NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2012

LA BATTAGLIA DI BERLINO
APRILE - MAGGIO 1945

Pagina 5 La fine di Berlino e il suo futuro

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Galleria 2° Conflitto mondiale

Documentazione 2°conflitto mondiale

Premessa
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Riferimenti

 
Foto 1
Pistola automatica tedesca WALTHER PPK, una gradita preda bellica degli ufficiali russi
Foto F. Cavann@


Foto 2
La corrispettiva TOKAREV TT-33, in dotazione agli ufficiali russi
Foto F. Cavann@

 
Foto 3 e 4
Pistola mitragliatore tedesco MP40 e medesima tipologia russa PPSh-41
Foto F. Cavann@


Foto 5
Carica cava per il Panzer Faust 100, sopra erano stampate le istruzioni d'uso
Foto F. Cavann@

 
Foto 6 e 7
Cannone tedesco leggero PAK da 37 mm, tra i pezzi leggeri più utilizzati nella difesa della città
Foto F. Cavann@

La fine e di Berlino e il suo futuro
Il sette maggio ufficialmente la guerra finì. BERLINO era in condizioni disastrose, i morti erano a migliaia sia tra i civili sia tra i militari dei due schieramenti. Nei giorni della battaglia si consumarono eccidi e violenze di ogni sorta. Nel corso di oltre sessant'anni autori e storici vari, nelle loro pubblicazioni, hanno quasi gareggiato nel descrivere quanto avvenne cercando di stabilire chi fosse stato più spietato e crudele tra i due schieramenti. Con il passare del tempo, con l'apertura degli archivi militari di più controparti e con la scoperta di nuovi documenti e testimonianze in merito, ci si è avviati a un processo di revisione più moderata nell'imputare colpe e i misfatti.
Nessuno nega i fatti, per fortuna, ma occorre ancora molto tempo e molte verifiche prima di poter mettere la parola fine al dramma della battaglia di BERLINO, stabilendo i ruoli delle singole nazioni.
Certamente il grosso di quanto avvenuto va addebitato al Comando tedesco e alla figura di HITLER congiuntamente al suo staff politico e militare. Furono loro a decidere che la città si sarebbe dovuta sacrificare per una causa, la lotta contro il comunismo, già persa mesi prima con la disfatta sia del fronte dell'Est sia con la sconfitta della Battaglia delle ARDENNE. Si considerino le colpe umane in primis e poi quelle militari, le seconde furono forse più gravi in quanto che stabilirono una strategia difensiva lacunosa e una tattica di azione al limite del dilettantesco il cui unico risultato fu la morte di migliaia di soldati e di civili. In seguito, molti generali e gerarchi nazisti attribuirono tali colpe ed errori alle decisioni di HITLER e del suo Stato maggiore. Ma questa giustificazione regge solo in parte. Molti di loro dimostrarono che le loro doti di condottieri dovevano la loro fortuna all'attacco lampo e all'impiego di cospicue forze di artiglieria e aviazione (vedere la prima fase del conflitto tra il 39 e il 42). Venendo a mancare carri armati e aerei, e tanto carburante, non furono in grado di reggere l'impatto degli avversari che invece potevano contare su queste armi in quantità considerevoli.
Occorre anche dettagliare altre carenze sia militari sia logistiche: la distribuzione delle divisioni avvenne più per compiacenza verso lo Stato maggiore che non per effettive necessità. La produzione di armi e mezzi era insufficiente sin dal 43, eppure tutti gli alti gradi militari parvero totalmente indifferenti a tale problematica.
A livello logistico, non furono prodotte quantità sufficienti di carburante, non ne furono immagazzinate in modo attento nelle regioni dell'Est dove il possibile sfondamento avversario era probabile. Si può certo incolpare la sfortuna, ma in questa storia furono i Tedeschi stessi la loro unica sfortuna.
