NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2015 USA G.I.
mitragliere 92nd USA INFANTRY
DIVISION CAMPAGNA D’ITALIA,
LIBERAZIONE DI GENOVA 26 APRILE 1945 Elaborazione figurino WARRIORS,
scala 50mm Aprile 2015. |
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Genova, libera La città iniziò la sua azione insurrezionale
nella giornata del 23 aprile, quando le forze anglo
americane non erano ancora giunte in prossimità della periferia. L’insurrezione fu quindi attuata in piena
autonomia dalle forze partigiane, scarsamente armate e non certo addestrate
ad affrontare forze regolari, che riuscirono ad
occupare la città disarmando progressivamente i capisaldi tedeschi e
fascisti. 120 km dalla liberazione Gli americani del Generale Almond erano a La Spezia quando
scoppiò l’insurrezione di Genova. Era stata prevista una tempistica di dieci
giorni per arrivare nel capoluogo ma ci vollero solo ventiquattrore, l’intera
riviera di levante era già in mano ai partigiani. Il comando americano, una volta giunta in città la 92°
divisione di fanteria, fu dislocato presso l’hotel Colombia, in Piazza
Principe. Oggi l’ex albergo è la prestigiosa
sede della Biblioteca Universitaria. Le fortificazioni del Monte Moro La città rischiò, nei giorni tra il 23 e il
26 aprile, di essere distrutta dal fuoco delle postazioni fortificate che si
trovavano (e si trovano) sul Monte Moro, un promontorio roccioso prospiciente il quartiere di Quinto, nel levante cittadino. I Tedeschi minacciarono i comandi partigiani
di cannoneggiare la città se non si fossero arresi. Dal canto loro, i
partigiani risposero che avrebbero giustiziato quasi 2.000 loro camerati se
fosse partita una sola salva dalla fornicazione. I Tedeschi, asserragliati tra i bunker sul
monte, si arresero il 27 aprile. Come convenuto in successivi accordi, ai
soli Tedeschi del Monte Moro, fu concesso l’onore delle armi. Gli
speciali di NISE Altri
soggetti correlati Galleria 2°
Conflitto mondiale |
Generale Almond (foto
WIKIPEDIA source) e il Generale Guenther Meinhold (Copyright scnosciuto) Due momenti della resa tedesca: il alto il Comando americano tratta la resa tedesca presso
l’Hotel Bristol di Via XX Settembre, in basso ecco sfilare da prigionieri ufficiali
della Kriegsmarine nella medesima via (Istituto
Luce) Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
tutelati dai rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno riferimento
e solo ai loro legittimi proprietari. |
Buffalo
soldiers: uomini grossi come alberi La
liberazione della città di GENOVA, il 26 aprile del 1945, fu opera esclusiva
dell’azione delle forze per la Resistenza genovese e ligure. Alcuni quartieri del ponente cittadino,
come VOLTRI, già nella sera del 24 aprile, avevano preso il controllo delle
postazioni tedesche e fasciste. GENOVA fu l’unica città, nel lungo epilogo
della caduta nazista, a liberarsi con le sole forze partigiane e senza il
supporto degli eserciti alleati. Via Garibaldi,
centro della città e sede del Comune (Archivio Binelli
©) Le
forze americane giunsero in città a giochi fatti, comandati dal Generale
Edward ALMOND (1892 – 1979) alla testa della 92a Divisone BUFFALO. L’apporto militare americano, alla
liberazione della città, fu in sostanza nullo. La sera del 26
arrivando nel quartiere dell’estremo levante, NERVI, i soldati americani, i
quali trovarono una città in ordine e nella calma totale, le luci accese
nelle case e persino un tram circolante. Soldati dell’Esercito
Repubblicano fascista, in Piazza De Ferrari il 27 aprile (copyright
sconosciuto) Le minacce propugnate dal Comando tedesco
del Generale Günther MEINHOLD, cioè la distruzione totale del porto tramite
l’esplosione di oltre seicento ordigni ad alto potenziale e il
cannoneggiamento della città tramite le batterie del Monte MORO, non ebbero
seguito grazie alle forze partigiane e alle migliaia di Genovesi che si
adoperarono in ogni modo per scongiurare la
distruzione della città. Il
numero di batterie presenti, sul Monte Moro, sarebbero state sufficienti a
frantumare la città come un sasso su una vetrata. Uno dei due cannoni
naval da 381 mm posizionati
in un mega bunker sul Monte Moro all’inizio della guerra (Archivo
Carlo Clerici ©) Il
figurino della WARRIORS riproduce un sottufficiale di un mezzo corazzato, a
questo ho sostituito la testa con una di provenienza WORLD. L’insieme uniformologico, del figurino, è
più una replica del periodo 1943 - 1944 che non quello della fine del
conflitto nel 1945. Occorre quindi dare più un adattamento pittorico per
poterlo contestualizzare nei giorni successivi alla fine del conflitto, a
meno che non si decida di fare le debite modifiche scultoree come la
sostituzione delle ghette con stivaletti. L’uso delle pistole fra il personale non
ufficiale fu introdotto per coloro che, com’era consuetudine per i Tedeschi,
erano addetti alle armi pesanti e non individuali. Il trasporto dell’arma,
qui è riprodotta una mitragliatrice da 30 mm, era già di suo un fardello non
da poco cui si sarebbe dovuto aggiungere il fucile GARAND 91; per alleggerire
la truppa specialistica si decise di copiare appunto la consuetudine nemica
di dotare solo della pistola a uso di arma da
difesa. La
maggiore difficoltà nel dipingere i soggetti americani è quella
di evitare la tonalità identica tra i vari capi di abbigliamento. Importante, per un efficace risultato, è
creare due tonalità distinte tra i due capi di abbigliamento pur basandosi su
un colore di partenza uguale. Per
il pantalone la mia scelta si è orientata alla versione in cotone della
tonalità OLIVE DRAB che era stato già messo in uso durante l’estate del 1944. Per
questo capo ho impiegato l’OLIVE DRAB di base, l’ho schiarito con OCRA VERDE
e poi BIANCO UOVO. Il
giubbotto da carrista ebbe, a fine conflitto, una considerevole distribuzione
tra il personale di fanteria, era sicuramente più indossabile delle classiche
giacche a bottoni M1941 e garantiva una maggiore impermeabilità. Nel
caso del giubbotto, invece, ho miscelato dell’OLIVE DRAB + marrone base, ho
poi utilizzato DESERT YELLOW più bianco ottenendo un effetto tendente al kaki. Buffetteria e ghette le ho
dipinte con DESERT YELLOW + marrone base, miscela schiarita con l’uso
progressivo di BIANCO UOVO. Le
cassette dei nastri per la mitragliatrice sono prodotte, in polistirene
iniettato, da ACADEMY; sono quelle per la mitragliatrice da 50mm perché quelle per la 30mm erano troppo piccole e
fuori scala rispetto all’arma portata a spalla dal soldato. L’ambientazione l’ho completata con erba e
dei fiori, a simboleggiare la stagione primaverile italiana. Bibliografia e
riferimenti documentali: Carlo BRIZZOLARI “Genova nella Seconda
Guerra Mondiale” IV Volume, VALENTI EDITORE (1992). Daniel
BLANCHARD “Il giubbotto da carrista dello US ARMY”
UNIFORMI n.4, 2014. |
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