I diari
La notte in
cui Hitler invase la Polonia (1939), Lord Brooke iniziò a scrivere un diario
da consegnare poi alla moglie a ricordo dei giorni che la guerra li teneva
separati.
In realtà
il diario era composto di versi diari, dei volumetti di pelle, che Brooke
aveva acquistato in un negozio di Salisbury e facenti parte di materiale per
la nave Queen Mary. Ogni volume completato era inviato alla moglie affinché
lo conservasse. I diari rivelarono intanto un affetto profondo per la moglie,
e difatti egli li indica come “Le mie confidenze serali con Te” e in secondo
tempo mostrano le ansie, i momenti di panico e gioia di un ufficiale inglese
che molti ritenevano freddo e distaccato dalla guerra e dai sui eventi.
Duelli aerei
Da quanto
racconta BROOKE, nelle sue memorie, CHURCHILL era sempre smanioso di
assistere di persona a duelli aerei sopra la sua testa. Pare che tali duelli
lo mettessero di ottimo umore.
I limiti del sistema di Dowding
Sebbene a
quel tempo fosse il più sofisticato sistema di difesa aerea del mondo,
presentava molti limiti. Nella lettura dei dati radar si potevano verificare
gravi errori di interpretazione mentre il Corpo Avvistatori non era in grado
di seguire le forze attaccanti di notte e col cattivo tempo. Le comunicazioni
radio con gli apparecchi in volo risentivano del fatto che la RAF utilizzava
ricetrasmittenti in banda HF (alta frequenza), che avevano limiti di portata
e, anche utilizzando una rete di ponti radio, gli squadroni erano costretti
ad operare all'interno del proprio settore o in uno di quelli adiacenti.
Inoltre, le apparecchiature erano limitate a una sola frequenza per
squadrone, rendendo così impossibile la comunicazione tra più squadroni.
Infine, il sistema per seguire i caccia della RAF, noto come HF/DF o "Huff-Duff", non consentiva l'uso contemporaneo di
più di quattro squadroni per settore.
Tattica britannica
Il fatto
che i caccia tedeschi impegnati in missioni di caccia libera venissero spesso
ignorati dal Comando Caccia inglese, conferma che ciò che interessava alla
RAF era distruggere i bombardieri. Dowding vigilava
affinché i suoi uomini si preoccupassero di distruggere i cacciabombardieri e
cercassero di evitare lo scontro diretto con i caccia tedeschi in modo da
salvaguardare i velivoli inglesi.
Durante la
battaglia, alcuni comandanti, in modo particolare Trafford Leigh-Mallory del
12º Gruppo, propose che gli squadroni si riunissero in grosse formazioni (big
wing) per attaccare in massa il nemico. I sostenitori
di questa tesi affermavano che l'intercettazione da parte di forze
consistenti causava maggiori perdite agli attaccanti, riducendo al contempo
le proprie. Chi vi si opponeva sottolineava che la formazione di un big wing richiedeva troppo tempo e che quella strategia
aumentava il rischio di far sorprendere i caccia a terra in fase di
rifornimento. Analisi condotte nel dopoguerra concordano nel ritenere che
l'approccio di Dowding e Park fosse il migliore per
l'11º Gruppo, che era più vicino alla costa e quindi non aveva a disposizione
il tempo necessario a far salire in quota e comporre in formazione un gran
numero di aerei.
Tattica tedesca
Nel corso
della battaglia, la Luftwaffe cambiò in misura notevole le proprie tattiche
per cercare di aprirsi un varco nelle difese della RAF. La Luftwaffe attuò
sin dall’inizio quella della caccia libera; cercò anche di usare, come esca,
piccole formazioni di bombardieri protette da vicino da un gran numero di
caccia di scorta. Questa tattica ebbe maggiore successo ma il compito della
scorta ravvicinata costringeva i caccia a volare alla stessa quota e velocità
dei più lenti bombardieri e con ciò li rendeva più vulnerabili. Le perdite
più gravi si ebbero di conseguenza proprio tra le unità di scorta.
Le tattiche
standard per i raid divennero presto un amalgama di tecniche diverse. Un
caccia libero poteva precedere un attacco, per cercare di sgomberare dagli
intercettori la rotta degli incursori. I bombardieri penetravano ad
altitudini comprese tra i 10.000 ed i 16.000 piedi (approssimativamente fra i
3.000 ed i 5.000 metri), a volte protetti da una scorta ravvicinata di
caccia. Una scorta "distaccata" (copertura in quota) poteva
proteggere i bombardieri da una quota superiore e garantiva una protezione a
distanza più efficace perché non era costretta alle quote e alle velocità,
penalizzanti per i caccia, tenute dalle formazioni dei bombardieri.
I caccia tedeschi
Le tattiche
della Luftwaffe furono influenzate dalle caratteristiche dei loro caccia,
essenzialmente il monomotore Bf 109 e il bimotore Bf 110. I Bf 110 Zerstörer (caccia distruttore) si rivelarono, però,
troppo vulnerabili di fronte agli agili caccia monomotore della RAF e ben
presto dovettero venire essi stessi scortati. In seguito il loro impiego
venne sottoposto a severe restrizioni. L'onere maggiore delle missioni di
caccia ricadde quindi sulle spalle dei Bf 109, non
adatti a tale tipo di missione a causa della loro autonomia piuttosto scarsa,
che ad un certo punto li costringeva ad abbandonare i bombardieri scortati
per rientrare o ad accettare il combattimento coi caccia britannici
aumentando enormemente il consumo di carburante con tutte le conseguenze del
caso.
Nonostante
queste limitazioni i Bf 109 si rivelarono
combattenti formidabili, grazie soprattutto alle tattiche più moderne
impiegate dai piloti tedeschi, nel complesso più esperti dei loro avversari
britannici. I Bf 109 erano impiegati in formazioni
sciolte a coppie (Rotte) o in quartetti (Schwarm)
che permettevano a ciascun membro della formazione di proteggere i propri
compagni. La libertà della formazione consentiva incroci rapidi e attacchi
estremamente flessibili, con frequente ricorso alla maggiore velocità
ascensionale e in picchiata del Bf 109. Le tattiche
d'impiego dei caccia vennero peraltro complicate dalle richieste degli
equipaggi dei bombardieri che pretendevano una protezione più ravvicinata. I
manuali per i piloti da caccia della Luftwaffe scoraggiavano l'eroismo
inutile, evidenziando al massimo, invece, l'importanza di attaccare solo quando
le probabilità erano a favore del pilota. Questa regola non poteva essere
seguita nelle missioni di scorta ravvicinata ai bombardieri, dato che, così
facendo, il caccia perdeva la sua flessibilità tattica e il vantaggio della
quota.
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Conflitto mondiale
Documentazione
2°conflitto mondiale
|
“La
Battaglia d’Inghilterra”, La perfida Albione contro il Leone marino
Un osservatore della Home Guard sullo sfondo la
cattedrale di St. Paul
(National Archives Identifier
(NAID) 541899)
|
Fu uno scontro epocale durato poco meno di
un anno, tra l’estate del 1940 e l’inizio del 1941 ma divenne il simbolo
della risposta, bellica, al dilagare delle Forze armate tedesche in tutta
EUROPA.
La battaglia d'INGHILTERRA (anche nota
come “Battaglia di GRAN BRETAGNA” -“Battle of
BRITAIN”) fu la prima grande campagna di guerra a essere combattuta
quasi interamente da forze aeree e fu anche l’evento bellico in cui si
attuò il concetto di bombardamento aereo massivo, fino allora mai
sperimentato. Nel luglio del 1940, gli obiettivi principali tedeschi furono
i convogli di rifornimento e i porti; un mese dopo, la LUFTWAFFE (Aviazione
militare tedesca) iniziò a colpire gli aeroporti e le infrastrutture
della RAF (Royal Air Force). Con il progredire della battaglia, la
LUFTWAFFE iniziò a bombardare anche le fabbriche aeronautiche e altre
infrastrutture, anche per annientare la volontà di resistenza della
popolazione civile inglese.
