NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2016 Soldato di
fanteria, Armata Rossa Battaglia di Kursk (Operazione “Zitadelle”),
UNIONE SOVIETICA Luglio 1943 Trasformazione figurino MINI ART,
scala 50mm Maggio 2016 |
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Vasilji Grossman (1905 – 1964) Fu un
corrispondente e giornalista di guerra russo che trascorse ininterrottamente
oltre 1000 giorni al fronte. Seguì la guerra affrontando lui stesso i
pericoli della prima linea. La sua collaborazione con il
quotidiano Stella Rossa si concluse nel 1945 dove lui stesso fu
testimone della caduta di Berlino. Negli anni successivi, a fronte delle
persecuzioni antisemite del regime comunista, entrò in forte dissidio con il
regime e la sua forte inclinazione all’ideologia comunista entrò in forte
crisi. Gli
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Conflitto mondiale |
Soldati dell’Armata Rossa in marcia verso Kursk. Per ragioni di pura propaganda, una “moglie da
campo” è messa in capo alla fila di combattenti effettivi (copyright
sconosciuto) Ecco i fanti sovietici in reale assetto da
combattimento, lo si capisce perché ognuno di loro
indossa l’ elmetto e non hanno con sé zaini o coperte (copyright sconosciuto In questa foto si può notare il terreno estremamente polveroso che era presente in tutta la zona
degli scontri (copyright sconosciuto) Questa tavola raccoglie tutte le principali armi
leggere impiegate dall’Armata Rossa durante la Battaglia di Kursk (source weaponsandwarfare.files.wordpress.com) Tre addette alla Sanità dell’Armata Rossa con le
loro borse per il primo soccorso (copyright sconosciuti) Il personale paramedico non indossava, se non in rari
casi, emblemi o distintivi che lo facessero identificare facilmente
(copyright sconosciuto) Uno dei rari casi che mostra un ufficiale medico,
a sinistra, in zona di fuoco avversario; lo si
riconosce dal distintivo tondo della sanità posto sul braccio sinistro (copyright
sconosciuto) Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
tutelati dai rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno
riferimento e solo ai loro legittimi proprietari. |
Tutta
plastica e niente resina, o quasi Questo figurino l’ho realizzato sulla base di una produzione MINI ART, che replica la
tipica uniforme estiva del fante sovietico durante il Secondo conflitto
mondiale. Il polistirene impiegato è di quello molto morbido: tende a formare
fibre e oppone una decisa resistenza se si utilizza carta abrasiva. Ho
montato le gambe, poi il tronco; queste tre parti le ho pulite e rifinite con
un cutter molto affilato e solo in fase finale ho impiegato della carta
smeriglia n. 800. Le
braccia sono di produzione terza, credo DRAGON ma le avevo in una busta da
così tanti anni che non ricordo esattamente da quale confezione provengono. La
testa è una DRAGON completamente ripulita da ogni dettaglio e lavorata
nuovamente per ottenere una nuova espressione. Un orecchio era in pessime
condizioni, ne ho preso uno da un’altra testa e pazientemente incollato. L’equipaggiamento è in parte MINI ART (elmetto, giberne, borracce), in parte
DRAGON (gavetta, fucile). La sacca
del pronto soccorso è della NEMROD ed è realizzata in resina. La preparazione del
figurino è stata laboriosa a causa del materiale di base che richiede di
essere lavorato a lama e non tramite lime e carta smeriglia L’uniforme La fanteria dell’Armata Rossa non aveva
personale infermieristico operativo sul campo di battaglia, solo nelle
retrovie l’assistenza sanitaria era costituita principalmente da personale
femminile e le foto sotto danno evidenza di ciò. L’UNIONE SOVIETICA non aveva
sottoscritto la CONVENZIONE DÌ GINEVRA, conseguentemente il personale medico
e paramedico aveva anche mansioni di combattente effettivo al pari di
qualsiasi altro militare. Quando nei battaglioni erano inseriti nuovi
rimpiazzi, che nella vita civile avevano svolto il ruolo di medico o
infermiere (anche se saltuariamente o
come formazione professionale), questi erano tenuti in disparte durante
gli assalti o gli scontri più duri perché era grazie
