Galleria 2° Conflitto mondiale
Documentazione 2°conflitto mondiale
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"Con tutta la roba
che ti dovevi trascinare dietro, non era proprio possibile portare
anche un ferito. Eravamo costretti a lasciarli li".
Hans ROSTEWITZ, soldato della 76a Divisione di Fanteria dell'Heer.
STALIN (nella foto qui a fianco) in parte aveva ragione nel sostenere che i Tedeschi non
avevano il polso della situazione dopo il fallimento dell'Operazione
BARBAROSSA (1941). Una questione di mesi, e di azioni belliche logoranti,
sarebbero stati gli elementi sufficienti per mettere in
ginocchio la VI Armata del Generale Friedrich PAULUS.
Qui occorre fare una considerazione di tipo strategico e politico prima di
calarsi nella storia che porterà all'assedio di STALINGRADO da parte
dei Tedeschi: nel 1942 l'URSS
non era a corto di divisioni per combattere la Wehrmacht, anzi,
disponeva degli uomini necessari per poter respingere le divisioni
naziste nel caso fossero riuscite a passare il fiume VOLGA. Erano
sconosciute le reali potenzialità dell'intera Armata Rossa: non solo
i Tedeschi non conoscevano nel dettaglio le cifre reali ma gli
stessi alleati angloamericani non avevano il quadro e il computo
esatto dello stato militare dell'URSS al giugno di quell'anno (posizioni geografiche
sotto controllo, numero
di divisioni/carri armati/cannoni/aerei). Per confondere le idee e le
previsioni, il governo sovietico creava diversivi di vario tipo come
l'invio a WASHINGTON di richieste per equipaggiamenti e viveri per
le proprie truppe motivando così l'ipotesi che l'Armata Rossa non
fosse in grado di reggere più attacchi e più fronti nemici. Se gli
Americani ritenevano necessario aprire un fronte a Ovest per
logorare i Tedeschi e in parte alleggerire gli alleati sovietici,
con CHURCHILL gl'Inglesi fecero pressioni perché il fronte in
FRANCIA non fosse aperto di modo che i Russi fossero maggiormente
impegnati contro i Tedeschi e non in grado di proseguire il
fronte verso ovest ed arrivare al cuore dell'EUROPA. Per farla
breve: CHURCHILL era convinto che un'avanzata sovietica si sarebbe
estesa fino al centro del Vecchio Continente e che, a quel punto,
nemmeno gli Americani avrebbero potuto contenerla politicamente e
militarmente.
Invece, soldati e risorse belliche sufficienti, STALIN le possedeva ma era
riluttante al loro impiego perché queste rappresentavano la forza
ultima in caso di avanzata nazista verso MOSCA. Se gli Americani
avessero seguito le ipotesi di ROOSVELT, e quindi iniziato lo sbarco
in FRANCIA anticipandolo di due anni, la distanza tra loro e BERLINO
sarebbe stata di un solo anno mentre di due per i Russi.
Lo sbarco in AFRICA e poi in SICILIA, nell'estate del 42, avrebbe assunto
l'entità di fattore diversivo mentre il massimo dell'impatto ci
sarebbe stato in FRANCIA portando in GERMANIA le forze alleate nel
giugno del 43 invece che nel maggio del 45. Ma le posizioni inglesi
circa questa strategia erano discordanti e conseguentemente
CHURCHILL non era moto disposto a dare supporto per questa possibile
operazione d'invasione, cioè dare la disponibilità all'uso delle basi sulle coste
inglesi per l'avvio dell'operazione (che nel 44 sarà identificata
come OVERLORD.
La situazione, a metà del gennaio del 1943 é al limite dell'assurdo: sono
oltre 200.000 i soldati tedeschi chiusi nella sacca di STALINGRADO,
schiacciati contro la riva ovest del fiume VOLGA.