Lord Alan Francis BROOKE fu protagonista
di quella battaglia, le sue memorie furono da lui trascritte nei suoi
diari. Oggi giunti a noi, ci permettono di rivivere quel momento cruento ed
eroico della Seconda Guerra Mondiale. Fu posto, nel 1940, al comando delle
UNITED KINGDOM HOME FORCES con l'incarico di predisporre e mettere in atto
dei preparativi anti invasione. Il compito di BROOKE sarebbe stato dunque
quello di dirigere l'ordine di battaglia in caso di sbarco diretto, dei
Tedeschi, lungo le coste inglesi.
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Sir Alan Brooke in una foto scattata nel 1942
(Imperial War Museums, collection
no. 4905-03)
Feldmaresciallo Albert Kesselring
in una foto scattata nel 1944
(Bundesarchiv Bild
101I-316-1151-10)
|
La premessa
Il 10 maggio i Tedeschi invasero la
FRANCIA e lo stesso giorno Winston CHURCHILL fu nominato primo ministro. La
RAF (Royal Air Force) era a corto di piloti addestrati e di aerei
ma, malgrado le obiezioni del suo comandante Hugh DOWDING, visto il rischio
di lasciare la GRAN BRETAGNA indifesa, Winston CHURCHILL inviò i reparti da
caccia a supporto delle operazioni in FRANCIA, dove la RAF subì gravi
perdite. I piloti inglesi ebbero però modo di imparare la tecnica aerea di
combattimento tedesca; un apprendimento che si rivelerà utile nei mesi
successivi quando i duelli aerei sarebbero stati all’ordine del giorno.
Sir BROOKE, nelle sue memorie, elencava le
forze tedesche basandosi sui dati raccolti dal Servizio d’Intelligence:
- 2.000
bombardieri a lungo raggio;
- 1.000
e più bombardieri a medio raggio;
- 1.500
caccia con vario armamento.
Vi era, rispetto alle forze aeree inglesi,
un rapporto di 3 a 1. A livello di forze di terra, i Tedeschi contavano su
oltre 130 divisioni, 10 delle quali corazzate.
Gli Inglesi avevano solo 12 divisioni
prive di equipaggiamento e a malo modo addestrate. Vi erano altre 14
divisioni di fanteria rientrate dopo la disfatta della Campagna di FRANCIA
dotate di quel poco salvato dopo la sconfitta di DUNKERQUE.
In merito alla disfatta di DUNKERQUE,
erano stati perduti 1.200 pezzi di artiglieria pesante e da campagna, 1.350
pezzi di artiglieria antiaerea e cannoni anticarro, 6.400 armi leggere
anticarro, 11.000 armi automatiche e 7.500 mezzi motorizzati. BROOKE, nei
suoi diari, non riportava anche il numero di carri armati andati persi, di
sicuro fu comunque un numero significativo.
BROOKE temeva tanto l’invasione, della
GRAN BRETAGNA, quanto l’isolamento marittimo da parte nemica. Le industrie
inglesi dipendevano, per quanto riguardava le materie prime, per il 70% dal
traffico navale.
Nei suoi diari, nel commentare ed elencare
la situazione dei blocchi navali tedeschi e del conseguente isolamento
dalle colonie del COMMONWEALTH, tracciava anche un quadro della situazione
relativa all’Aviazione italiana che avrebbe anch’essa ostacolato il
traffico navale nel MEDITERRANEO. Strana lettura della situazione italiana,
in piena opposizione con quanto affermava il maresciallo Albert KESSELRING
il quale reputava molto bassa la qualità dell’Aeronautica italiana. Per
BROOKE anche il valore della Marina militare italiana era reputato valido,
ancora oggi ci si domanda su quali basi egli facesse una tale considerazione
sopravalutativa.
Se BROOKE vedeva drammatica la situazione
“invasione”, con le forze germaniche che potevano tentare uno sbarco
partendo dai porti francesi e da quelli norvegesi, non molto meglio
ravvisava il quadro in nord AFRICA dove 55.000 soldati inglesi dovevano
fronteggiare gli oltre 400.000 soldati italiani provenienti dalla LIBIA e
protetti da 500 aerei già presenti in nord AFRICA.
La situazione nel MEDITERRANEO era molto
preoccupante perché, tolto l’EGITTO, erano rimaste sotto il controllo inglese
MALTA e GIBILTERRA che erano, a loro volta, praticamente isolate.
Tornando al chiodo fisso di Lord BROOKE,
cioè l’invasione via mare dell’INGHILTERRA, le forze disponibili a sud
dell’isola consistevano solamente nella Quarta Divisione di fanteria e due
divisioni territoriali.
L’invasione dal mare, secondo l’Alto
comando inglese, avrebbe avuto luogo lungo un arco costiero che iniziava
dal SUSSEX per arrivare fino al GALLES.
Le truppe della difesa costiera erano poco
addestrate, e peggio equipaggiate con armi realizzate durante la Prima
Guerra Mondiale; era palese che, in caso di sbarco del nemico, la disfatta
sarebbe stata ineludibile.
|
Il maresciallo in capo dell'aviazione della RAF
Hugh Dowding nel 1942
(Imperial War Museums, collection
no. 4700-27)
Il Ministro del Reich per l'Aviazione Hermann
Wilhelm Göring nel 1934
(Bundesarchiv Bild
102-15607)
Hugh Trenchard nelle
vesti di ispettore generale della RAF in Francia nel 1940
(Copyright sconosciuto)
L’ammiraglio tedesco Erich Raeder
(Bundesarchiv, Bild
146-1980-128-63)
Lammiraglio Karl Doenitz con
l’ammiraglio italiano Angelo Parona
(Copyright scaduto)
|
BROOKE al
comando
Egli riuscì a non farsi cogliere dalla
disperazione per il dover fronteggiare una causa, che già sulla carta, si
pronosticava come persa.
Nel mese di giugno del ’40, egli diede
massimo vigore nell’imporre che le forze costiere presenti fossero
addestrate all’uso delle armi e alla difesa di linea, fece costruire
centinaia di postazioni fortificate a supporto di queste in caso di azione
antinvasione. Nell’insieme difensivo poi, seppe anche gestire con dettaglio
minuzioso la costituzione di forze navali costiere e la creazione di nuove
squadriglie di aerei da caccia.
CHURCHILL aveva, nei mesi precedenti a
quel giugno del ’40, rassicurato la popolazione che il supporto militare
della FRANCIA contro l’espansione nazista sarebbe stato vincente e dava
come certezza che l’essere circondati dal mare avrebbe impedito ogni
tentativo d’invasione. Quell’estate però la situazione si era letteralmente
capovolta: la FRANCIA era stata invasa dai Tedeschi e l’isolamento navale
iniziava a rendere critica la situazione dei rifornimenti di materie prime
e di generi alimentari.
Chi avrebbe potuto quindi difendere la
perfida Albione dall’attacco tedesco?
E qui entrò in gioco l’Aeronautica di Sua
Maestà.
A cavallo tra i due conflitti, l’Aviazione
inglese era certamente cresciuta ma piloti e aerei adesso apparivano
palesemente insufficienti.
Vi erano 42 squadriglie rispetto alle 60
necessarie. Sarebbero state loro a garantire la protezione necessaria
mentre via mare gli Americani rifornivano di armi pesanti e leggere le
forze terrestri. Gli Americani diedero fondo ai loro magazzini militari
presso cui erano inutilizzate armi di ogni genere prodotte durante la Prima
Guerra Mondiale, niente di tecnologico ma pur sempre utile per equipaggiare
le forze inglesi presso le quali spesso si poteva solo contare su fucili e
qualche mitragliatrice.
BROOKE illustrò dettagliatamente, a
CHURCHILL, un progetto per coinvolgere più uomini possibili in forze per la
difesa anti invasione; fu costituita la “HOME GUARD” in cui si arruolarono
oltre mezzo milione di uomini e donne che fisicamente non sarebbero stati
in grado di prestare servizio nell’Esercito regolare.
CHURCHILL, dalle doti oratorie non di
secondo ordine, convinse costoro a combattere per la difesa nazionale
incitandoli con il motto “Portane uno con Te”. Furono addestrati al pari di
forze militari e come armamento ricevettero armi di ogni genere e
provenienti dagli arsenali americani.
