NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013 OBERSCHAFUEHRER SS-Panzer grenadier 2, SS "DAS REICH". OPERAZIONE “TIFONE” RUSSIA, OTTOBRE 1941 FIGURINO 50 mm Agosto 2013. |
||||||||||
Gli
speciali di NISE Altri
soggetti correlati Galleria 2°
Conflitto mondiale Documentazione
2°conflitto mondiale |
Bibliografia essenziale - Rivista periodica UNIFORMI &
ARMI, Giugno1990. - Andrew STEVEN “WAFFEN SS”,
disponibile in versione italiana e distribuita da ERMANNO ALBERTELLI EDITORE. - Robin LUMSDEN “SS REGALIA”, BOOK
SALE INC. (1995). - Tutta la serie OSPREY dedicata alle
Waffen SS. - Tutta la serie OSPREY scritta da
Calvin TAN. Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
tutelati dai rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno
riferimento e solo ai loro legittimi proprietari. |
In
corsa contro il Generale Inverno, Russia 1941 Sarebbe interessante, per ogni pittore di
figurini della Seconda Guerra Mondiale, poter provare l’esperienza che
diversi anni fa mi accadde facendo visita a casa di un collezionista di
uniformi. Ebbi
modo di toccare, con mano, un’uniforme da ufficiale tedesco, di quelle in
panno feldgrau per capirci. Nella stessa circostanza potei anche tastare, ma
con attenta delicatezza e per pochi attimi, un’originale tarnjacke (la giacca mimetica che ha reso celebri le
uniformi delle Waffen SS). La
giacca e la giubba mimetica erano state prodotte in tardo periodo ma erano
originali in tutto e per tutto. Interessante e drammatico fu il commento che
fece il collezionista sovrapponendo i due capi: “…immaginabile che dei soldati abbiano affrontato la prima neve russa
indossando solo questi indumenti? Io direi di no, almeno per noi
contemporanei sarebbe qualcosa di estremo…”. Allora non afferrai del
tutto quelle parole ma poi, leggendo le prime pagine del libro di BEEVOR –
STALINGRADO – le compresi a pieno. I
soldati della Divisione Waffen SS DAS REICH si spinsero nella sconfinata
UNIONE SOVIETICA affrontando un territorio difeso strenuamente e con
condizioni climatiche proibitive. Il freddo iniziò a farsi sentire sin dalla
fine di settembre e, dopo le piogge torrenziali di settembre, la prima neve
iniziò a cadere dalla metà di ottobre. Paul HAUSSER
fotografato nel 1945, durante la prigionia presso gli Angloamericani (Copyright scaduto). Gli
effettivi della DAS REICH non erano stati equipaggiati con capi di
abbigliamento invernali, potevano quindi contare solo sulle divise e le
giubbe mimetiche. Tolti gli ufficiali, che con il bagaglio personale avevano
portato dei cappotti e indumenti pesanti, sottufficiali e truppa dovettero
accontentarsi d’indossare qualche maglia di lana, ulteriore biancheria, capi
depredati alla popolazione e quello che riusciva ad arrivare da casa tramite
il servizio postale. Famosa è la foto che mostra lo Standartenfuehrer Frtz
KLINGENBERG mentre fa rapporto all’Oberst-Gruppenfuehrer Paul “Papà” HAUSSER,
l’immagine è esaustiva per far comprendere il freddo che vi era mentre la
divisione tedesca tentava di avvicinarsi a MOSCA. HAUSSER indossava un
giaccone di provenienza sovietica e con tanto di cinturone e pistola (probabile ciò, in barba al regolamento
dell’uniforme, per il solo gusto del possesso della preda bellica) mentre
il povero ufficiale cercava di proteggersi dal gelo con una sciarpa e dei
guanti; tolti questi due indumenti, KLINGENBERG, poteva proteggersi solo con
la giubba mimetica e la divisa di ordinanza. Paul HAUSSER a
sinistra, Fritz KLINGENBERG a destra durante l’avanzata verso MOSCA (Autore e
copyright sconosciuti). E’
mio desiderio raccontarvi la fulminea ma breve avanzata tedesca, nella
conquista dell’URSS, che terminò a meno di 100 km da MOSCA. Un’avanzata
iniziata il 22 giugno del 41 (Operazione
BARBAROSSA) e che partiva in ritardo se lo scopo era giungere a MOSCA
prima dell’inverno (Operazione TIFONE).