I soldati non muoiono solo durante i combattimenti, molti restano
congelati nelle lunghe notti passate nelle trincee, non hanno
sufficienti medicine per cui si ammalano di tifo e il cibo scarseggia.
I casi di morte per denutrizione e scarse cure mediche hanno un
innalzamento esponenziale a partire proprio da gennaio. Sotto il Generale
Friedrich PAULUS, l'Alto Comando della VI Armata é obbligato, da
HITLER stesso, a rifiutare le offerte di resa che i Russi propongono
sin dai primi giorni dell'anno.
Sia i Sovietici sia i Tedeschi sapevano cosa stava accadendo e il
dramma che nel giro di pochi mesi sarebbe esploso senza possibilità
di mutarlo o ridurlo nelle sue conseguenze.
Il
tipo di combattimento urbano necessario a STALINGRADO non era stato
contemplato nell'addestramento dell'esercito tedesco e non molto di meglio
erano in grado di fare le Waffen SS. I comandanti sovietici ne erano consci
e furono loro i primi a ridurre la città in un cumulo di macerie,
proprio per facilitare la difesa a uomo (nella foto a fianco un
battaglione di pionieri a fatica riesce ad avanzare tra le macerie
della città,
fonte BUNDESARCHIV).
Gli stessi comandanti russi erano a conoscenza di altri punti deboli
della Wehrmacht: il tipo di arma del soldato tedesco non era adatta al
combattimento ravvicinato (fu un grosso errore la non distribuzione di
pistole alla truppa e il divieto di poter usare quelle degli
ufficiali caduti in combattimento o non più in grado di combattere).
Il vestiario non adatto e la fornitura del rancio a gruppi e non su
scorte a uomo.
La questione "rancio" può apparire insignificante ma
i soldati in genere hanno fame e mangiano quando e dove possono, il
dover fare la distribuzione a gruppi significava: doverne spostare
quantità considerevoli non meno di due volte al giorno, mettere a rischio la vita di chi lo portava
(in genere in grosse taniche a zaino), e il non poterlo consumare se
in quel momento si stava combattendo o dandosi all'arte della
guerra.
I soldati russi sfruttavano la collaborazione degli abitanti
ancora presenti,
piccoli punti di ritrovo autogestiti, razioni personali che erano
consumabili ovunque (anche se poi consistevano in salsiccia secca,
lardo e pane raffermo).
Infine le condizioni igieniche e dell'acqua erano terribili. Lavarsi
era un vero e proprio lusso, come lo era l'acqua potabile. Anche con
l'arrivo delle nevi, il problema idrico non mutò di molto dato che
spesso la neve veniva imbrattata con urina e feci.
I
Russi preferivano gli attacchi e le sortite notturne dato che la
LUFTWAFFE non poteva entrare in azione e (secondo lo stesso Generale
CHUIKOV) i soldati tedeschi erano meno propensi al combattimento. I più giovani
(qui a fianco l'arrivo a STALINGRADO di due reclute,
riconoscibili perché avanzano con indosso l'intero equipaggiamento,
scoprendo molto presto che era un errore che poteva costare loro la
vita) erano terrorizzati dal buio e dalle
gesta di certi reparti
nemici, come i Siberiani della 284a Divisione fucilieri. Le sentinelle
tedesche sparavano su tutto e tutti, creando così confusione nelle stesse
linee e dando un notevole contributo al consumo di 25 milioni di proiettili
registrato nel solo mese di settembre del 42.
Inoltre vi erano dei fattori terrorizzanti che i Russi usavano con
estrema capacità: lanci di bengala in piena notte e che simulavano
attacchi che non si verificavano quasi mai. L'assalto alle trincee
tedesche armati di vanghe che servivano per finire i soldati nemici
feriti; questa procedura barbara e inumana era nata per evitare di
farsi rintracciare con il rumore dei colpi di grazia inferti al
nemico ferito ma poi prese piede perché terrorizzava il Landser
ventenne appena giunto in trincea. Infine gli attacchi degli aerei
U-2 che di notte impedivano di dormire e che indebolivano le truppe
fino al punto di generare crolli, da stress per i raid aerei, per intere
compagnie.
