NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2016 SS
Obersturmführer (Tenente), 5. SS Panzer- Division "Wiking" Operazione “KONRAD” Dicembre 1944 – Gennaio
1945 Trasformazione figurino
VERLINDEN PRODUCTIONS, scala 50mm Ottobre 2016 |
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L’Operazione “Konrad” Ideata dallo stesso Hitler, consisteva in un
piano di controffensiva necessario per liberare le forze tedesche bloccate
nell’accerchiamento di Budapest. L’OKW schierò truppe provenienti da
divisioni Panzer sia dell’Heer sia delle Waffen SS. Le forze dell’Armata Rossa erano costituite
dalle divisioni del 2° Fronte Ucraino comandate dal maresciallo Malinovskij e
dal 3° Fronte Ucraino del Maresciallo Tolbuchin. I due fronti si erano uniti
a tenaglia sulla capitale ungherese chiudendo in una sacca oltre 100.000
soldati tedeschi, rumeni e ungheresi. Il piano era ritenuto dallo stesso feldmaresciallo
Heinz Guderian fallimentare; nonostante le continue critiche da lui mosse,
Hitler volle lo stesso tentare di rompere l’assedio e mantenere in Ungheria
il completo controllo al fine di dimostrare che l’avanzata sovietica era
stata bloccata. In principio, le Forze tedesche riuscirono
ad avere un margine di vantaggio contro i Russi, schierando il 4°
SS-Panzerkorp comandato dall’obergruppenfuerer Herbert Otto Gille e la Sesta
armata del generale Hermann Balk. Dopo pochi giorni questo nucleo di forze non
ebbe più la capacità di proseguire mentre i Russi calcavano sempre di più il
loro assedio sulla città. Furono messe in atto, da parte tedesca,
altre due onde d’urto contro le armate sovietiche mettendo sul campo diverse
divisioni di Waffen SS tra cui la Wiking e la Totenkopf. L’impiego di divisioni
dell’élite della Wehrmacht a poco servì per liberare la città e dal 27
gennaio l’operazione fu conclusa. Durante l’Operazione Konrad le Waffen SS
persero in battaglia più di 200 carri armati. Dopo il 27 gennaio, Hitler proibì alle sue
truppe di lasciare Budapest. Pfeffer-Wildenbruch, comandante delle truppe
tedesche a Budapest, iniziò lo stesso a evacuare la città l'11 febbraio;
28000 soldati tedeschi e ungheresi abbandonarono le loro posizioni nel
Castello di Buda, organizzando la loro fuga in tre ondate distinte. Assieme alle truppe combattenti, si unirono
diversi civili ungheresi. La prima ondata sorprese i soldati
sovietici, riuscendo a passare oltre l’accerchiamento. La seconda e la terza,
bloccate dall'artiglieria sovietica, accusarono numerose perdite. Nonostante ciò, alcune migliaia di persone
riuscirono a raggiungere lo stesso le zone boschive a nord-ovest di Budapest
e scapparono verso Vienna. Circa 7000 soldati tedeschi uscirono
dall'assedio, il resto fu ucciso o catturato come lo stesso
Pfeffer-Wildenbruch. A Budapest, l'80% dei suoi palazzi fu raso
al suolo o danneggiato. Edifici storici come il Palazzo del
Parlamento e il Castello di Buda furono lesionati gravemente mentre i 5 ponti
sul Danubio furono distrutti. Le perdite militari tedesche e ungheresi
furono altissime. Intere divisioni tedesche furono distrutte o
patirono perdite assai significative tra cui: la 13.Panzer-Division, la
60.Panzergrenadier-Division Feldherrnhalle, la 8.SS-Kavallerie-Division
Florian Geyer e la 22.SS-Kavallerie-Division Maria Theresa. Il I Corpo
d'armata ungherese fu completamente distrutto. Circa 40.000 civili furono uccisi, con un
indefinito numero di morti per malnutrizione o malattie. Gli
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Le uniformi
“Wintertarnanzug” nel 1944 Le
uniformi invernali reversibili (“Wintertarnanzug”) furono in dotazione sia all’HEER sia alle WAFFEN SS a
partire dal 1941 e furono fornite fino al gennaio del ‘45. Erano costituite da un giaccone con taglio
parka e da pantaloni della medesima imbottitura e tessuto. Di foggia
abbondante e poco aderente, questo abbinamento aveva la giacca con una
chiusura non a cerniera ma a bottoni con asole; questi potevano essere in
metallo, in resina o in bachelite, qualche testo sostiene che ne furono
realizzati anche in legno. I
pantaloni erano ampi, privi di cerniere e con bretelle di tessuto a incrocio. In
realtà, sia il giaccone sia i pantaloni, erano costituiti da due tessuti: uno
di colore feldgrau e uno bianco. Tra questi vi era una imbottitura ottenuta
con bambagia o materiale cardato. Ambedue i tessuti ricevevano un trattamento
ceroso che aveva lo scopo di renderli impermeabili. Nel
corso della guerra questo completo ebbe diverse evoluzioni, in gran parte
legate più alla mimetizzazione che al taglio. Ecco confezione del
figurino prodotto da VERLINDEN ai primi del 2000 (FC@G). VERLINDEN PRODUCTIONS realizzò questo
curioso abbinamento di due soggetti che erano “vestiti” proprio con questo
abbinamento invernale. Io
ho realizzato l’ufficiale, supponendo che fosse al comando di un mezzo
corazzato o un blindato durante l’OPERAZIONE KONRAD nell’inverno del 1944.