E, infatti, le armate naziste si arenarono alle porte della città dalle
cupole dorate. La resistenza sovietica impose ai Tedeschi di ritirare il
fronte di oltre 200 km in attesa che l’inverno finisse e giungessero armi,
cibo, benzina e soprattutto vestiti per resistere fino al marzo successivo. Le
foto di quell’autunno mostrano soldati intirizziti dal freddo e quasi mai
sufficientemente coperti. Il capo che preferibilmente era immortalato, per
mostrare che il soldato tedesco non pativa il freddo grazie all’equipaggiamento
ordinario, era appunto la sua giubba mimetica: la tarnjacke. Nella propaganda
per l’arruolamento, i soldati delle Waffen SS apparivano quanto mai
minacciosi armati di MP38 e con indosso le loro tarnjacke. La
storia della giubba mimetica inizia nella seconda metà degli anni 30, per
modernizzare i tessuti e i capi mimetici che già esistevano. Non è
effettivamente noto chi ebbe l’idea originale ma pare che fu dello
Sturmbannfuehrer Wim BRANT mentre al professor Otto SCHICK fu conferito
l’incarico di disegnarne la foggia e i disegni mimetici. Comunemente si pensa alle Waffen SS
equipaggiate, sin dal 39, con tale mimetismo. In realtà nel 1940 ne furono
forniti solo 40.000 esemplari. Con il procedere del conflitto si ebbe una distribuzione
capillare per un totale (stima
approssimativa) di circa 300.000 pezzi. Soldati delle
Waffen SS DAS REICH durante l’estate del 41,in primo piano un ufficiale (o
forse un sottufficiale) che indossa una giubba con il disegno a foglie di
platano (Bundesarchiv, Bild 101III-Zschaeckel-130-05). Dal dopoguerra ad oggi le giubbe sono state
suddivise in tre modelli base, mentre le mimetizzazioni sono state
classificate in quattro tipi (ognuna
suddivisa in versione primavera e autunno) che poi potevano essere con il
tessuto stampato sulle due facce oppure su una sola (non reversibili). La stoffa impiegata era del normale cotone che
per alcuni modelli ricevette un trattamento impermeabilizzante tramite
l’impregnazione con gomme (trattamento
detto “duck”). Diversi testi, tra cui quello di Andrew
STEVEN, identificano i quattro tipi di mimetismo con i seguenti nomi: foglie
di quercia, foglie di platano, diagonale policroma. Fu realizzata una quarta
tipologia che però era realizzata su quella a foglie di platano e che
aggiungeva delle forme che ricordavano vagamente foglie tropicali o fiori
abbozzati e per questa ragione da alcuni denominata, appunto, foglie
tropicali. Il
figurino che ho realizzato è ambientato nell’autunno del 41 e indossa una
canonica giubba del secondo tipo con mimetica a foglie di platano in versione
primavera e non reversibile. Gioia e dolore di ogni modellista, che ha
interesse a dipingere i figurini delle Waffen SS in scala 1:35, la mimetica
tedesca resta una delle cose più difficili da riprodurre in pochi centimetri
quadri. Le
ragioni di tale difficoltà sono due: le dimensioni ridotte e non piane su cui
si deve dipingere e la complessità delle geometrie-colori che le mimetiche
reali avevano. Sepp DIETRICH in
visita al fronte nel 1945, a destra vi è sorridente e fiducioso un
Oberschafuehrer con indosso una giubba a foglie di platano con taglio di
ultima produzione (Bundesarchiv, Bild 183-J28625). Nel
corso degli anni ci ho provato, più volte, a riprodurre le mimetiche in
causa. Se in passato ottenevo qualche risultato degno di nota, lo dovevo
quasi sempre a pura casualità. La causa di risultati negativi, in altre
parole la poca somiglianza della mimetizzazione da me dipinta rispetto a
quella reale, era da imputarsi a due fattori fondamentali: il tentativo di
riprodurre la realtà ma in scala ridotta e la mancanza di una metodologia che
ripetesse sempre uno schema preciso (forme
delle macchie, sequenza di colorazione di queste, tinte delle singole macchie).
Pur se sfogliavo per giorni e giorni foto delle mimetiche e cercavo di capire
come avessero fatto gl’altri artisti (Calvin
TAN e Kazufumi TOMORI, giusto per citare due dei migliori saliti alla ribalta
delle recenti cronache modellistiche internazionali), non c’era modo di
riuscire nei miei obiettivi. Dopo
anni di frustrazioni e di figurini dipinti senza troppo successo, pensai che
fosse il caso di arrendermi. Ma, come spesso accade nella vita, non sai mai
chi puoi incontrare per chiarirti le idee e dirti dove sbagliavi. A me le
idee iniziarono a mettersi nel giusto ordine leggendo un libro di pittura,
dove si raccontava come avessero fatto famosi artisti del passato a
rappresentare tessuti pregiati (ricamati,
damascati e stampati) nei loro quadri. Un aiuto forse inconsueto ma
valido! Foto di propaganda
che mostra l’uso delle tarnjacke con la mimetizzazione a foglie di platano
(autore e copyright sconosciuti). Primo punto da sapere: quello che è la
realtà oggettiva (dimensioni e colori)
i nostri occhi lo trasmettono al nostro cervello ma poi lui lo interpreta e