I soldati di STALIN furono addestrati, su ordine dello stesso
Generale CHUIKOV, a combattere in squadre di otto uomini.
Erano armati di mitra, vanga e coltello, un discreto quantitativo di
granate e/o bombe a mano. Quest'ultime, soprannominate "artiglieria
tascabile", permettevano di avere ottime chance sia in attacco sia
in ritirata per difesa.
Un'altra arma che si rivelò strategica
da ambo le parti, quanto pericolosa per tutti, fu il lanciafiamme. Muovendosi tra rovine
di edifici, fognature e sotterranei, quest'arma assunse un ruolo
chiave. Il problema era nella scarsa conoscenza nell'uso e nel
pericolo dato dall'impiego in spazi chiusi.
In quella carneficina continua, i civili pagarono un prezzo enorme e
non solo per colpa del fuoco tedesco ma soprattutto di quello russo.
I soldati dell'Armata Rossa sparavano punto e basta: chi si metteva
fra loro e i nemici veniva fatto fuori senza tanti
preavvisi. Del resto era imperativa la citazione di LENIN "Chi non
aiuta l'Armata Rossa in tutti i modi non collabora al suo
ordine e alla sua disciplina , é un traditore e deve essere ucciso
senza alcuna pietà". Più chiari di così!
I
soldati sovietici non furono particolarmente bene equipaggiati
durante il corso dell'intera battaglia. Tolti gli indumenti
protettivi e le calzature relative, per il resto impiegarono le
medesime armi che avevano già in dotazione sin dal 1939.
Quando venne la neve, le tute bianche per mimetismo - che poi non erano
foderate e protettive dal freddo - scarseggiarono ben presto e
quindi vennero tolte ai morti e ai feriti gravi, in quest'ultimo
caso al più presto per evitare che s'inzuppassero di sangue.
Come per i Tedeschi, anch'essi avevano scarse razioni alimentari e
altrettante scarse attrezzature sanitarie e di cura. La vodka e l'alcol
metilico erano gli anestetici più in uso durante le amputazioni e
gl'interventi chirurgici.
Per sopperire alla mancanza di armi moderne e dedicate alla
guerriglia urbana, molti di loro si diedero ad ingegnose soluzioni
belliche che in diverse occasioni si rivelarono vincenti.
Furono create bombe a mano con inneschi a ritardo, proiettili con
raggi balistici molto personalizzati e poco prevedibili, mirini da
cecchino montati su cannoni controcarro per migliorare il
puntamento.
A differenza di quelli tedeschi, i soldati dell'Armata Rossa
vivevano molto più d'improvvisazioni, alcol e tabacco. Le
improvvisazioni potevano essere assalti punitivi stabiliti dal
solito commissario politico di turno che magari era stato deriso
durante una precedente azione da parte di qualche veterano. Oppure
assalti decisi autonomamente per procurarsi una trincea più comoda,
un bunker, se non qualche razione di cibo e dell'alcol.
Tra i Tedeschi prese piede l'uso di alcolici ma in quantità minime
rispetto a quelle che un soldato di STALIN poteva consumare. Queste
dosi, per un soldato russo, potevano variare dai 10 centilitri ai 100 centilitri
giornalieri (un litro, per capirci!).
Attraversare il VOLGA, dalla sponda orientale a quella occidentale,
si rivelava un'impresa che immancabilmente aveva costi umani enormi, questi traghettamenti avvenivano su barche
e chiatte di
fortuna e senza la protezione di artiglieria e aviazione.