Tutto questo però può essere secondario, il soggetto poteva anche essere un
ufficiale di fanteria che era riuscito a procurarsi tali capi. Il
figurino l’ho modificato lievemente nella postura delle braccia, la testa è
una produzione MUSSINI di fine anni ’90. Pur
se sono trascorsi almeno dieci anni buoni (se non di più!) il figurino nell’insieme ha ancora un suo valore
artistico. Certo, vi sono alcune parti un po’ fuori scala come le braccia
che, a mio modesto avviso, sono sottodimensionate oppure il cappuccio che soffre
a sua volta di una certa penuria di volumi. La testa desideravo fosse di
dimensioni maggiori rispetto allo standard per i figurini della Seconda GM in
scala 50 mm. Foto presumibilmente
scattata durante l’assedio di Budapest, forse Waffen SS. Indossano tutti “Wintertarnanzug” monocromatico (copyright sconosciuto). La
scelta di realizzare una versione non mimetizzata, ma feldgrau, è nata sulla
considerazione che nella mia collezione ho diversi figurini con i medesimi
capi invernali ma tutti in versione mimetica. Ulteriore
considerazione per tale scelta cromatica è stata l’ambizione, ben poco
dilettantesca, di dipingere il soggetto con luci e ombre tipiche dei quadri
di due pittori tra loro coevi molto famosi, il parigino Jean-Baptiste-Siméon
CHARDIN (1699 – 1779) e l’italiano Bernardo BELLOTTO (1721 – 1780). La foto è stata scattata
nel 1943 in Russia, si può notare che i soldati vicino al carro armato
indossano la giacca dal lato verde (Bundesarchiv_Bild_101I-708-0299-06). Pur se la colorazione dominante è il felgrau, si può ottenere un soggetto decisamente vivo dipingendo con una certa audacia e determinazione non solo le ombre, con la tecnica di BELLOTTO (vedere il dipinto, olio su tela del 1744, “Il palazzo dei Giureconsulti e il Broletto di Milano), ma le luci più estreme che mi hanno portato all’uso del bianco puro come era genialmente consuetudine di CHARDIN nelle sue nature morte (una tra le più note è quella dipinta, olio su tela, dal titolo “Cesto di prugne, bottiglia e bicchiere d’acqua mezzi pieni, e due cetrioli” del 1728). Mescolando il colore feldgrau con del bruno
trasparente, ho ottenuto gli effetti di scuro, specie tra le pieghe e gli
stacchi tra le parti. Per
i colpi di luce, ho mescolato feldgrau con del YELLOW DESERT e schiarendo
progressivamente, con del bianco, sono arrivato fino all’uso di bianco puro
per le diverse pieghe e sui bordi dei due capi d’abbigliamento. Esempio di giacca parka di
proprietà di un collezionista, notare i bottoni in metallo e la variante dei
polsini con automatici di apertura e chiusura (copyright sconosciuto). L’ambientazione l’ho composta con delle
ruote di un carro PANTHER, prodotto dalla TAMIYA, era una scatola di qualche
collezionista che aveva iniziato il montaggio ma poi, chissà per quale
infausta ragione, non aveva continuato ed era finita tra i banchi di una
mostra scambio di qualche anno fa. La ruota di trascinamento l’ho
praticamente solo rifinita mentre quella del treno di rotolamento l’ho
modificata asportandone il mozzo di attacco e realizzando i fori delle
bullonerie di fissaggio. Il
figurino l’ho dipinto solo con acrilici mentre le ruote del cingolo sono
dipinte con acrilico e poi mimetizzate con colori ad olio. Questo mitragliere è stato
immortalato molto probabilmente nel 1944 o nel ’45. Questo lo deduco
dall’assenza di fregi sull’elmetto e gli spallacci in cotone ritorto color
kaki; da notare che il colore dal lato bianco spesso assumeva un colore beige
a causa dello sporco (copyright sconosciuto). |
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