lo adatta secondo le sue necessità. Se vedete quindi una chiazza mimetica,
sappiate che potreste riuscire a riprodurla ma poi il vostro cervello la
vedrà diversa dall’originale. Quindi: occorre far credere al cervello che
quello che vede sul soldatino è la stessa cosa vista cinque minuti prima. E
capisci allora che non devi riprodurre fedelmente la chiazza ma idealizzarla. Secondo punto: i colori cambiano di tonalità
in base a tanti fattori ma in particolare dipendono dalle dimensioni
dell’oggetto che ricoprono. Quindi: più piccola è la superficie che si
dipinge di una data tonalità (se
chiedete a un colorificio sarà in grado di replicare una specifica tonalità
tramite il codice RAL, giusto per capirci) e tanto più lo stesso RAL, ma
usato nella realtà, risulterà più scuro. Questo capita spesso a coloro che
realizzano modelli di vetture: il 124 SPORT è il rosso delle FERRARI ma
utilizzato su un modello di piccola scala risulterà più scuro dell’originale. A questo punto era chiaro che: le forme
delle chiazze mimetiche non dovevo dipingerle tentando di realizzare una
miniatura di quelle vere bensì qualcosa che il mio cervello poi avrebbe
tradotto come uguale o quasi a quella reale; i colori, poi, dovevano essere
più chiari (se non più vivi) in
base al singolo soggetto da dipingere e facendo ciò il mio occhio avrebbe
tradotto quelli sul figurino come pari ai reali anche se i primi erano molto
più chiari e vivaci (o viceversa). Geometrie
delle foglie di platano: come da indicazione data nell’articolo di UNIFORMI
& ARMI (giugno 1990),coloro la
giubba di un rosso mattone e lo sfumo (non
con il bianco ma con il giallo base e del bianco avorio) come se fosse
una qualsiasi divisa (il colore tende
al cremisi), realizzo delle macchie verdi di tre dimensioni a scalare (verde medio/scuro, tipo il German
camouflage di VALLEJO), poi realizzo le medesime macchie con del marrone
scuro (tre parti di nero e una di terra
di Siena bruciata). Aggiungo delle macchie di nero puro di tre dimensioni
diverse, su queste sovrappongo delle macchie piccole di verde chiaro (verde scuro + giallo base) e del
colore con cui ho dipinto all’inizio la giubba. Qua e là metto delle macchie
nere isolate, e così delle altre macchie isolate, di verde chiaro e color
base, sulle macchie più grandi colorate in verde scuro e marrone scuro. Più
che le foto credo sia utile uno schema, espanso, di quanto sopra indicato. Se
notate il confronto, tra il figurino e lo schema qui riportato, le macchie di
dimensioni maggiori non devono avere un contorno preciso ma lievemente
seghettato. Cosa importante: tutte le macchie, se possibile, devono essere
dipinte con un’inclinazione di circa 30° rispetto al piano orizzontale. Un
ultimo suggerimento: se avete la mano tremolante e la vista ridotta, come ha
il sottoscritto, mi permetto un suggerimento su come dipingere le macchie in
modo circolare e con le stesse dimensioni. Non usate il pennello ma dei
semplici stuzzicadenti tondi a cui avete tagliato via la punta per un
millimetro di lunghezza. Io preparo tre stuzzicadenti (nero, verde chiaro, rosso mattone) e li intingo nei rispettivi
colori. Appena potete, per essere certi di non fare troppi guai dipingendo
macchie nuove su quelle precedenti ancora fresche, fate asciugare il colore
impiegando un asciugacapelli. Se guardate con attenzione, alcune delle
macchie hanno come una specie di appendice; ecco! Quelle sono state dipinte a
pennello e come vedete il risultato è qualitativamente minore rispetto
all’uso degli stuzzicadenti. Per
concludere, un consiglio personalissimo. Se la giubba ha troppe pieghe, gli
stuzzicadenti non riescono a depositare la quantità giusta di colore.
Rimuovete le pieghe che non danno rilievo alla scultura ma che saranno solo
una rogna quando userete gli stuzzicadenti. Dettaglio del
colletto e delle mostrine in uso ai sottufficiali (fotogramma estratto da un
documentario dell’epoca). Le
braccia sono state ricavate da altre, provenienti da kit della DRAGON e
successivamente modificate. Ho aggiunto una coppia di mani della HISTOREX. Si
possono notare i due polsini che ho, volutamente, lasciato differenti di modo
che siano chiare le modifiche apportate alle braccia. Ho
aggiunto una fondina di produzione VERLINDEN, una borraccia e un binocolo
prodotti da ACCADEMY. La testa è sempre di produzione HORNET/WOLF
ma venduta in un set di cinque pezzi. Il figurino l’ho ripulito dei segni di
colata della resina. Le pieghe sui pantaloni le ho modificate e alcune le ho
rimosse perché poco realistiche e ho ritracciato le cuciture laterali lungo
ogni gamba. Altri dettagli dell’uniforme sono: le mostrine (per le dimensioni mi sono basato sul fotogramma preso da un documento filmato dell’epoca) e le cordelline di chiusura della giubba mimetica. Anche gli stivali li ho ripuliti degli eccessi di colata, risuolati con del Plasticard e tracciata la cucitura posteriore di ogni gambale. |
||||||||