Ma anche per i
Tedeschi, muoversi nelle proprie retrovie poteva rivelarsi un finire
in un vicolo cieco. Se sui lati della sacca riuscivano a spostarsi camion carichi di KATIUSCIA, non vi erano molte probabilità che
mezzi corazzati, convogli di feriti, così come rifornimenti e truppe
fresche, giungessero alla destinazione stabilita. Accadde così che
una decina di OPEL BLITZ carichi di forti e fresche reclute
volontarie, non arrivarono mai a STALINGRADO dato che
il loro battesimo del fuoco avvenne senza sparare un colpo contro
altrettanti Organi di Stalin posti in una strada parallela a quella
percorsa dai Tedeschi ma a diverse centinaia di metri. Nessuno
di quei ragazzi si accorse di morire finché non udì, molto
probabilmente, il sibilo lancinante di quei razzi che sarebbero
esplosi su di loro pochi istanti dopo.
n
GERMANIA poco o nulla era giunto, a livello informativo, in merito alla sacca di
STALINGRADO. I feriti non vennero tradotti dalle retrovie agli
ospedali in patria.
Non si volle mostrare, ai civili tedeschi e agl'altri
militari, cosa realmente avveniva sul fronte russo (la foto a
fianco mostra una pattuglia tedesca che aveva l'onere di ripulire il
perimetro difensivo della città, purtroppo impegnata a trasportare
con una barella-slitta un camerata probabilmente ferito gravemente).
Alcuni di loro
furono ricoverati e curati in POLONIA ma solo a fine guerra
riuscirono a tornare a casa. Il 26 gennaio l'ARMATA ROSSA tagliava in
due il blocco difensivo della città. Il numero dei soldati tedeschi
che si suicidava cresceva di giorno in giorno.
L'Alto comando della VI Armata si rifugiò negli scantinati di
un magazzino posto nella parte sud della città. Qui, al caldo e con
molto cibo, attesero lo scorrere del tempo senza minimamente porsi il
dubbio sulla resa. Convinti che il loro FUHRER li avrebbe salvati?
Forse.
Utile il racconto del capitano Gerard DENGLER, ufficiale della 3a
Div. di fanteria. Arrivato nello scantinato sede del comando,
DENGLER scoprì che i 20 alti ufficiali avevano carne da fare alla
griglia, cognac e sigari. Moltissimi generi alimentari di ogni sorta
e stufe con cui scaldare lo scantinato. Una situazione assurda, ma
DENGLER vuole a tutti i costi convincere PAULUS di accettare la resa
proposta dai sovietici.
"PAULUS, alla mia domanda, mi rispose seccato: per lei é tutto più
facile ...a quanto pare, capitano, é arrivato il momento della
verità e l'iniziativa passa agli ufficiali di truppa". DENGLER
si congedò schifato del comportamento da vigliacco di PAULUS.
La situazione, dopo 4 mesi di duri scontri, é ormai al limite per le
forze naziste. Nell'Alto Comando si decide di mandare un ufficiale
in udienza all'OKW per dare massima chiarezza sul dramma che si sta
consumando a STALINGRADO.
Venne scelto il giovane ufficiale, capitano dell'HEER, Winrich BEHR
(nella foto qui a fianco).
Il 14 gennaio avvenne l'incontro tra il Fuhrer e il capitano.
Ma il colloquio, che durò oltre tre ore, si concluse con un nulla di fatto
e con la conferma, almeno per il giovane capitano, che colui che
comandava la GERMANIA non aveva nessuna capacità militare e umana
per rendersi conto dei fatti.
Il soldato tedesco intanto era chiuso nella morsa gelida fatta di rovine,
ghiaccio e desolazione: doveva nutrirsi con 50 grammi di pane al
giorno, quasi niente zuccheri e grassi. Atti di cannibalismo si consumarono da ambo le parti.
Il responsabile del Servizio sanitario della VI Armata definì
STALINGRADO "... un gigantesco esperimento di digiuno".
Questo soldato non aveva modo di proteggersi dal freddo che alla notte raggiungeva anche i 50°
C sotto lo zero; per tale ragione si bruciava qualsiasi cosa che
producesse calore, persino le casse da morto che giungevano da
BERLINO e le tavole dei
pavimenti.