Lo scopo del coinvolgimento dei civili
aveva un duplice obiettivo: aumentare la massa di contrasto in caso
d’invasione e, in seconda battuta, evitare ciò che era accaduto in FRANCIA
dove poche divisioni tedesche erano riuscite a penetrare nei territori
strategici in quanto non ostacolate dalla popolazione ma solo dalle
divisioni di militari del tutto insufficienti per reggere l’occupazione.
In INGHILTERRA sarebbe invece stato il
popolo a impedire, o almeno a rallentare, l’invasione nazista. Sacrificio e
abnegazione, questo si aspettava il loro Primo ministro che prometteva loro
“Avrete da me sangue, dolore, lacrime e sacrifici”.
Nel frattempo, cosa avveniva in GERMANIA?
Una guerra contro l’INGHILTERRA non era ciò che in realtà Adolf HITLER
voleva; egli era convinto che dopo la sconfitta francese gli Inglesi
avrebbero proposto un armistizio e ciò gli avrebbe consentito di rivolgere
le sue attenzioni militari contro la RUSSIA.
Per invogliare, e si fa per dire, gli
Inglesi a tale scelta, il giorno in cui fu firmata la resa della FRANCIA,
egli fece bombardare l’INGHILTERRA da oltre 100 bombardieri pesanti.
Nel luglio DEL ‘40 i bombardamenti
tedeschi furono intensificati, congiuntamente furono ammassate forze
corazzate e mezzi da sbarco nei porti francesi. L’invasione pareva ormai
imminente. CHURCHILL non perse l’occasione per dichiarare, in un momento
così critico “Combattiamo da soli, ma non per noi soltanto”, segnale
evidente che quella guerra avrebbe prima o poi coinvolto sia gli Americani
sia i Russi.
Il Servizio diplomatico tedesco tentava in
ogni modo di aprire un dialogo con gli Inglesi, proponendo soluzioni di
armistizio che avrebbero permesso all’avversario di mantenere una sua forma
di autonomia politica; furono tutti tentativi vani dato che in nessun modo
CHURCHILL era disposto a cedere.
Esasperato dallo stallo della situazione
HITLER, il 21 luglio del 1940, diede l’avvio all’operazione militare d’invasione
denominata “Leone marino”.
L’Alto comando militare tedesco aveva
sempre tenuto aggiornato un piano d’invasione ideato nel ’36; ne era
risultato, da tale studio di fattibilità, che erano necessarie almeno 40
divisioni di fanteria, un grande quantitativo di armi e munizioni nonché un
servizio di logistica e rifornimenti mastodontico.
Quello studio però conteneva un dettaglio
da non trascurare assolutamente e fondamentale per la riuscita
dell’operazione “Leone marino”: il dominio incontrastato dei cieli.
Il piano anti invasione inglese era quanto
mai superato e convenzionale rispetto ai nuovi metodi di guerra (pensiamo
solo alla Blitzkrieg); si basava su una linea difensiva parallela alla
costa con impiego di ulteriori reparti di fanteria a difesa di LONDRA e
della regione del MIDLAND.
Lord BROOKE riteneva, tale piano
difensivo, ormai superato e noto al nemico. Decise perciò di creare dei
reparti mobili per una pronta risposta sulla costa al fine di ributtare in
mare i Tedeschi.
Il 26 luglio diveniva una data
significativa per BROOKE: al Ministero della guerra si stabiliva che la
tattica contro l’invasione tedesca si sarebbe basata su una immediata
controffensiva aerea da parte dei caccia inglesi. Questa decisione fu
quanto mai necessaria perché la Marina di Sua Maestà non sarebbe stata in
grado, da sola, di contenere uno sbarco avversario via mare.
La Marina inglese era stata, nel corso
degli anni, organizzata in maniera complessa e la maggiore concentrazioni
di navi da guerra si trovava dislocata presso le isole ORCADI nel nord
della GRAN BRETAGNA.
Per tali ragioni, non era in grado di
difendere con tempestività la parte prossima alla MANICA e ai porti
francesi occupati dal nemico, solo la parte nord sarebbe stata difendibile
se l’invasione nemica fosse iniziata dalla NORVEGIA.
Tornando a una valutazione della RAF, nel
1938 contava su poche squadriglie di HURRICANE ma nemmeno su uno SPITFIRE;
altro punto debole era l’assenza di stazioni radar e di piste di decollo
all’interno dell’isola.
Dopo due anni di intensa produzione di
armamenti ed apparecchiature radar, la situazione era mutata e la RAF
disponeva di 49 squadriglie e una efficiente rete di stazioni radar. Piste
di decollo e atterraggio furono realizzate ovunque.
Nonostante lo sforzo produttivo, la
differenza nel numero di aeroplani era ancora a favore dei Tedeschi. Basti
tenere conto, per dare un’idea delle risorse aeree tedesche, che gli
avversari di BROOKE disponevano di basi aeree sia in FRANCIA sia in OLANDA
con operativi 1.400 bombardieri e 1.200 caccia.
Il sistema di
DOWDING (fonte Wikipedia)
La battaglia di INGHILTERRA fece entrare
nella leggenda i caccia della RAF, lo SPITFIRE e l'HURRICANE, ma la vera
chiave di volta della difesa inglese fu la complessa organizzazione di
avvistamento, comando e controllo che gestì la battaglia, nota come il
"Sistema di Dowding", dal nome del suo
principale artefice, il Maresciallo dell'Aria (Air Chief
Marshall) Sir Hugh DOWDING, comandante del Comando Caccia della RAF.
I primi rilevamenti degli attaccanti in
arrivo provenivano dalle stazioni radar, chiamate in codice Catena
Nazionale (Chain Home), che erano distribuite lungo le coste inglesi
e che segnalavano l'avvistamento alla Sala Filtro del Comando Caccia. Gli
incursori, una volta oltrepassate le stazioni della Rete Nazionale (che
avevano le antenne radar puntate verso il mare), erano presi in carico dal
Corpo Avvistatori (Observer Corp), che li
seguiva da terra utilizzando una rete di osservatori dotati di binocoli. Le
informazioni, valutate e integrate dalla Sala Filtro, erano poi passate
dalla Sala Operativa del Comando Caccia, a quella del Gruppo e a quelle di
tutti i settori interessati.
Ogni sala operativa aveva il proprio
tavolo a mappa (plotting table), ossia grandi mappe sulle quali le
formazioni delle forze in campo erano rappresentate da pedine la cui
posizione era continuamente aggiornata sulla base delle informazioni che
man mano affluivano. Nella sala operativa del gruppo, il controllore di
turno decideva quale settore doveva contrastare l'incursione e quanti
caccia bisognava far intervenire. Il controllore di settore coordinava le
squadriglie alle sue dipendenze, ordinando i vari livelli di prontezza
operativa o il decollo su allarme. Di solito, almeno all'inizio della
battaglia, i controllori erano ufficiali pilota con esperienza di
combattimento.
I rifugi per i
civili (fonte Royal Air Force Museum)
L’INGHILTERRA iniziò, a partire dagli anni
’20 e dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, a prendere in
considerazione la necessità di rifugi per i civili.
Ne furono realizzati di diverso tipo, dai
più elementari da installare nelle abitazioni fino ai grandi complessi
urbani in grado di ospitare migliaia di sfollati. Vediamo i principali:
“RIFUGIO
ANDERSON”: progettato nel 1938 e intitolato a
Sir John ANDERSON, segretario interno durante la battaglia della GRAN
BRETAGNA, questo tipo di rifugio antiaereo fu progettato per l'uso in
giardino. Se coperto di terra, il riparo dava una certa protezione dai
frammenti di proiettili e dalle schegge dei bombardieri, sebbene l'umidità
fosse un problema sempre presente. Progettato per ospitare fino a sei
persone, il governo li fornì gratuitamente a famiglie a basso reddito e
successivamente venduti ad altri a persone più ricche. 1,5 milioni di
rifugi di questo tipo furono distribuiti nei mesi immediatamente precedenti
lo scoppio della guerra. Alla fine della produzione ne erano stati prodotti
3,6 milioni.
Destinato esclusivamente come protezione
di emergenza, durante i raid aerei, non era raro, però, che venissero usati
ogni notte.
