NISE, "work-shop" 2009 - 2019 Leutnant
(sottotenente), Fanteria Heer Campagna di Francia
(Westfeldzug), giugno – luglio 1940 Figurino di produzione, scala 50mm Dicembre 2018 |
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Gli
speciali di NISE Altri
soggetti correlati Galleria 2°
Conflitto mondiale |
Il mio soggetto prende spunto dall’uniforme
indossata dall’attore americano Marlon BRANDO nel film “I GIOVANI LEONI” diretto
da diretto da Edward DMYTRYK e interpretato appunto da Marlon BRANDO, Maximilian
SCHELL, Montgomery CLIFT e Dean MARTIN (1958). L’attore interpretava il ruolo di un giovane
tedesco (Christian DIESTL) della
classe media che nel Nazismo, e in HITLER, vedeva la possibilità di riscatto
della GERMANIA dopo la sconfitta del Primo conflitto mondiale e le crisi
politico-economiche che ne erano seguite. Entrato nell’Heer, la sua carriera militare
seguirà le campagne di Francia, Russia e Nord Africa fino all’epilogo nella
ormai distrutta e sconfitta Germania. Sopra alcuni fotogrammi della pellicola; si
può notare il protagonista con indosso una blusa M1936 durante l’occupazione
di PARIGI e una M1942 nella ormai fatiscente BERLINO di fine conflitto. Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
tutelati dai rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno
riferimento e solo ai loro legittimi proprietari. |
Le giubbe tedesche all’inizio del conflitto Nella vasta produzione di giubbe, da parte
delle Forze armate del Terzo Reich, spiccano poco le differenze per il taglio
e la colorazione che ogni modello aveva. Una
delle versioni più note ma, allo stesso tempo, più interpretate nel taglio e
nel colore è proprio il modello M 1936 (Heeres
Dienstanzug Modell 1936). Riprendeva
la tradizione dell’Esercito tedesco ammodernandola in diverse parti. Il
tessuto era di panno composto principalmente da lana e, nelle produzioni
successive, da fibre di rayon e cotone. Era
costituita da un taglio altezza fianchi con uno spacco posteriore e due finti
spacchi laterali, quattro tasche esterne con soffietto centrale e patta con
bottone esterno che poteva avere tagli variabili (da quello ad ali, a pentagono o il più semplice rettangolare),
due tasche interne per i documenti e il pacchetto di medicazioni, una fodera
in rayon, maniche senza bottonatura con spacchi ai polsi e cinque bottoni sul
petto, erano opzionali quattro ganci metallici per il sostegno del cinturone
(poco amati in quanto scomodi da
utilizzare e indossare), colletto anche removibile in colore verde scuro
e dotato di anellini rivettati per le mostrine, anello e bottone su ciascuna
spalla per le spalline. Per
la truppa e per i sottufficiali, le versioni erano standard e in rari casi si
sono potute trovare versioni di sartoria se non modelli modificati dalla
sartoria del proprio reggimento o compagnia. Le
personalizzazioni più significative erano applicate dagli ufficiali tramite
ordinazioni di sartoria civile (questi
capi non erano compresi nell’equipaggiamento di ordinanza ma dovevano essere
acquistati). Sul
colore di questa giubba ci si potrebbe disquisire per ore. Quello delle prime
produzioni era praticamente identico a quello dell’Esercito imperiale e
replicava anche la colorazione della Waffenrock. Si trattava di un colore
grigio-verde (feldgrau) con
maggiore tendenza a un verde spento. Tale colorazione progressivamente cambiò per
due ragioni: la prima era l’estrema visibilità che dava sul campo di
battaglia a chi la indossava, la seconda fu dettata da esigenze di produzione
che sempre più utilizzavano filati provenienti da produzioni eterogenee e
inglobavano fibre ottenute da tessuti confiscati al nemico o di origine
civile. Il
soggetto realizzato indossa questa giubba nelle prime versioni, probabilmente
una produzione pre-bellica che il nostro bel sottotenente ha provveduto a far
modificare, da un sarto della propria compagnia, accorciandone la parte
inferiore e le maniche all’altezza dei polsi. Modifiche necessarie per
evitare l’usura e la sporcizia. Fino al 1941 era concesso l’uso della
cinghia per reggere il cinturone (bretella),
accessorio che poi fu rimosso dal corredo; per tale ragione non sono presenti
i quattro ganci di cui prima facevo nota. Il
pantalone è ancora quello in colore verde marrone, sempre di lana e di taglio
strettamente da campo (cioè senza la
parte delle cosce alla cavallerizza). Lo
stivale è quello di tipo basso, essendo appena divenuto ufficiale non si è
ancora potuto permettere l’acquisto di stivali da equitazione meno comodi ma di
certo segno di distinzione dai sottufficiali. La fondina
nera in cuoio, per una LUGER P08 o per una più comune WALTHER P38, non è
portata sul davanti ma posta di lato il che rendeva meno pesante
l’indossarla. Infine, l’elmetto (Stahlelm) è un modello M1935, il quale aveva sostituito il
precedente M1918. Il modello del ’35 era più leggero e con un sistema di
sospensione interna imbottita più vestibile e di facile manutenzione. Per
pura curiosità, non era ricavato dallo stampo di un unico foglio di acciaio
ma era ricavato dalla pressatura a caldo di più fogli di acciaio al
molibdeno. Anche qui, sul colore ne possiamo parlare fino a notte inoltrata.