a loro che, se feriti, ci sarebbe stata una anche flebile speranza di
rimanere vivi. Le forniture del Governo americano,
all’Armata Rossa, comprendevano anche dei set di pronto soccorso che, messi
nelle giuste mani, avrebbero garantito interventi efficaci. Questi infermieri
di linea arricchivano il loro equipaggiamento con borracce in cui travasavano
acqua pulita e disinfettante (il più
delle volte alcol puro, preziosa preda bellica). Il coltello, infilato
nello stivale sinistro, aveva molteplici usi tra cui quello di poter tagliare
velocemente le uniformi e poter intervenire sulle
ferite inferte dai Tedeschi. L’uniforme era in cotone leggero color kaki con varianti di tonalità causate dallo scolorimento
in sede di lavaggio oppure per solarizzazione. Gli stivali di certo sono stati presi a
qualche compagno caduto in combattimento e hanno sostituito gli scarponi che
erano dei veri e propri strumenti di tortura per i piedi; ricordiamoci che il
fante sovietico non indossava calze ma delle pezze di stoffa con cui gli arti
inferiori erano fasciati e queste pezze erano capaci di provocare ferite
dolorose. Raramente, il personale di soccorso
impegnato in prima linea, indossava elementi di riconoscimento, quali fasce
al braccio o pettorine con l’emblema della croce rossa su sfondo bianco, al
fine di evitare di essere un bersaglio facile. Il fucile in dotazione alla fanteria russa
era il MOSIN – NAGANT M1891 calibro 7,62 che ebbe una lunga evoluzione in
almeno sette modelli differenti. Questa foto è stata
scattata per scopi propagandistici e non in combattimento; lo
si capisce perché i soldati non indossano gli elmetti e perché quasi
tutti tengono addosso la coperta per il bivacco, quest’ultima portata addosso
non facilitava di certo l’imbracciare il fucile o correre lungo il campo di
battaglia (copyright sconosciuto) La
colorazione del soggetto e degli accessori Per
quanto riguarda la pittura del soggetto, tutta ad acrilico, non ho usato
particolari tonalità. Vi è libertà di scegliere le tonalità che ognuno
ritiene adatte. Vi sono però alcune regole che ho applicato. La
prima è quella di utilizzare una tonalità più chiara
per la casacca e una più scura per il pantalone. Usare la stessa base avrebbe
portato poi a sfumature, in pratica, identiche tra i due capi. La seconda
regola è relativa all’equipaggiamento che a sua
volta ho dipinto cercando di scovare colori e tonalità differenti se no il
risultato finale lo potete ben immaginare: una foto monocromatica dove il
tutto sembrerebbe coperto di terra. Essendo
piena estate, e in RUSSIA il sole picchia come in ITALIA se non di più, la
colorazione delle braccia deve tenere conto che gomito e avambracci hanno una
tonalità più chiara rispetto alle mani e al viso. KURSK era nei pressi di una zona molto
pianeggiante, priva di boschi per cui i soldati che vi combattevano erano
spesso esposti al sole. Il viso ho cercato di marcarlo
senza però essere estremo, rischiando più di ottenere il viso di un bagnino
di RICCIONE invece che un figlio della patria sovietica. Truppe sovietiche
sulle rive del fiume Songhua Harbin – Cina, è l’agosto del 1945 e alcuni soldati indossano uniformi in
cotone grezzo kaki chiaro (copyright
sconosciuto) La
battaglia Il
colonnello dell’Armata Rossa Victor A. GAVRILOV fu testimone di quella
terribile battaglia che iniziò il 5 luglio del 1943
è finì il 13 dello stesso mese, segnando per i Tedeschi la sconfitta più
significativa nella Campagna di RUSSIA iniziata nel 1941. L’Operazione “Zitadelle”
avrebbe dovuto sbloccare lo stallo tedesco sul fronte est riportando quindi
la situazione ai propositi dell’Operazione Barbarossa. Gli
antefatti che portarono a questa imponente operazione tedesca e le azioni
difensive sovietiche richiedono di essere dettagliate e analizzate con
appropriati testi, questo articolo può solo
descrivere un frammento di tutto ciò attraverso la riproduzione di questo
fante russo. I
Sovietici seppero dei piani tedeschi tramite un intricato rapporto con
diverse spie presenti in GERMANIA e alla decifratura di alcuni messaggi
codificati dalla macchina ENIGMA. STALIN affidò a ZHUKOV la difesa di KURSK.