“RIFUGIO
MORRISON”: le case europee avevano spesso
delle cantine; nelle case britanniche erano molto meno frequenti. Ciò portò
alla progettazione di una costruzione, a gabbia, che poteva essere
utilizzata come rifugio all'interno di una casa. I rifugi di MORRISON erano
in scatola di montaggio e il capofamiglia aveva l’onere del montaggio. Ogni
confezione aveva 359 parti e tre strumenti per il montaggio. Mezzo milione
fu distribuito alla fine del 1941. Altri 100.000 furono forniti nel 1943.
“RIPARO COMUNALE
DI STRADA”: fu presto riconosciuto che era
necessario proteggere i civili che potevano trovarsi nelle strade o negli
spazi pubblici durante un bombardamento aereo. Un grande programma di
rifugi comunali di strada fu iniziato nel marzo del 1940. Questi rifugi di
superficie erano destinati ad accogliere mediamente cinquanta persone.
Problemi con il controllo della loro affidabilità, a causa della loro
costruzione affrettata, fecero sì che alcuni non riuscissero a fornire la
protezione prevista. Le voci, negative sulla effettiva sicurezza di questi
rifugi, iniziarono a circolare e sebbene fossero stati introdotti progetti
migliori, diventarono molto impopolari e rimasero poco utilizzati per tutta
la guerra.
“STAZIONE DELLA
METROPOLITANA”: inizialmente i ministri del
Governo nutrivano dubbi sull'uso delle stazioni della metropolitana e dei
tunnel sotterranei come rifugi antiaerei. Tuttavia, i londinesi preferivano
usare i tunnel e le piattaforme perché si sentivano più sicuri in
profondità nel sottosuolo. Le stazioni erano dotate di cuccette per 22.000
persone, fornite di strutture di pronto soccorso e di servizi igienici
chimici. Vi erano 124 mense aperte in tutte le parti della rete
metropolitana. Furono nominati commissari di protezione, la cui funzione
era quella di mantenere l'ordine, fornire pronto soccorso e assistenza in
caso di allagamento delle gallerie. Circa 170.000 persone si rifugiarono
nei tunnel e nelle stazioni metropolitane durante la seconda guerra
mondiale.
|
Equipaggi di Junkers Ju 87
(Bundesarchiv Bild
101I-383-0338-03)
Piloti inglesi nel 1940
(Central Press/Hulton
Archive, via Getty Images)
Immagini di Londra durante lo sfollamento, al
centro vengono issati i palloni frenanti, poliziotti inglesi intenti a
scavare tra le macerie dopo un raid nazista
(Copyright © 2018 Trustees of the Royal Air
Force Museum)
|
Inizia la
battaglia
La battaglia d’INGHILTERRA può essere
suddivisa in diverse fasi, le quattro principali furono il "Kanalkampf" (attacco del canale) sul Canale
della MANICA (10 luglio - 11 agosto), "Adlerangriff"
o assalto contro gli aeroporti costieri (12 - 23 agosto), la fase contro
gli aeroporti di Fighter Command (24 agosto - 6
settembre) e il passaggio degli attacchi diurni dagli aeroporti e
installazioni di caccia alle città britanniche e città (7 settembre fino a
ottobre).
L’8 agosto iniziarono le prime azioni
aeree verso l’INGHILTERRA e le cronache inglesi riportavano che erano stati
abbattuti 49 aerei nemici con una perdita di 20 apparecchi inglesi.
La LUFTWAFFE sferrò i primi attacchi su
DOVER e PORTLAND; furono prese di mira le stazioni radar costiere e man
mano si spinsero verso l’interno per colpire gli insediamenti industriali e
civili.
Grazie a un piano industriale attento
quanto frenetico, furono prodotti sufficienti aerei da caccia per poter
reggere la prima onda d’urto tedesca.
Il maresciallo dell’Aria, Hugh Caswell Tremenheere DOWDING,
nell’agosto del ’40 disponeva di oltre 700 caccia e una generosa scorta di
ricambi.
L’addestramento dei piloti volontari,
tanti giovani si proposero, e la riorganizzazione della RAF di fatto fu
opera di Lord Hugh TRENCHARD; uomo esperto ma spesso in conflitto per
ragioni politiche con CHURCHILL.
Nonostante i dissapori con il Primo ministro,
il suo operato fu significativo per la vittoria della Battaglia
d’INGHILTERRA.
Se a livello di aeronautica la situazione
era migliorata, non era così a livello di mezzi corazzati. Degli oltre 700
carri armati inviati in FRANCIA, pochissimi ne erano tornati in patria dopo
la disfatta di DUNKERQUE.
Le fabbriche furono messe sottopressione
e, tra giugno e luglio, furono prodotti oltre 300 carri tra medi e pesanti.
Il nemico non stava certo in attesa che
gli Inglesi si organizzassero, iniziò parallelamente una guerra di
depistaggi e false informazioni; circolarono voci di una probabile
invasione con uno sbarco in SCOZIA come di un imminente sbarco partendo
dalla NORVEGIA.
Il 15 agosto, i Tedeschi, diedero via all’operazione ”ADLERANGRIFF” (“Attacco dell’Aquila”);
1.800 aerei, di cui 1.300 caccia, attaccarono a ondate successive sul sud
dell’INGHILTERRA.
Il piano della LUFTWAFFE era composto di
due fasi: la prima consisteva nell’attaccare gli stormi di SPITFIRE e
HURRICANE portandoli fuori portata dell’isola, la seconda parte vedeva il
volo diretto dei bombardieri sui vari obiettivi ma con una scorta composta
da un numero minore di caccia di appoggio. Il piano non funzionò in quanto
DOWDING dispose affinché sette squadriglie rimanessero disponibili una volta
individuati i bombardieri tedeschi.
Le perdite tedesche furono significative,
il 25% degli aerei furono abbattuti e i bombardamenti previsti sortirono
effetti molto marginali.
Il capo supremo della LUFTWAFFE, Hermann
GÖRING, rimaste esterrefatto per il fallimento della missione, tanto più
che il numero di ufficiali morti in azione risultò alto e questo lo portò
alla decisione che mai più ufficiali avrebbero fatto parte degli equipaggi
dei bombardieri.
Si può affermare che il 15 agosto del 1940
è da considerarsi la data della prima sconfitta tedesca durante la
Battaglia d’INGHILTERRA.
Rabbioso quanto mai, GÖRING ordinò un
secondo attacco di 1.700 aerei il giorno dopo ma, a parte altri bombardieri
tedeschi abbattuti, non sortì effetti negativi per gli Inglesi. Quando uno
si ostina…
Le reazioni di HITLER, a determinati
fallimenti militari, erano note e GÖRING fu colto dalla paura di ordinare
altri raid fallimentari; la conseguenza di tale paura fu il cessare gli
attacchi alle stazioni radar all’interno dell’isola.
Gli Inglesi
godettero di un periodo relativamente tranquillo dopo la prima metà di
agosto, certo i bombardamenti continuavano ma con meno impeto. Inoltre
l’operazione Leone marino non aveva sviluppi significativi. Le ragioni di
ciò erano dovute alle diverse posizioni che l’HEER aveva rispetto alla
KRIEGSMARINE. A parte le strategie tra loro differenti, ognuno dei
rispettivi comandanti procrastinava nell’attuazione dell’operazione
invasione, ovviamente imputando tali ritardi a ragioni meteorologiche
oppure logistiche.
Allora HITLER decise autonomamente su come
procedere, giusto per scrollare la situazione e dare il via a questa
operazione che di fatto pareva molto lineare nella teoria e sulle carte
nautiche. Stabilì che 11 divisioni sarebbero state sufficienti per sbarcare
tra NORTH FORELAND e l’isola di WIGHT. HITLER forse aveva calcolato male le
risorse necessarie per l’invasione ma ci indovinò sul momento in cui
attuarla, ossia ai primi di settembre.
In generale, l’Alto comando tedesco non fu
mai informato del fatto che la RAF era a corto di piloti e che un buon 30%
di loro era stato ucciso o ferito gravemente tra giugno e settembre di
quell’anno.
Tornando alla fine di agosto, in quei
giorni le prime bombe colpirono pesantemente LONDRA e il panico iniziò a
proliferare tra i suoi abitanti, finora rimasti tranquilli sulla base delle
affermazioni di CHURCHILL.