Di base era un verde grigio scuro semilucido su cui erano applicate, ai lati,
due decalcomanie di cui quella a sinistra l’aquila nazionale (bianca su sfondo
nero) e a destra il tricolore nazionale (nero, bianco, rosso). Il
figurino Ho
utilizzato come base torso e busto prelevati dall’ormai eterno set DRAGON (cod. 6201). Pur se queste parti
iniziano a risentire degli anni, con qualche paziente modifica a base di
lima, cutter e carta smeriglia si può ancora oggi avere un soggetto unico e
di buona elaborazione. Vi
ho aggiunto un paio di braccia di polistirene, anche qui modificate con tanta
pazienza (io lo faccio sempre il sabato
pomeriggio, così sono più volenteroso nel limare con tanta passione e
pazienza le piccole pieghe del tessuto) e un paio di mani di resina. Per
le mani, dopo averne stondato il polsino e tracciato lo spacchetto, sempre
foro la manica e vi incastro dentro il polso, in questo modo la scultura è
più robusta e il risultato appare più simile alla realtà rispetto al solo
incollare direttamente la mano sulla manica. I
bottoni della giubba li ho rifatti forando con una punta da 0,8 mm e poi
inserendovi un filo di polistirene (qui un
esempio di come si realizzano i
bottoni). Il
colletto l’ho svuotato per inserirvi una testa di produzione WARRIORS, roba
di almeno vent’anni fa ma l’elmetto riprodotto è proprio un M1935. Le
spalline le ho rifatte utilizzando del Plasticard. Se notate
ho rifatto la filettatura superiore delle due tasche sul petto e aggiunto
l’aquila nazionale prodotta in fotoincisione. Dettaglio non difficile da realizzare ma che
mi ha richiesto un lungo lavoro è stata la bretella per il cinturone. Sfruttando la cinghia di partenza per il
porta maschera antigas, ho aggiunto i due occhielli sul cinturone, le varie
fibbie e la parte allacciata sul petto. Pe
poterle vedere meglio, potete copiare le foto e rivederle ingrandite. Dettaglio finale, l’orologio indossato al
polso sinistro e realizzato con una striscia di Plasticard per il cinturino e
dell’alluminio fustellato per il quadrante. La
colorazione, sempre ad acrilico, l’ho estremizzata sulla tunica al fine di
dare evidenza della differenza con la tonalità dei pantaloni. Altro dettaglio cromatico, su cui ho posto
attenzione, riguarda i diversi oggetti in cuoio: stivali, cinturone, bretella
e fondina pistola. Preparo diversi marroni, alcuni schiariti
con il rosso carminio e altri con del giallo o dell’arancio vivo. Ho provato
anche con del bianco e del color ocra ma non ho avuto risultati apprezzabili.
Un poco di traslucido rende più efficace il tutto. Leggendo qua e là, ho scoperto che il
miglior modo per realizzare delle belle fondine consiste nel verniciarle con
una bomboletta spray di nero opaco TAMIYA e successivamente di sfregare la
vernice con un pennello morbido; devo dire che il tutto pare più realistico e
artistico rispetto allo sfumare con tonalità a pennello, molto belle ma anche
poco credibili. |
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