Non era possibile lavarsi, i pidocchi mordevano le carni dei vivi come
quelle dei morti che non si riescono a seppellire tanto il terreno é
duro.
A fine gennaio i feriti nascosti nelle cantine e nei sotterranei
della città erano oltre 40.000 e quasi tutti non ricevevano cure
sufficienti. Le amputazioni furono l'unica medicina distribuita e un
colpo alla tempia il solo calmante contro le agonie.
Il Feldmaresciallo Hermann GOERING promise una copertura aerea sufficiente
a garantire scorte di viveri, medicinali e munizioni. Ma ciò avvenne
solo in minima parte. Gli aerei che portavano i rifornimenti vennero
impiegati, al loro ritorno nelle retrovie tedesche, per
l'evacuazione dei feriti e del personale specializzato. In teoria
quasi nessun ufficiale avrebbe dovuto, secondo disposizioni di
HITLER, lasciare il proprio comando nella città.
Invece molti di loro, e le testimonianze arrivano dai soldati
e dagli avieri presenti, si imbarcavano con false disposizioni e lo
facevano costringendo a rimanere a terra decine di feriti gravi.
Questi ufficiali si dimostrarono la feccia e la vergogna dell'intera VI Armata.
Il 2 febbraio avvenne finalmente la resa: 100.000 soldati con in
testa il Feldmaresciallo PAULUS uscirono allo scoperto e si consegnarono
al nemico.
HITLER andò su tutte le furie: PAULUS doveva suicidarsi e invece, era vivo
e prigioniero dei comunisti. Per il suo capo PAULUS " ... é un
rammollito senza spina dorsale. Non era mai successo che un
feldmaresciallo tedesco si consegnasse al nemico".
Per i soldati tedeschi la resa é siglata non solo dall'esaurimento
dei viveri ma anche delle munizioni e del carburante per i mezzi
corazzati (nel fotogramma di ottima qualità, un carro tedesco
abbandonato non perché colpito ma perché ha semplicemente esaurito
proiettili e carburante).
I soldati russi iniziano i rastrellamenti tra le macerie di una città che
non esiste più.
Per settimane saranno catturati soldati sporchi, affamati e malati
ormai stremati per i comabttimenti.
Da documenti sovietici di recente conoscenza, si viene ora a sapere che
quasi 10.000 soldati tedeschi si erano nascosti nei sotterranei e per
settimane si nutrirono delle favolose riserve abbandonate dal personale
di staff degli alti ufficiali a loro volta, da parecchi giorni, già
scappati in GERMANIA. Questi soldati riuscirono in qualche modo a continuare
un'assurda, e quanto inutile resistenza, fino ai primi di marzo.
Poi
anche per loro venne la resa dopo aver terminato cibo e munizioni. Un
soldato tedesco racconterà anni dopo: "Dopo due settimane passate
a scappare per le fogne della città e a dormire tra i calcinacci,
ero così sporco che non mi resi conto che la biancheria si era
letteralmente attaccata alla mia pelle".
La
prigionia di PAULUS (il fotogramma, pur se non di ottima qualità,
inquadra il Generale Feldmaresciallo durante la prigionia nei
primi giorni dopo la resa) si rivelò drammatica sotto molti punti di vista.
Venne detenuto in condizioni precarie e quasi sempre sotto attenta
osservazione: le sue conversazioni venivano regolarmente trascritte e
per determinati periodi condivise la detenzione con ex ufficiali
della Wehrmacht che si erano schierati totalmente a favore del
regime comunista.
La sua detenzione durò diversi anni e solo nel 1953 venne ufficialmente
liberato. Prese residenza nella GERMANIA EST a DRESDA.