Visto che i bombardamenti all’interno
iniziavano a essere sempre più mirati, e conseguentemente efficaci, BROOKE
sospettò che l’invasione non fosse poi così lontana come data anche se
l’autunno si stava avvicinando e con esso le piogge sulla MANICA.
Fu allora scelta la parola d’ordine per
indicare che l’invasione era in atto: “Cromwell”. Per la cronaca e per i
più ghiotti di aneddoti, non fu mai trasmessa durante tutta la guerra,
nemmeno per errore.
BROOKE decise di organizzare diversi voli
di ricognizione su FRANCIA, BELGIO, OLANDA e NORVEGIA per avere un quadro
di quale fosse il grado di preparazione tedesca: navi da battaglia, numero
di chiatte per il trasporto uomini, aerei e logistica dei rifornimenti.
Le foto aeree rivelarono un forte
assembramento di navi e uomini presso i porti francesi e olandesi. Per dare
una misura di quanto aumentasse progressivamente il grado di preparazione
tedesco basti citare alcune cifre: presso il porto di OSTENDA il 31 agosto
vi erano ormeggiate 18 navi, il 2 settembre le navi erano diventate 70 e il
6 dello stesso mese 205!
Visto quanto era in progredire, il 2
settembre BROOKE dichiarò lo stato di preallarme d’invasione mobilitando le
difese di terra e soprattutto intensificando le ricognizioni sui vari porti
ad alta concentrazione di truppe nemiche.
CHURCHILL decise di dare un segno, ai
Tedeschi ma anche ai suoi connazionali, che le Forze militari inglesi erano
pronte a colpire in qualsiasi momento e non solo quindi disposte a
difendere l’isola. Ordinò un bombardamento su BERLINO, che distava ben sei
volte la distanza che vi era tra i Tedeschi sulla costa francese e LONDRA,
allo scopo più propagandistico che per ragioni militari. La notte del 25
agosto, 81 bombardieri pesanti colpirono la periferia della città.
L’effetto sorpresa, sperato dal Primo ministro, ci fu e persino HITLER fu
colto da nuove paure; era la dimostrazione che la GERMANIA non era così al
sicuro e soprattutto che la RAF era quanto mai potente e in grado di
colpire al momento giusto.
Durante la battaglia, il Comando
Fighter della RAF difese le Isole britanniche dagli attacchi tedeschi, ma fu
lasciato al Comando Bombardieri della RAF mantenere la lunga fiducia nella
Dottrina di TRENCHARD sui bombardamenti strategici secondo cui, l'attacco,
era la migliore forma di difesa. Il Comando Bombardieri, sebbene poco
equipaggiato con apparecchi medi e privo di tecnologia sufficiente per
bombardare con precisione, attaccò continuamente obiettivi militari e
industriali tedeschi.
Tuttavia, l'apparenza di combattere il
nemico sullo stesso piano era importante tanto per aumentare il morale
della popolazione britannica quanto lo era il danno reale inflitto al
nemico.
Come la RAF, la LUFTWAFFE ebbe l’incarico
di creare una valida difesa da combattimento notturno. In questi primi
giorni le avverse condizioni meteorologiche e le difese nemiche erano
responsabili di molte perdite britanniche. È discutibile quanto siano stati
efficaci gli attentati dinamitardi contro gli obiettivi industriali
tedeschi in quel momento ma, certamente, la campagna implacabile condotta
dai bombardieri della RAF, contro campi di aviazione tedeschi, porti di
invasione, chiatte e navi in FRANCIA, BELGIO e OLANDA fecero saltare piani
di invasione di HITLER.
Il Comando Bombardieri subì perdite più
pesanti di qualsiasi altro comando RAF durante la Battaglia d'INGHILTERRA,
con un totale di 718 caduti. Il Battle Bomber Command
si affidò a bombardieri medi come BLENHEIM, HAMPDEN, WELLINGTON e WHITLEY
per portare la lotta in GERMANIA.
Tramite le fotografie aeree, nelle
ricognizioni sui porti occupati dai Tedeschi, furono identificate le chiatte
necessarie per l’invasione. Queste chiatte furono un obiettivo primario per
il Bomber Command durante la Battaglia
d'INGHILTERRA e il danno che loro inflissero fu un fattore determinante
nella decisione di HITLER di rimandare l'invasione della GRAN BRETAGNA il
17 settembre del ’40.
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Supermarine Spitfire Mk IX of No. 611 Squadron (West
Lancashire)
(Official U.S. Air
Force photo no. 080306-f-3927A-060)
Messerschmitt Me 109
(Bundesarchiv, Bild
101I-662-6659-37)
Lo Junkers Ju 88 fu il primo aereo bombardiere a colpire
l’Inghilterra
(Bundesarchiv, Bild
101I-407-0686-39)
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Arriva l’autunno
Il continuo esitare dei Tedeschi fu tempo
utile per dare a BROOKE la certezza di aver messo in campo ogni mezzo per contrastare
l’invasione dal mare come dai cieli.
L’8 settembre la LUFTWAFFE tornava ad
attaccare LONDRA bombardando anche lungo il TAMIGI. Su LONDRA in
particolare, 250 bombardieri tedeschi sganciavano 350 tonnellate di bombe
dirompenti e 1.300 tonnellate di tipo incendiario. Il risultato fu
devastante per la popolazione e le strutture produttive.
BROOKE era in quei momenti al limite del
collasso nervoso, difficile riuscire a difendere LONDRA di fronte a
determinati raid notturni.
A peggiorare il tutto, l’incubo
dell’invasione dal mare; BROOKE mette sotto il controspionaggio e il
servizio spionistico: trovare spie tedesche che danno informazioni utili
per lo sbarco e scoprire, tramite il servizio spionistico, le possibili
date dell’invasione. Secondo il servizio di spionaggio inglese, i Tedeschi
progettano di sbarcare nelle zone del KENT e dell’Anglia dell’est, le date
possibili sono l’8 o il 10 settembre. La soffiata però si rivela falsa,
anche se ancora nella giornata dell’11 i Tedeschi continuano, tramite
ENIGMA (macchina meccanica per codificare e decodificare messaggi),
a indicare imminente lo sbarco.
Il 12 settembre altri messaggi in codice
indicano sempre imminente l’invasione tedesca sull’estuario del TAMIGI, ma
la notizia è quanto mai infondata. Si suppose, allora, che tali messaggi
avessero solo lo scopo di creare una forte tensione tra i comandanti
inglesi. Questi messaggi continuarono a essere trasmessi tra le forze
tedesche ma ormai era chiaro che si trattassero di bluff continui e senza
fondamento.
Anche in quei giorni, CHURCHILL reagisce
alle provocazioni nemiche parlando alla radio inglese; parla di HITLER e
MUSSOLINI con toni sprezzanti e sarcastici rassicurando la popolazione che
l’invasione non avrà mai luogo.
HITLER, sempre più intollerante dei
continui ritardi dell’operazione Leone marino, prende di punta l’ammiraglio
Erich RAEDER che alla fine gli comunica la data del 24 settembre come
quella scelta.
Gli Inglesi intanto fanno acquisti di
cacciatorpediniere dagli STATI UNITI, ne comprarono 50 e di produzione
Prima Guerra Mondiale. Certo non erano modelli all’avanguardia ma,
opportunamente rimodernati, permisero di controllare le coste verso la
MANICA.
La RAF attaccava freneticamente i porti
francesi e olandesi per affondare le chiatte necessarie al trasporto
truppe.
L’ammiraglio RAEDER chiese allora a HITLER
una ulteriore data per lo sbarco, precisando che se la RAF non fosse stata
decimata lo sbarco non sarebbe mai stato possibile.
HITLER convocò GÖRING e gli intimò di dare
seguito al più grande attacco aereo che fosse stato mai possibile attuare;
scopo: distruggere le basi aeree e radar, con i bombardieri risalire il
corso del TAMIGI e radere a zero qualsiasi cosa fosse sotto le pance dei
bombardieri nazisti.
Oltre 1.000 aerei, in diverse ondate, il
14 settembre fecero piovere tonnellate di bombe sulle teste di CHURCHILL e
BROOKE; la RAF, però, non rimase a guardare e diede filo da torcere ai
Tedeschi.
Furono distrutti una sessantina di aerei
tedeschi contro solo 24 aerei inglesi.
