenze di
vario genere.
Nonostante ciò, non fu ricordato dai Genovesi quale ufficiale onorevole e
leale; per molti di allora egli sacrificò la città e la popolazione
per garantire al solo BONAPARTE il tempo per accerchiare gli
Austriaci e batterli a MARENGO (14 giugno 1800).
Uomo particolare nonostante fosse cresciuto in condizioni economiche
e familiari non certo felici. Era amato dai suoi uomini meno dagli
avversari e da diverse popolazioni di mezza EUROPA che ebbero la
sfortuna di vederlo transitare per casa con la sua estrema
inclinazione al saccheggio e all'estorsione di denaro nei modi meno
signorili della Rivoluzione e poi del Primo Impero.
Il suo carattere militare, deciso e impavido in ogni situazione,
faceva a pugni con quello di una vita privata in cui la scarsa
moralità la faceva da padrona. Nonostante ciò, NAPOLEONE BONAPARTE
solo in casi estremi intervenne per ricondurlo a comportamenti degni
di un generale e maresciallo dell'Impero.
Un curioso episodio segnò la sua vita: durante una battuta di caccia venne
ferito dallo stesso BONAPARTE, che gli centrò il viso con una
gragnola di pallini da caccia e che gli fecero perdere un occhio.
Morirà di tisi non ritornando più con il suo imperatore dopo
WATERLOO ma nemmeno abbracciò la restaurazione rinnegando
l'Imperatore.
La stampa e i quadri
esposti sono fonte WIKIPEDIA e liberi da diritti pertinenti la
pubblicazione:
- Stampa, autore non
conosciuto riproduce il maresciallo Massena.
- Quadro su tela, autori Fontaine e Gros ripduce il maresciallo
Massena.
- Quadro su tela, autore Bouchot e riproduce il generale Massena
durante la Battaglia di Zurigo.
Bibliografia e riferimenti
documentali
- Oberto FOGLIETTA
"DIALOGO SOPRA IL LEGITTIMO GOVERNO POPOLARE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA"
libro secondo. Scritto nell'intorno del 1560 e pubblicato solo nel 1798
in INGHILTERRA.
- Giuseppe MARTINI "STORIA DELLA RESTAURAZIONE DELLA REPUBBLICA DI
GENOVA (l'anno 1814); sua caduta e riunione al PIEMONTE (l'anno 1815)".
Volume unico a spese dell'autore, pubblicato nel 1858.
- Antonino RONCO "L'ASSEDIO DI GENOVA", articolo pubblicato sul
quotidiano il SECOLO XIX in data 4 aprile 2000.
- Antonino RONCO "GENOVA TRA MASSENA E BONAPARTE. Storia della
Repubblica Ligure, il 1800".Pubblicazione a cura della CASSA DI
RISPARMIO DI GENOVA E IMPERIA tramite SAGEP (1988).
- F.G. HOURTOULLE "L'epopee napoleonienne". Histoire &
Collection (1997).
- Carle VERNET, "Uniformi napoleoniche". Tavole a
colori, Bibliothéque de l'Image (2001).
- Riviste TRADITION e FIGURINES.
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