Negli anni della detenzione in URSS fu "una
voce critica del regime nazista",
unendosi al Comitato nazionale per la Germania Libera, organizzato
su imposizione dell'URSS,
e appellandosi ai soldati tedeschi perché si arrendessero. In
seguito fu testimone dell'accusa al processo
di NORIMBERGA.
Morì nel 1957 senza aver più potuto incontrare la moglie, morta qualche
anno prima nella GERMANIA OVEST. Difficile esprimere un giudizio sia globale sia
specifico sui fatti di STALINGRADO e sul suo agire rispetto alle
volontà di HITLER, si può però affermare che per
determinate situazioni e circostanze furono corrette le sue previsioni. Di
ciò fu un esempio la sua negativa previsione circa il successo
dell'operazione denominata "Donnerschlag",
che avrebbe permesso di rompere l'accerchiamento dei Russi a
dicembre e il poter raggiungere le forze corazzate del generale
Hermann HOTH.
Per alcuni storici egli fu un mediocre generale, alle dipendenze di HITLER
e dell'OKW. Non fu in grado di coinvolgere il suo Stato maggiore in
un lavoro di gruppo che lo aiutasse a prendere le necessarie
decisioni con prontezza.
Dopo
la resa iniziò il dramma della marcia verso la prigionia con
destinazione l'Arcipelago GULAG (a fianco una ripresa
cinematografica per la propaganda sovietica).
La Logistica dell'Armata Rossa non aveva mezzi sufficienti per nutrire
oltre 100.000 prigionieri. Sempre DENGLER, testimoniò che il comando
sovietico aveva razionato i viveri dei propri soldati per sfamare i
prigionieri. Certo il gesto fu dettato anche dall'interesse di
portare a destinazione la maggior quantità di risorsa umana necessaria
alla ricostruzione ma, allo stesso tempo, vale la pena ricordare che
il Comando tedesco, che deteneva i prigionieri russi, verso la fine
di novembre del 42 aveva dato disposizione di smettere di nutrirli
portandoli così ad atti di cannibalismo. Il numero dei soldati
tedeschi morti durante la prima prigionia salì a
50.000 ai primi mesi del 43 e solo 30.000 riuscirono ad uscire vivi
da quei campi di concentramento, improvvisati, costruiti intorno a
STALINGRADO. Portarli altrove era impossibile. In primavera vennero
trasferiti verso gli URALI in gulag predisposti per la loro
detenzione che mediamente durò dieci anni.
Degli oltre 30.000 partiti da STALINGRADO, solo 18.000 ce la faranno
viaggiando su carri bestiame, senza lavarsi, mangiando e bevendo
ogni 3 giorni.
Solo 6.000 tornarono in patria alla fine del 55.
Ma
ancora un ultimo dramma si abbatté su di loro, scampati all'odissea
di STALINGRADO.
Quando nel 1955 il primo Cancelliere della Germania Federale, Konrad
ADENAUER (al centro della foto davanti ai microfoni), ottenne la liberazione di tutti i prigionieri di guerra,
il loro ritorno fu funestato da vendette personali che portarono
alla morte di alcuni di loro.
Sui treni che riportavano in patria i reduci, si consumarono vendette di
ogni sorta tra gli stessi soldati e ufficiali tedeschi. I racconti
in merito a ciò si perdono tra la tragedia e l'idiozia di uomini che
non seppero capire fino a che punto erano sprofondati nel dramma. Un
dramma che spinse ad assassinare alcuni di loro per il solo fatto di
aver sottoscritto il regolamento del gulag, l'aver firmato una
dichiarazione di colpa per i presunti o veri crimini commessi a
STALINGRADO. L'incapacità di dare una giusta collocazione al proprio
passato, sbagliato fin dall'inizio e consumatosi nel sangue.
Quanto era accaduto a STALINGRADO e durante la prigionia si chiuse in quei
vagoni merci, diretti a FRANCOFORTE, e che al loro arrivo furono
aperti mostrando ai Tedeschi increduli l'ultimo atto consumatosi
ancora nel
sangue.