Il 17 settembre questo interminabile
susseguirsi di bombardamenti cessò; pur se colpita duramente l’INGHILTERRA
non era stata messa in ginocchio.
Questo fu l’ultimo bombardamento convenzionale
sull’isola; il cambio di stagione e il significativo numero di aerei
abbattuti convinse HITLER a desistere sia dall’idea di invasione, che fu
rimandata all’anno successivo, sia da quella di piegare il nemico con i
raid aerei.
Con l’arrivo dei venti equinoziali e il
rafforzarsi della RAF, HITLER decise di mettere la parola fine
all’operazione Leone marino il 12 ottobre del 1940.
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Una delle versioni con cannoni da 88 mm delle
motozattere tipo Siebelfähre SF 40
(Copyright sconosciuto)
Un Messerschmitt Me 110, derivato dal BF 110,
era un bombardiere bimotore decisamente inferiore ai corrispettivi Avro 683 Lancaster inglese
(Bundesarchiv Bild
101I-360-2095-15).
Il bombardiere bimotore medio Heinkel He 111.
(Bundesarchiv Bild
101I-385-0593-05).
Avro 683 Lancaster inglese (Copyright
defenceimagery.mod.uk)
Il biplano Fiat CR 42 Falco (Copyright
sconosciuto).
Il Fiat BR 20 "Cicogna" era un
bombardiere medio bimotore nato nel 1936 e che fu in uso durante la
Battagli d’Inghilterra (Copyright sconosciuto).
Un FIAT GR50 con al fianco un Messerschmitt Me
110 (Copyright sconosciuto).
Adolf Galland, sulla
sinistra, è stato uno tra i comandanti della Luftwaffe impegnati durante la
Battaglia d’Inghilterra ((Bundesarchiv Bild
183-H28427).
Il colonnello Werner Mölders, asso tedesco della caccia con il suo
Messerschmitt Bf 109 F-2. Morì nel 1941 non
durante un combattimento ma a causa di un incedente di volo durante un
trasferimento (Bundesarchiv, Bild 146-1971-116-29
/ CC-BY-SA 3.0).
L’asso tedesco Joachim Müncheberg
con i gradi di maggiore e al collo la Croce di ferro con foglie di quercia
e spade
(Copyright Ministero del Tesoro della Polonia)
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La Battaglia d’Inghilterra
nelle memorie del feldmaresciallo
Albert
KESSELRING
Nelle sue memorie pubblicate
successivamente alla fine del Secondo conflitto mondiale (GARZANTI, 1954),
il feldmaresciallo esordì commentando che la Battaglia d’INGHILTERRA fallì
per la mancanza di un vero piano strategico da parte tedesca. Le critiche,
nel capitolo dedicato a questa battaglia, sono tante e alcune forse
autodifensive del suo operato nel periodo tra il 1940 e il 1941.
Il piano d’invasione era stato realizzato
nel 1936 dall’ufficio competente del Ministero della Difesa tedesco ma,
tale piano, non fu aggiornato a fronte dell’invasione dell’EUROPA ovest che
HITLER aveva messo repentinamente in atto dal 1940 in poi.
KESSELRING, nelle sue memorie, sosteneva
che HITLER non era intenzionato realmente a invadere l’INGHILTERRA ma,
piuttosto, propenso a una pace per la spartizione del controllo europeo
perché il vero obiettivo era l’occupazione dei paesi dell’est europeo e
successivamente l’invasione dell’UNIONE SOVIETICA.
Per tale ragione, il piano originale non
fu mai aggiornato secondo le nuove esigenze strategiche e sulle effettive
capacità dei mezzi in dotazione alla LUFTWAFFE. In breve, si può affermare
che il primo a non credere nell’occupazione della GRAN BRETAGNA fosse lo
stesso Fuhrer.
Se l’Esercito tedesco (HEER) era scettico
in merito a tale piano, la Marina militare (KRIEGSMARINE), tramite
l’ammiraglio READER, osteggiava la sola idea di mettersi contro
l’INGHILTERRA con il probabile rischio di vedere la nascita di una coalizione
di varie nazioni, tra cui gli STATI UNITI, pronta a impedire tale piano
d’invasione.
E, con il senno del poi, aveva tutte le
ragioni del mondo a sostenere ciò. Non in tutte le forze armate vi era la
medesima posizione però.
Per la LUFTWAFFE invece (e qui
KESSELRING prende a sua volta posizione a post evento), era il momento
giusto di attaccare dato lo scarso armamento aereo a disposizione della
RAF.
Inoltre, l’apparato aereo inglese non
aveva a disposizione sufficienti bombardieri per incursioni sulla GERMANIA
e sulle basi aeree in FRANCIA e BELGIO, nazioni occupate dai Tedeschi dal
’40.
Infine, una serie di incursioni pesanti,
sull’INGHILTERRA, avevano danneggiato gravemente le basi aeree e le difese
costiere a est dell’isola; era quindi il momento giusto per sferrare il
colpo mortale?
L’operazione denominata “Leone marino - Unternehmen Seelöwe” doveva
prevedere la distruzione delle stazioni radar e l’impiego di truppe
aviotrasportate, quindi non solo un attacco tramite bombardamenti ma una
vera e propria occupazione dal cielo di truppe paracadutate nei punti
strategici del sistema difensivo inglese.
Egli riteneva sopravvalutato, da parte
dell’Alto comando tedesco, il sistema di difesa costiero inglese e il gran
numero di mine presenti davanti alle coste, questo non avrebbe potuto che
essere efficace solo in parte affondando un numero esiguo di navi tedesche.
Il grosso delle truppe tedesche, impegnate
nell’invasione, sarebbe stato trasportato dai porti francesi tramite delle
gigantesche motozattere, tipo SIEBELFÄHRE SF 40, di cui la Marina tedesca
disponeva in gran numero.
Oltre a questa modalità di trasporto, del
grosso delle truppe di fanteria, era da lui previsto l’impiego di reparti
di paracadutisti (Fallschirmjäger).
KESSELRING aveva persino previsto
dettagliatamente il lancio di paracadutisti nell’ESSEX, nel KENT e nel
SUSSEX allo scopo di creare diversivi su cui la fanteria inglese avrebbe
concentrato la difesa, sguarnendo così la prima linea sulle coste.
Insieme a GOERING, promosse tali piani
verso gli alti comandi dell’Esercito e della Marina ma nei vari incontri
che si svolsero, tra le tre specialità, non scaturirono concreti piani
tattici per dare vita all’Operazione Leone marino.
Cosa curiosa, a cui il feldmaresciallo
nelle sue memorie non riporta una spiegazione di sorta: dopo tali incontri
continuarono i raid aerei sopra l’INGHILTERRA. Quali le ragioni? Forse per
dare un contentino a HITLER?
La serie di raid aerei che si svolsero,
tra il 6 agosto e il 15 settembre del ’40, resta ancora oggi non chiara nei
suoi intenti di conquista dell’isola e, soprattutto, non se ne coglie la
correlazione tattica con quanto l’ammiraglio DOENITZ stata portando avanti
con le flotte di U-BOOTE dirette dal BDU (“Befehlshaber
der U-Boote”).
Sempre secondo il feldmaresciallo, la
gestione degli attacchi aerei era gestita senza un vero e definito progetto
e che lo sbarco non sarebbe di fatto mai avvenuto se non sulla carta e nei
piani (costantemente modificati, nda) che
venivano periodicamente presentati allo stesso HITLER il quale era
impaziente di vedere concreti risultati sul piano militare.
KESSELRING sostiene, nelle sue memorie, di
aver in più occasioni espresso la teoria, a GOERING e HITLER, che l’unica
tattica vincente fosse basata su raid violenti per colpire solo le piste di
volo e la contraerea nemica; successivamente invadere l’isola non tanto
dalle coste ma tramite truppe paracadutate, come prima riportato.
A GOERING fece notare che il dominio dei
cieli, da parte tedesca, sarebbe durato ancora pochi mesi perché, nel
frattempo, gli Inglesi avrebbero prodotto nuovi apparecchi da caccia e un
altrettanto numero di bombardieri a medio e lungo raggio capaci di colpire
le piste tedesche in FRANCIA e BELGIO e soprattutto di colpire i porti
francesi dove, man mano, erano dislocate le motozattere per il trasporto
delle truppe necessarie all’invasione.