A BERLINO il numero delle esecuzioni sommarie da parte delle SS e della GESTAPO non furono mai calcolate ma si parla di decine di migliaia; bastava un non nulla perché funzionari e uomini delle SS decretassero la fucilazione di un anziano che non indossava il bracciale della milizia popolare e non fosse in possesso del suo presunto fucile di ordinanza. I ragazzi che morirono in assurde azioni difensive furono altrettanti e il loro gesto rallentò solo l'agonia di una città e della sua popolazione. Tra le Waffen SS, sia NORDLAND sia CHARLEMAGNE, vi era la terribile usanza del colpo alla schiena nei confronti dei soldati nemici catturati, utilizzandoli come esche per individuare dove fosse appostato il nemico. La procedura era quanto mai bieca ma efficace. Una volta catturati, venivano disarmati e li si rassicurava che non gli sarebbe stato fatto nulla e di ritornare pure dai loro camerati. I prigionieri si allontanavano increduli e il più delle volte urlando ai propri compagni di non aprire il fuoco. A quel punto, tra coloro che erano appostati dalla parte opposta, qualcuno si esponeva per fare cenno in quale direzione lo sfortunato doveva dirigersi; allora gli uomini delle Waffen SS aprivano il fuoco uccidendo lo sfortunato e sparando a più non posso in direzione dei suoi compagni. Possiamo immaginare solo vagamente quali furono, da parte dei Sovietici, le reazioni alla cattura di soldati tedeschi.
Se si affronta il grave e delicato argomento dell'inutile carneficina che si perpetrò, vale la pena di domandarsi quale di quei militari può ancora oggi essere giudicato abile e prode quando non fu in grado allora di evitare il sacrificio di migliaia di suoi soldati solo per difendere una causa già persa. La strage di soldati e civili nella foresta di HALBE é una delle macchie più indelebili nella storia dell'esercito tedesco. Non furono dei gerarchi la causa di ciò, ma gli stessi comandanti dell'Heer che tentarono una impossibile ritirata verso il fronte americano.
Nelle gallerie della metropolitana e nelle fogne di BERLINO, i soldati tedeschi tentavano di spostarsi non solo per fuggire ma per cercare di aggirare il nemico. L'impresa il più delle volte era fallimentare perché si muovevano quasi alla cieca o seguendo approssimative mappature. Un soldato tedesco raccontò che il suo tenente tentò di organizzare una sortita cercando di far arrivare i suoi uomini, alle spalle del nemico, passando attraverso delle gallerie della metropolitana; come strumento per orientarsi egli aveva una piantina informativa con indicate le sole stazioni di fermata e per giunta l'ufficiale non era nemmeno di BERLINO quindi non conosceva minimamente la città. La sortita fallì miseramente e buona parte di questi soldati morì mitragliata dai Russi che invece si rivelarono più capaci in tale tattica.
E così il massacro dei civili, mai quantizzato dalle stesse autorità tedesche di ieri come di oggi, che morirono sotto i colpi di artiglieria mentre tentavano di attraversare il fiume ELBA. Per anni in molti scrissero che fu l'artiglieria sovietica a puntare il tiro su questa massa indifesa di donne, anziani e bambini dato che tra essi si erano mescolate migliaia di soldati e Waffen SS. Dalle informazioni che nel tempo sono emerse, pare che le cose non fossero andate proprio così e che in realtà fu la stessa artiglieria tedesca ad aprire il fuoco con la ragione sola di porre uno sbarramento ai russi inseguitori; tale versione é poco attendibile e nasconde retroscena più macabri dato che ormai la guerra era praticamente finita e che eventuali soldati del ROA, come di origine russa passati al nemico, sarebbero stati comunque catturati dagli Americani e da questi consegnati alle autorità militari sovietiche secondo gli accordi di JALTA.
Molte fabbriche intorno a BERLINO erano dotate di rifugi antiaerei di notevole capacità e resistenza, eppure i civili furono stipati a migliaia in pochi rifugi cittadini. Quelli delle fabbriche vennero riempiti di macchinari che sarebbero ovviamente serviti a riprendere la produzione al cessate il fuoco. I Russi, terminata la guerra, impacchettarono una grossa parte di questi macchinari e se li portarono nella grande madre Russia.