E proprio il maresciallo primo di STALIN decise di organizzare difese
poderose contro le quali le divisioni corazzate nemiche, appoggiate da
quattro divisioni di WAFFEN-SS, avrebbero perso
tutta la loro forza bellica. Le
cronache ci raccontano che proprio a KURSK si svolse la più grande battaglia di corazzati che la Seconda Guerra Mondiale avesse mai
potuto generare. Tra quelli tedeschi e quelli sovietici, oltre 4.000 carri
armati e semoventi si sfidarono in campo aperto. I testimoni di allora ci
raccontano di scene apocalittiche dove, in un groviglio di acciaio e fuoco,
questi bestioni su cingoli arrivarono a scontri drammatici che alle volte
culminarono con speronamenti e fuoco con “alzo zero”. Vi
fu anche una battaglia che vide coinvolti migliaia di semplici fanti i quali,
come formichine in recinto di bisonti, dovettero cercare di compiere il loro
dovere in condizioni disperate. Così raccontò il colonnello GAVRILOV: “Era bruciato tutto ciò che poteva bruciare. Tutto era coperto di polvere, il fumo
dalla combustione dei carri armati colpiti era ovunque. Bruciavano i villaggi
come i boschi e i campi di grano. Sul terreno non c'era più
un filo d'erba”. In
questo scenario da girone dantesco una parte della fanteria sovietica era
costretta alla difesa statica lungo un dedalo di trincee che lo stesso ZHUKOV
aveva fatto scavare da migliaia di civili fatti giungere apposta nella
regione di PROKHOROVKA. Ma una parte di quegli
sfortunati fanti aveva l’ordine di aggregarsi ai carri armati e arrivare in
prossimità di quelli nemici che poi si sarebbero dovuti distruggere
incendiandoli con bombe MOLOTOV. La battaglia iniziò nelle prime ore del
mattino del 5 luglio quando i Tedeschi mossero le loro unità di tank in
direzione di OBOYAN. Quella mattina del 5 luglio il comandante
della Divisione SS "Leibstandarte Adolf
Hitler", l’Obergruppenführer Sepp DIETRICH, era nella torretta del suo TIGRE, quando
un suo ufficiale gli gridò: "Stasera
ceniamo a KURSK!". Un botto di entusiasmo che fu di pessimo
auspicio. Infatti,
né pranzo né cena i Tedeschi poterono consumarono a
KURSK. Alla fine del 5 luglio si dovranno
accontentare di sfondare la zona difensiva del 6a Armata sovietica. Bottino magro per i soldati del vecchio SEPP, così esausti da
rifugiarsi nelle trincee espugnate e mettersi a mangiare le razioni da campo
per poi riuscire a dormire qualche ora. Nei giorni successivi i Russi si spostarono rapidamente
sui fianchi al fine di chiudere a tenaglia il nemico che si stava insaccando al
centro del teatro delle operazioni. Il comandante del 5° Corpo di Armata della Guardia Corazzata, il
Tenente. Generale ROTMISTROV testimoniò che il cielo, la mattina
dell’otto luglio, era un’unica nube di polvere causata dal continuo muoversi
dei camion con a bordo la fanteria. Quei soldati
patirono un caldo micidiale, disidratati oltre ogni umano limite, con le
uniformi impastate di sudore e polvere. Raccontò di quelle interminabili
colonne che viaggiavano senza sosta e protette dal volo radente degli aerei
della propria aviazione. Il
personale infermieristico sovietico, testimoniava il famoso corrispondente Vasilij GROSSMAN, era impotente di fronte al numero di
feriti che vi si potevano trovare anche una piccola trincea o in una
casamatta. Ogni attacco Tedesco era respinto con qualsiasi arma, in
particolare dai cannoni dell’artiglieria che smettevano di sparare solo quando
venivano al loro volta colpiti. La
sete, la fame e il sonno erano elementi tanto snervanti quanto il nemico.
Acqua ve ne era poca al punto che, raccontava GROSSMAN, l’equipaggio di un
T-34 dopo un duro scontro contro carri nemici per dissetarsi e rinfrescarsi
(dentro a un carro armato le temperature sono elevate) si buttarono
letteralmente dentro a un cratere provocato da una bomba e che era pieno di
acqua piovana. Ai soldati russi le razioni erano distribuite all’alba, ognuno
poi avrebbe trovato il momento migliore per consumarle. GROSSMAN vide alcuni
artiglieri mangiare qualcosa di molto unto e nero “Compagni, cosa mangiate che ha quel colore? E’ lardo compagno Grossman, diventa
nero per la fuliggine che c’è nell’aria…”. Infine il sonno. Per assurdo, era più facile
dormire di giorno con il frastuono dei cannoni che non di notte dove, il
silenzio, era intriso di pericoli: alla notte ogni rumore era
amplificato dal silenzio di quella terra e dalle urla dei soldati feriti; nel
buio un compagno poteva scambiare un altro commilitone per un Tedesco e in un
attimo ritrovarsi feriti da una baionetta o da un colpo di fucile. Tolto il
recupero dei feriti e dell’acqua, a nessuno passava per la testa di muoversi. Fino
al tredici di luglio, giorno in cui lo stesso HITLER sospese l’intera
operazione, fu praticamente impossibile prestare
soccorso ai feriti durante il giorno. Con il buio, come prima accennato, gli
stessi soldati andavano alla ricerca dei feriti seguendo le loro grida e i
loro lamenti strazianti. Spesso non si poteva più nulla per costoro e allora
qualche compagno più determinato poneva fine alle loro sofferenze o gli
stessi si toglievano la vita rendendosi conto che erano ormai in fin di vita. |
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