Inoltre, non si poteva basare la vittoria
solo sulle forze aeree perché i bombardieri tedeschi avevano, come del
resto i caccia, un’autonomia di volo non sufficiente per raggiungere la
parte nord dell’isola dove erano state dislocate le più importanti
industrie belliche nemiche.
Evidenziò che
gli aerei da caccia inglesi, nel mese di agosto di quell’anno, fossero al
massimo 900 ma sufficienti per ostacolare i bombardieri della LUFTWAFFE e
che il numero di caccia tedeschi, di scorta, fosse quanto mai esiguo.
KESSERLING
suddivise, nelle sue memorie, la Battaglia d’INGHILTERRA in due fasi:
- Agosto –
settembre 1940
Il feldmaresciallo ammise che i piloti
inglesi avevano imparato a fronteggiare i caccia tedeschi con una tattica
di combattimento a distanza. Questa tattica permise agli Inglesi di ridurre
le perdite negli scontri aerei e di essere maggiormente efficaci nel
colpire gli stormi di bombardieri nemici.
In questa prima fase della battaglia,
secondo KESSELRING, giocò un ruolo emotivamente significativo, a vantaggio
dei piloti della RAF, il fatto che si combattesse sopra il loro territorio
e quindi, in caso fossero stati abbattuti, potevano essere recuperati
potendo così da tornare a combattere nel giro anche di poche ore.
I piloti tedeschi invece, se colpiti,
tentavano di rientrare ma il più delle volte precipitavano in mare e
l’unica loro salvezza erano gli aerei di soccorso, sempre ammesso che fosse
stato possibile ammarare dove si trovava il pilota disperso.
CHURCHILL diede ordine di abbattere questi
aerei anche se portavano ben in evidenza croci rosse su fondo bianco.
Decisione quanto mai deplorevole visto che, come lo stesso KESSERLING
commentò, questi aerei tedeschi di soccorso salvarono spesso la vita non
solo ai propri connazionali ma anche a piloti inglesi.
A fine settembre la LUFTWAFFE sarebbe
stata in grado di poter lanciare la fase di invasione tramite truppe
aviotrasportate ma, senza una ragione chiara, l’Alto Comando tedesco decise
di puntare invece sui raid contro le principali città inglesi ed in
particolare su LONDRA.
Il bilancio di questa prima fase giocava
tutto a favore dei Tedeschi visto che il dominio dei cieli era in gran
parte garantito, erano state colpite diverse fabbriche presenti nel sud est
dell’isola e molte città avevano iniziato a sentire i drammatici effetti
dei bombardamenti notturni.
Di fatto, l’INGHILTERRA era nel momento di
massima debolezza; attendere oltre per invaderla sarebbe stata una scelta
nefasta.
- Settembre 1940
– giugno 1941
Per KESSERLING era ormai chiaro che
l’Operazione Leone marino era giunta al suo epilogo.
Gli ordini ricevuti miravano a distruggere
le fabbriche e a fermare i convogli che arrivavano via mare. Ordini che
però erano senza senso in quanto la LUFTWAFFE non disponeva di bombardieri
quadrimotori capaci di poter volare sull’INGHILTERRA percorrendo rotte che
ne impedissero l’intercettazione immediata da parte degli aerei della RAF;
le flottiglie di U-BOOTE erano limitate nel raggio di azione ed erano
totalmente sguarnite di navi appoggio e aerei da ricognizione per
proteggerle dalle navi da guerra inglesi come i cacciatorpediniere.
Le incursioni aeree, quando andavano a
segno, perdevano però di efficacia perché non era poi attuata la prassi di
bombardare nuovamente i medesimi obiettivi con lo scopo quindi di impedirne
il ripristino immediato.
Il problema di avere sempre meno caccia di
scorta riduceva spesso gli effetti di tali bombardamenti. L’assenza di navi
portaerei fu un vero handicap in fase di combattimento nelle acque tra la
FRANCIA e l’INGHILTERRA.
In questa fase, a peggiorare le cose, le
condizioni meteorologiche che con l’arrivo dell’inverno rendevano difficile
il poter colpire, in modo efficace, obiettivi già bombardati.
Il volo in formazione, utile in condizioni
meteo avverse, divenne non più praticabile data la capacità dei piloti
inglesi di rompere tali formazioni e di seminare la confusione tra i
bombardieri e i caccia tedeschi, questi ultimi a protezione dei primi i
quali non avevano a bordo un sistema difensivo di mitragliatrici pari ai
famosi AVRO LANCASTER inglesi.
KESSELRING ha posto poi l’attenzione del
lettore su un aspetto di per sé secondario ma che poi si rivelò portatore
di sventura.
Egli criticava duramente quando la
propaganda nazista sbandierava ai quattro venti quando un raid aveva avuto
successo. Giusta considerazione, mai vantarsi in guerra se no ha guerra
vinta.
Avvenne un episodio, quanto mai
emblematico, che vale la pena di raccontare se non come risvolto curioso di
come, stranamente, profetiche risultarono le parole di monito del
feldmaresciallo alla vana gloria del comandante supremo dell’Aeronautica
tedesca.
Dopo un raid su LONDRA, seguito da terra
dallo stesso GOERING, questi fece alla radio tedesca una allocuzione piena
di trionfalismi e di glorificazione delle grandi capacità della LUFTWAFFE.
La sfortuna però era dietro l’angolo e, come aveva presagito KESSELRING, il
giorno dopo le condizioni meteo furono pessime impedendo così il ripetersi
del raid; ne seguì un tempo sufficiente in cui gli Inglesi poterono
riprendersi e predisporre ulteriori sistemi di difesa sulla città (contraerea
e palloni aerostatici). CHURCHHILL nei giorni successivi, a sua volta
via radio, narrò con toni ironici e tracotanti quanto accaduto e di come le
forze inglesi, grazie al brutto tempo e alla malasorte tedesca, avessero in
breve riparato ai danni di quell’epico raid.
In questa seconda fase della battaglia, i
Tedeschi non fecero nulla (o quasi) per migliorare l’autonomia di
volo dei bombardieri MESSERSCHMITT BF 110, aerei lenti dalla difficile
manovrabilità e scarsamente armati per contrastare i caccia inglesi. Pur se
prodotti in successive versioni, tra cui la più famosa forse fu la ME, tali
aerei non ebbero mai le prestazioni necessarie per colpire il territorio
nemico.
KESSELRING narra che L’ITALIA si propose
di partecipare alla Battaglia d’INGHILTERRA offrendo aerei e piloti del suo
Corpo Aereo Italiano (CAI).
Pur se costituito da piloti volontari e
determinati, si rivelò poco utile in quanto gli aerei da caccia italiani
erano tecnicamente inferiori a quelli inglesi.
I bombardieri italiani non erano dotati di
strumentazione necessaria per il volo notturno così che i piloti, a loro
volta, non avevano esperienza di volo nell’oscurità e i raid diurni erano
impossibili per quei tipi di bombardieri.
In totale, 170 aerei italiani
parteciparono alla Battaglia d’INGHILTERRA; essi costituirono più del
cinque per cento dei 2.500 aerei dell'Asse impegnati nella battaglia contro
la RAF.
Due veloci note in merito agli aerei
forniti dal CAI e impegnati nella battaglia: il piccolo biplano FIAT CR 42
FALCO si dimostrò sorprendentemente agile in combattimento nonostante fosse
di vecchia concezione e con una velocità massima di crociera di 440 km/h e
in diverse occasioni diede del filo da torcere ai gloriosi e ben più
moderni SPITFIRE inglesi; meno fortunato risultò Il FIAT BR 20 "Cicogna"
in quanto dotato anch’esso di una scarsa velocità in combattimento, 450
km/h, e di una altrettanta scarsa dotazione di tre mitragliatrici di bordo
elementi che lo resero vulnerabile alla contraerea nemica e ai caccia
inglesi nonostante potesse trasportare 3.500 libbre di bombe (circa tre
quarti del carico utile di un HEINKEL 111 tedesco).