Gli ufficiali dell'Armata Rossa non ricevettero quasi mai precise disposizioni su come comportarsi, a livello di controlli e disciplina, verso i propri soldati. I saccheggi quindi divennero prassi ordinaria fino a metà maggio, quando disposizioni più precise ne vietavano l'usanza (in realtà si voleva mostrare agli alleati angloamericani che il soldato sovietico era intriso di onestà e disciplina). In rari casi vi furono azioni disciplinari effettive, quasi sempre i colpevoli ricevevano una strigliata verbale e al massimo gli era imposto di riconsegnare il mal tolto.
In merito a banche, musei, librerie e archivi pubblici, guarda caso vi furono severe disposizioni dai vari comandi: non dovevano essere bombardati o comunque oggetto di fuoco d'artiglieria, vietato il saccheggio di sorta e dovevano essere posti sotto vigilanza armata una volta occupati.
Dai pochi rapporti rinvenuti o emersi dagli archivi russi, nei giorni tra il 15 aprile e il 2 maggio, risulta che l'appoggio di artiglieria venne richiesto sempre più spesso e che questo comportò la morte di civili e soldati che molto probabilmente si sarebbero anche potuti catturare vivi. L'artiglieria russa, da molte testimonianze anche tra gli stessi serventi ai pezzi, con troppa facilità apriva il fuoco sugli edifici che a volte erano deserti, usando tiro ad alzo zero. Le conseguenze furono anche la morte di persone che si trovavano nelle cantine o nei rifugi sotterranei e che rimasero sepolti dalle macerie dei palazzi.
Le violenze sulle donne, perpetrate dai soldati dell'Armata Rossa, sono un dato di fatto e non vi possono essere giustificazioni di sorta per questi crimini. Vi é però da conoscere la storia e l'identità caratteriale di questi uomini, prima di dare certo un giusto giudizio di condanna. Nella cultura sovietica, l'individuo doveva essere annullato per diventare una parte di una precisa organizzazione sociale. Non doveva esistere l'individualità comportamentale, caratteriale e nell'ambito della società di appartenenza. La desessualizzazione era uno degli obiettivi di tale politica educativa collettiva. Nel momento in cui ciò veniva a compiersi, l'uomo perdeva anche la sua proprietà affettiva verso un altro individuo trasformando i sentimenti, quanto la sessualità e l'erotismo, in elementi di negatività (George ORWELL, nel 1948, ne riporterà di ciò nel suo capolavoro letterario "1984"). Le violenze sessuali e comportamentali erano il frutto di questa scissione emotiva, che rendeva il soldato privo di attaccamenti umani sia verso i propri conoscenti sia verso altri. In aggiunta a ciò, la propaganda e i commissari politici rafforzavano l'idea di attuare una vendetta sistematica contro ciò che i Tedeschi avevano commesso durante l'Operazione BARBAROSSA, la violenza carnale era l'atto di umiliazione massima. L'esercito sovietico comprendeva il personale femminile come elementi effettivi e non di riserva (erano presenti in quasi tutte le specialità tolta la Marina e l'Artiglieria motorizzata), cosa che non avveniva in quello tedesco o americano. Ma questa effettività era solo a scapito negativo delle donne. Se combattevano in prima linea al pari degli uomini, divenivano poi oggetto di soprusi nelle retrovie. Queste, per sottomissione volontaria o per costrizione, diventavano le "mogli da campo"; essere una protetta significava avere più cibo, non combattere in prima linea e non essere oggetto di violenze da parte di altri commilitoni. In genere sottufficiali e ufficiali si "sceglievano" una commilitone e con essa condividevano un "more uxorio" certo non basato sul''attrazione e i sentimenti. In uno stato comportamentale di questo tipo, il soldato russo perpetrò lo stupro come atto di conferma della sua alienazione e forma di sfogo a una vita priva di propria individualità. Far del male per "emotivarsi".
Lo stesso STALIN, quando gli chiesero chiarimenti sulle violenze subite dalle donne tedesche (si deve tenere conto che le cifre furono nell'ordine di centinaia di migliaia di casi), rispose con fare sarcastico che era parte della guerra e che poi non era quel gran crimine che si dichiarava.
Non tutti i soldati e gli ufficiali russi si comportarono in modo criminale e violento. Vi sono diverse testimonianze che riportarono atti di grande umanità verso le donne e dei loro bambini. Molti ufficiali si presero cura di tutelare i civili, dalla loro stessa truppa, che spesso era umanamente e mentalmente al pari di vere bestie: l'Armata Rossa contava su effettivi che provenivano fin dalla Mongolia e dalla Corea, provenienti spesso da società tribali quasi allo stato primitivo al punto che questi non parlando russo, per nulla istruiti e rozzi erano quindi impiegati nelle sole retrovie per i lavori più umilianti e pericolosi.
Pur tenendo conto di queste considerazioni, restano tali i crimini commessi dall'Armata Rossa, con la corrispondente colpa dei comandi tedeschi che non fecero nulla per evitare tutto ciò.
In molti casi, una resa incondizionata avrebbe sensibilmente evitato altro sangue e altre violenze.

