NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013

HAUPTMANN, PANZERREGIMENT- 15 PANZER DIVISION BENGASI – LIBYEN, 1941.

WORK IN PROGRESS FIGURINO 50 mm

Luglio-agosto 2013.

SECONDA PARTE

Modellismo

Pittura e grafica

Cinefoto

Genova per Noi

 

 

 

Pubblicazione monografica sulle uniformi DAK e tropicali

Considerata da molti come la pubblicazione base per un primo approccio alle uniformi del DAK, questo volume Osprey oggi è disponibile anche in formato elettronico.

 

Vi sono altre pubblicazioni Osprey il cui costo contenuto permette di avere della valida documentazione di base

 

 

 

Rommel’s Desert army

 

 

 

U-Boat crews 1914-45

 

 

 

The German army 1939-45 (2) North Afrika & Balkans

 

 

 

Gli speciali di NISE sulla guerra in Nord Africa

 

 

 

 

 

Prima parte del work in progress

 

 

 

 

Altri soggetti correlati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Galleria 2° Conflitto mondiale

 

Documentazione 2°conflitto mondiale

 

 

 

 

 

 

 

Prima parte del work in progress, per continuare…

 

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Sono qui pubblicati a solo titolo di informazione non costituendo profitto di sorta in tale contesto.

 

 

Elaborazione, montaggio e colorazione del’ambientazione

 La seconda parte di questo work in progress (per rivedere la prima parte, clicca qui) si concentrerà meno sugli aspetti storici e uniformologici e di più su quelli modellistici. Premetto che sono indicazioni di massima, che non hanno la supponenza di essere trucchi mai svelati ma semplicemente la somma di esperienze accumulate nel corso di questi ultimi vent’anni di modellistica amatoriale. Quindi, quanto sotto riportato, consiglio di sperimentarlo prima di applicarlo ai vostri figurini.

 Nella prima parte ho illustrato degli step per la colorazione del figurino. Essendo questo un soggetto che non è immediato nella sua lettura, cioè nell’indicare il teatro di guerra in cui si trova, occorre quindi collocarlo in una scenografia che evochi il deserto, un area di operatività di carri armati e mezzi corazzati, l’usura dell’uniforme e dell’equipaggiamento sottoposto alle condizioni estreme della LIBIA.

 Per prima cosa ho stabilito l’ambientazione nella sua globalità, utilizzando una base in legno dalla superficie di 5 x 5 centimetri. Il deserto, o comunque qualsiasi zona geografica del nord AFRICA, è costituita da un terreno sabbioso e roccioso. Ho scartato l’ipotesi di mettere il solito totem con decine di cartelli di ogni sorta, tra cui ovviamente doveva spiccare quello con scritto “BENGASI”. Allora ho optato per un reticolato, difficilmente scambiabile con quello di un campo di prigionia visto che l’ufficiale è armato e vi sono bidoni del carburante.

 Il terreno l’ho realizzato con pasta DAS, dipinta con colori opachi e dall’aspetto terroso (per ottenere questo effetto sarà sufficiente aggiungere al colore del borotalco, della farina o un medium volumetrico). Poi pietrine di diversa grandezza. Niente erba, non solo perché era un’area desertica ma perché il continuo muoversi di mezzi e uomini di certo avrebbe asportato la poca presente. Sotto, la foto del terreno con evidenti le impronte dei piedi del soggetto, la pressione del terreno che due bidoni provocano, i fori per le taniche e i pali del reticolato. Per la colorazione si può usare la tecnica di dry-brush avendo cura di non esagerare nell’uso di bianco puro (preferibile il bianco uovo, tonalità a catalogo di VALLEJO).

 

 L’ambientazione deve emulare un’area di deposito e parcheggio corazzati, quindi ho immaginato che fosse stata recintata lungo il suo perimetro. I due pali sono del semplice profilato di legno a cui ho aggiunto i ganci per il filo spinato (realizzati con filo di rame) e il tutto dipinto in ogni particolare (ganci in metallo, legno vecchio e macchiato di ruggine e impolverato a dovere). Il filo spinato è di VERLINDEN PRODUCTION che va dipinto minuziosamente se non si vuole un effetto glitter (vi consiglio di impiegare un vecchio pennello poiché il filo spinato in questione usura le setole).

 Un ottimo consiglio che mi diede Pasquale CANNONE, circa l’altezza degli accessori di scena, prescriveva di fare in modo che questi fossero al massimo di una altezza pari al 150% del soggetto e non oltre (quindi questi pali sono alti 75mm). E di fatto, se osservate i pezzi singoli realizzati da famosi soldatinai, non sono mai sviluppati in altezze esagerate (parti a contorno come lampioni, muri e colonne). Se invece decidete di utilizzare ciò, conviene allora progettare un piccolo diorama con più soggetti e su una superficie utile di almeno 10 per 15 cm.

 

 Il materiale di arredo - fusti benzina, taniche, utensili da scavo, bombola di gas per saldature - l’ho distribuito in modo che non predominasse sul figurino. A tal proposito, gli oggetti non sono mai paralleli al figurino ma con angolazioni che diano profondità all’intera scena (Ivo PREDA docet).

 In generale eseguo uno studio molto attento della loro distribuzione e verifico la loro quantità: troppi creano una sovrabbondanza che satura la scena (effetto “rigattiere”), mentre se messi a caso creano una disordinata visione della scena (effetto “pizza”).

 

 I bidoni sono di tre aziende diverse: ITALERI, ZVEDA e TAMIYA.

 Le taniche sono di TAMIYA mentre gli attrezzi da scavo (pala e piccone) credo siano prodotti da ITALERI (li avevo in deposito da molti anni, per cui non ricordo la provenienza).  Le colorazioni sono semplici ma richiedono particolare precisione quando occorre porvi i segni del tempo, la ruggine e le macchie del combustibile.

 La bombola di gas, appoggiata a uno dei fusti, l’ho particolareggiata con un anello bianco all’altezza della valvola e con un’etichetta con le caratteristiche della bombola. L’etichetta in questione l’ho realizzata tramite la miniaturizzazione di una reale (cercate nei siti di aziende per estintori e bombole per gas) e stampata tramite una inkjet. Le stampe di questa natura, però, vanno protette dalla scoloritura (se le bagnate con colla vinilica noterete che il colore perde d’intensità) coprendole con diverse pennellate di trasparente opaco.

 A proposito dei fusti per il carburante prodotti dalle case menzionate, spesso noto che molti modellisti commettono un errore nella preparazione e montaggio: limano accuratamente la giunzione che vi era lungo l’altezza dell’intero fusto. I bidoni, quelli veri di allora, erano realizzati partendo da un foglio rettangolare di lamiera ripiegato circolarmente a cui poi venivano saldati i due tondi anch’essi in lamiera (con il tappo e lo spurgo dell’aria). I due lati minori del foglio dovevano quindi essere saldati per richiuderlo e renderlo robusto. Nei modelli, una giunzione deve essere stuccata e carteggiata ma l’altra no, anzi, enfatizzata per dare rilievo alla saldatura di chiusura. La foto sotto mi pare sufficientemente esplicativa: quello a sinistra riporta la giunzione mentre gl’altri sono dal lato senza giunzione.

 

 

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