Tra gennaio ed aprile del ’41 furono
intensificati i bombardamenti ma, con il tipo di bombe allora a
disposizione dei Tedeschi, gli effetti distruttivi erano relativi. I
risultati migliori, secondo il feldmaresciallo, si ottennero con le bombe
incendiarie.
Sempre durante la seconda fase della
battaglia, rimaneva insoluta la necessità di bombardare ripetutamente gli
stessi obiettivi.
Raid distruttivi come quello di COVENTRY
in realtà furono casi isolati e il successo di quell’episodio è legato a
diversi fattori fortunati.
Al processo di NORIMBERGA del 1945, così
come nelle sue memorie, KESSELRING dichiarò che non vi fosse l’intenzione
di colpire obiettivi civili sulla città inglese.
Quello che accadde, su COVENTRY, fu
determinato dal fumo denso creatosi con lo scoppio delle prime bombe
lanciate. I piloti tedeschi le sganciarono con una visuale molto ridotta
colpendo quindi obiettivi civili, involontariamente, per evidenti errori di
puntamento.
KESSELRING descrive come un effetto
“azione - reazione” i raid distruttivi messi in atto dalla LUFTWAFFE. E qui
si evidenzia la sua intenzione di giustificare le accuse che gli furono
mosse durante e dopo la guerra su tale drammatico periodo.
Secondo lui furono gli Inglesi a compiere
i primi raid su obiettivi civili tedeschi e francesi e, conseguentemente,
GOERING decise di rispondere con la stessa moneta colpendo le città inglesi
come LONDRA e COVENTRY.
A sua difesa, e degli altri suoi
sottoposti, KESSELRING sostenne per lungo tempo, soprattutto nelle sue
memorie, che gli ordini di GOERING furono sempre messi in atto in modo
marginale e cercando ogni pretesto affinché sortissero i minori effetti
mortali sulla popolazione civile.
In conclusione, Albert KESSERLING assolse
la LUFTWAFFE da errori strategici e mise in evidenza due importanti
dettagli: la mancanza di coordinazione tra le tre specialità militari fu la
vera causa del fallimento dell’Operazione Leone marino, il secondo
dettaglio riguardò il numero insufficiente di apparecchi sia per il
bombardamento sia per la caccia sottolineando che tecnicamente gli
apparecchi tedeschi si erano dimostrati efficaci in un primo tempo ma,
successivamente, non aggiornati e potenziati per poter reggere il confronto
con la RAF.
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La Battaglia
d’Inghilterra al cinema
Diversi film hanno proposto, a volte
parzialmente, la battaglia e la storia degli uomini che la combatterono.
Le pellicole girate furono diverse, le
prime a fine anni ’40 per arrivare a pochi anni fa dove ovviamente le
riprese aeree, dei combattimenti, sono state quasi sempre realizzate in
digitale.
Le uniformi e velivoli non erano oggetto
di particolari cure durante le riprese dei film, ragione per cui non sempre
sono molto attendibili per riproduzioni modellistiche varie.
Le trame non sono sempre originali e i
finali spesso scontati. Nonostante ciò, specie a cavallo tra gli anni ’60 e
’70, ne furono prodotte diverse con risultati altalenanti.
Il primo film consigliato è “I lunghi
giorni delle aquile” il cui titolo originale è “Battle of Britain” del 1969
e diretto da Guy HAMILTON. La produzione è anglo
americana e quindi con un budget decisamente elevato.
Il film è a colori e vanta una produzione
dai costi elevati sia per l’aver arruolato attori famosi (sir Laurence
OLIVIER, Trevor HOWARD, Michael CAINE, Robert SHAW e Curd
JÜRGENS) sia per l’impiego di apparecchi necessari alle scene dei
duelli aerei.
La trama si basa su un riassunto, a volte
un po' tranchant, degli avvenimenti principali legati alla battaglia sui
cieli d’INGHILTERRA e i relativi protagonisti militari. Altri protagonisti
della pellicola sono sia i piloti inglesi sia quelli tedeschi, raccontati
nelle loro sfumature di aviatori e uomini.
Quasi tutti gli aerei tedeschi presenti
nel film erano in realtà apparecchi in dotazione all’Aeronautica spagnola
di fine anni ‘60.
Il film è quanto mai didascalico e rientra
come stile nel genere “guerra” tipico dei film di fine anni ’60 e ’70.
Un secondo film, stavolta produzione
italiana e con un budget più risicato, è “La Battaglia d’Inghilterra”,
sempre del 1969, diretto da Enzo G. CASTELLARI e che ruberà il titolo al
film “Battle of Britain”, per cui in Italia quest’ultimo fu distribuito con
il titolo “I lunghi giorni delle aquile”.
Vista la ridotta possibilità economica, il
film non è concentrato sulle battaglie aeree ma la sua trama è dedicata a
un racconto più di dettaglio. L'esercito britannico è in rotta, e durante
l'evacuazione di DUNKERQUE alcuni sabotatori tedeschi riescono, mediante
uniformi e documenti sottratti a soldati alleati morti o prigionieri, ad
infiltrarsi nel reparto del capitano Paul STEVENS e raggiungere
l'INGHILTERRA. Scopo della loro missione distruggere le postazioni radar,
consentendo così all'aviazione tedesca di preparare, con massicci
bombardamenti, l'invasione del paese. Il capitano STEVENS scopre
casualmente la presenza dei sabotatori e riceve dallo Stato Maggiore, appoggiato
dal comandante delle forze aeree, generale TAYLOR, l'ingrato incarico di
individuarli e neutralizzarli (fonte WIKIPEDIA). Nonostante tutto il film
regge a sufficienza e non è da classificare tra i B-movie dedicati alla
Seconda Guerra Mondiale. Da vedere in ogni caso.
Terzo film che in parte racconta della
Battaglia d’INGHILTERRA è “Bader il pilota (Reach
for the Sky)” girato nel 1956 diretto da Lewis
Gilbert.
Il film racconta le gesta di Sir Douglas
Robert Steuart BADER aviatore britannico, asso
della RAF durante la Seconda Guerra Mondiale, accreditato di 20 vittorie
aeree, quattro vittorie in comune, sei probabili, una condivisa probabile e
11 aerei nemici danneggiati.
Particolarità di questo pilota era che
riusciva a pilotare, il suo SPITFIRE, nonostante avesse entrambe le gambe
amputate a causa di un incidente aereo avvenuto durante il suo
addestramento. Pellicola in bianco e nero con evidenti messaggi, anche
politici, a favore della RAF.
Quarta pellicola molto interessante ma
introvabile è “Angels One Five”
del 1952 diretto da George More O'FERRALL.
la trama è basata sulla storia di un
giovane pilota della RAF prima e durante la Battaglia d'INGHILTERRA.
Alcune scene del film sono state girate
alla RAF UXBRIDGE, sede di una sala operativa in tempo di guerra.
"Angels One
Five" si riferisce alle parole della
procedura radio RAF, indicando che l'altitudine di un contatto radar è di
15.000 piedi. Il film è stata la prima produzione britannica del dopoguerra
ad affrontare la battaglia oggetto di questo articolo.
Negli ultimi anni sono stati prodotti
altri film dove la realizzazione è stata facilitata dal digitale e quindi
dall’impiego di computer grafica per la realizzazione delle scene dei
duelli aerei.
Si segnala anche il film “Dark Blue World”
del 2001 e diretto da Jan SVĚRÁK.
Racconta le vicende sventurate dei piloti
cecoslovacchi dalla loro fuga dopo l’invasione tedesca del loro paese per
poi passare al loro arruolamento nella RAF e infine il loro internamento
nei gulag sovietici terminata la Seconda Guerra Mondiale.
Il film è di qualità sia per la trama sia
per la recitazione dei vari interpreti.
Lungometraggio poco didascalico nonostante
racconti una parte, della Seconda Guerra Mondiale, quanto mai vera.
“Hurricane” è un film del 2018 diretto da
David BLAIR. Racconta le esperienze di un gruppo di piloti polacchi del
303° Squadron RAF (Dywizjon
303) nella battaglia della GRAN BRETAGNA.
Non è una pellicola che lascia il segno,
sia per quanto riguarda la struttura del film sia per le interpretazioni
dei vari attori. Interessante però per conoscere meglio le vicende dei
piloti polacchi, storie purtroppo drammatiche e poco note.
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