Dopo la guerra il popolo tedesco continuò con omertà a pagare le sue colpe. Per alcun anni, civili e militari non riuscivano a comprendere il perché gli Stati Uniti avessero dichiarato guerra alla Germania, rimasero increduli scoprendo che era avvenuto il contrario. In molti affermarono che erano stati vittime del Nazismo ("belogen und betrogen", ingannati e traditi) e che a loro non poteva essere imputata colpa di sorta per quanto accaduto dal 1933 al 1945. Eppure la Storia alla fine si rivela in tutta la sua drammatica verità dandoci una lezione da non trascurare, augurandosi che anche il popolo tedesco l'abbia finalmente appresa a pieno. La divisione in due della nazione resta un atto drammatico che dal 1961 al 1989 impose a migliaia famiglie di non potersi più riunire, alcuni dei soldati rientrati dopo anni di condanna nei gulag (erano almeno 15 gli anni di detenzione per crimini  contro l'Unione Sovietica) si ritrovarono costretti a vivere nella Germania Est mentre moglie e figli erano in quella Ovest.
Anche sui militari che non fecero ritorno in Germania non si hanno dati precisi dato che alcuni di loro per anni si pensava che fossero prigionieri nell'URSS per poi scoprire che erano morti durante la Battaglia di BERLINO. Morirono tutti nutilmente, Tedeschi come Russi, perché il comunismo, il "Bolschewismus", si estese in tutto l'Est europeo ma si sarebbe estinto 50 anni dopo senza spargimenti di sangue e senza un'altra inutile guerra.

 

 


I vincitori della Seconda Guerra Mondiale sono riuniti a Potsdam per decidere il trattato di resa finale della Germania e per la suddivisione del territorio di BERLINO
( Bundesarchiv, Bild 183-14059-0018 - CC-BY-SA).


Una delle guglie angolari del Reichstag da cui venne fatta sventolare la bandiera comunista il Primo maggio del 45 (Foto F. Cavann@).


Su una delle colonne del Reichstag sono ancora oggi visibili i segni dei proiettili (Foto F. Cavann@).


La Germania divenne un enorme cimitero per soldati e civili
Foto tratta da filmato di propaganda prodotto dall'Official War Dept. americano (Mis. 1211) intitolato "The true glory".

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Con la divisione della città in 2 settori, vennero costruite, a partire dagli anni sessanta, tre livelli di mura che erano sorvegliate da torri come questa (Foto F. Cavann@).


Ultime simbologie del periodo comunista a BERLINO nel settore Est (Foto F. Cavann@).


Una foto emblematica delle due Germanie separate e della spartizione di BERLINO. La foto, qui utilizzata per una locandina relativa a una mostra su quegli anni, mostra il più famoso VOPOS (poliziotto tedesco della Germania Est) che, per rifugiarsi nel settore Ovest, saltò il reticolato di separazione prima della costruzione muro (Foto F. Cavann@).


La Porta di Brandeburgo, oggi, é stata completamente restaurata compresi i cavalli che n parte furono non solo distrutti durante gli scontri ma in parte fatto scempio di alcuni soldati russi (Foto F. Cavann@).


L'attuale cupola del Reichstag, oggi sede ufficiale del parlamento tedesco da quando BERLINO é tornata la capitale della nuova Germania unita (Foto F. Cavann@).


Dove era presente il muro primo che separava la città, oggi corre una lunga striscia di mattoni con la targa che ricorda il dramma di quasi trent'anni di guerra fredda  (Foto F. Cavann@).

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