Un dramma senza
fine anche a distanza di dieci anni dalla fine della guerra.
Restarono
sole migliaia di donne: mogli e compagne, madri, figlie.
Per anni
molte di loro periodicamente chiesero alle autorità sovietiche di
verificare lo stato in vita di quei soldati. E poi, dagl'anni
settanta, solo di verificare se i corpi di costoro erano stati
registrati prima della tumulazione.
Non vi sono cifre ufficiali che riportino quanti morirono nelle marce di
avvicinamento ai gulag, lo stesso vale per le morti all'interno dei
campi di prigionia.
Un ultima parola in
merito. Ciò che accadde ai soldati tedeschi si replicò per quelli
italiani, spagnoli, rumeni e ungheresi.
Migliaia di inutili morti anche tra gli Italiani, ricordati nel film
di Vittorio DE SICA "I GIRASOLI".
"Da questa maledetta città ti ho già scritto ventisei
volte e tu hai risposto a diciassette lettere. Ora ti scrivo ancora
una volta e poi mai più. Ecco, l’ho detto, ci ho pensato a lungo
cercando la maniera di formulare questa frase così importante e
dirti tutto in modo, però, da non farti tanto male. Mi congedo da
te, perché la decisione è stata presa già da stamattina. Non voglio
toccare nella mia lettera l’aspetto militare della questione: è un
fatto che riguarda solo i russi. Si tratta soltanto di vedere per
quanto tempo ancora noi dureremo: ancora un paio di giorni o un paio
d’ore. Abbiamo davanti agi occhi la nostra vita. Ci siamo rispettati
e amati e abbiamo atteso per due anni. È stato giusto, in un certo
senso, che il tempo ci abbia diviso: ha aumentato il desiderio di
rivederti, ma ha pure facilitato di molto il distacco. Ed è il tempo
che può rimarginare la ferita per il mio mancato ritorno. In gennaio
avrai ventotto anni, è ancora un’età molto giovane per una donna
tanto bella, ed io sono contento di averti sempre potuto fare questo
complimento. Sentirai molto la mia mancanza, ma non sfuggirai gli
altri per questo.
Lascia passare un paio di mesi, ma non di più. Gerdrud e Claus hanno bisogno di un padre. Non dimenticare che devi
vivere per i figli, non darti tanta pena per il loro padre. I
bambini dimenticano in fretta, soprattutto alla loro età. Guarda
bene all’uomo che scegli, sta’ attenta ai suoi occhi e a come
stringe la mano, come abbiamo fatto noi, e non sarai delusa. Una
cosa soprattutto: educa i bambini a diventare gente che può
camminare a testa alta e che può guardare in faccia a tutti. Ti
scrivo queste righe col cuore pesante. Del resto tu non mi
crederesti, se ti dicessi che mi è facile scrivere così, ma non ti
preoccupare, non ho paura di ciò che avviene.
Ripetilo sempre e
continuamente, e anche ai bambini, quando saranno più grandi, che il
loro padre non è mai stato un vigliacco e che anche loro non
dovranno esserlo mai".
Una delle ultime lettere da Stalingrado scritte da un soldato
tedesco.
Bibliografia
- A. Beevor "Stalingrado", BUR (2004).
- M. Ferretti "La Battaglia di Stalingrado" Ed. GIUNTI- CASTERMAN
(2005).
- F. V. Senger und Etterlin "La guerra in Europa" Ed. TEA, 2002
(1960).
Filmografia
"IL NEMICO ALLE PORTE (THE ENEMY AT THE GATES)", regia di J.J.
ANNAUD (2001).
-
"STALINGRAD", regia di J. VILSMAIER (1993).
""I
GIRASOLI", regia di V. DE SICA (1970).
Tutte le foto sono
tratte da cinegiornali dell'epoca o successivi agli anni 50 (foto 10
e 11), la foto 3 é di proprietà e copyright BUNDESARCHIV
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