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“La Battaglia d’Inghilterra, 1940 -1941” (Articolo completo)

Maggio – agosto 2020

I diari

La notte in cui Hitler invase la Polonia (1939), Lord Brooke iniziò a scrivere un diario da consegnare poi alla moglie a ricordo dei giorni che la guerra li teneva separati.

In realtà il diario era composto di versi diari, dei volumetti di pelle, che Brooke aveva acquistato in un negozio di Salisbury e facenti parte di materiale per la nave Queen Mary. Ogni volume completato era inviato alla moglie affinché lo conservasse. I diari rivelarono intanto un affetto profondo per la moglie, e difatti egli li indica come “Le mie confidenze serali con Te” e in secondo tempo mostrano le ansie, i momenti di panico e gioia di un ufficiale inglese che molti ritenevano freddo e distaccato dalla guerra e dai sui eventi.

 

Duelli aerei

Da quanto racconta BROOKE, nelle sue memorie, CHURCHILL era sempre smanioso di assistere di persona a duelli aerei sopra la sua testa. Pare che tali duelli lo mettessero di ottimo umore.

 

I limiti del sistema di Dowding

Sebbene a quel tempo fosse il più sofisticato sistema di difesa aerea del mondo, presentava molti limiti. Nella lettura dei dati radar si potevano verificare gravi errori di interpretazione mentre il Corpo Avvistatori non era in grado di seguire le forze attaccanti di notte e col cattivo tempo. Le comunicazioni radio con gli apparecchi in volo risentivano del fatto che la RAF utilizzava ricetrasmittenti in banda HF (alta frequenza), che avevano limiti di portata e, anche utilizzando una rete di ponti radio, gli squadroni erano costretti ad operare all'interno del proprio settore o in uno di quelli adiacenti. Inoltre, le apparecchiature erano limitate a una sola frequenza per squadrone, rendendo così impossibile la comunicazione tra più squadroni. Infine, il sistema per seguire i caccia della RAF, noto come HF/DF o "Huff-Duff", non consentiva l'uso contemporaneo di più di quattro squadroni per settore.

 

Tattica britannica

Il fatto che i caccia tedeschi impegnati in missioni di caccia libera venissero spesso ignorati dal Comando Caccia inglese, conferma che ciò che interessava alla RAF era distruggere i bombardieri. Dowding vigilava affinché i suoi uomini si preoccupassero di distruggere i cacciabombardieri e cercassero di evitare lo scontro diretto con i caccia tedeschi in modo da salvaguardare i velivoli inglesi.

 

Durante la battaglia, alcuni comandanti, in modo particolare Trafford Leigh-Mallory del 12º Gruppo, propose che gli squadroni si riunissero in grosse formazioni (big wing) per attaccare in massa il nemico. I sostenitori di questa tesi affermavano che l'intercettazione da parte di forze consistenti causava maggiori perdite agli attaccanti, riducendo al contempo le proprie. Chi vi si opponeva sottolineava che la formazione di un big wing richiedeva troppo tempo e che quella strategia aumentava il rischio di far sorprendere i caccia a terra in fase di rifornimento. Analisi condotte nel dopoguerra concordano nel ritenere che l'approccio di Dowding e Park fosse il migliore per l'11º Gruppo, che era più vicino alla costa e quindi non aveva a disposizione il tempo necessario a far salire in quota e comporre in formazione un gran numero di aerei.

 

Tattica tedesca

Nel corso della battaglia, la Luftwaffe cambiò in misura notevole le proprie tattiche per cercare di aprirsi un varco nelle difese della RAF. La Luftwaffe attuò sin dall’inizio quella della caccia libera; cercò anche di usare, come esca, piccole formazioni di bombardieri protette da vicino da un gran numero di caccia di scorta. Questa tattica ebbe maggiore successo ma il compito della scorta ravvicinata costringeva i caccia a volare alla stessa quota e velocità dei più lenti bombardieri e con ciò li rendeva più vulnerabili. Le perdite più gravi si ebbero di conseguenza proprio tra le unità di scorta.

Le tattiche standard per i raid divennero presto un amalgama di tecniche diverse. Un caccia libero poteva precedere un attacco, per cercare di sgomberare dagli intercettori la rotta degli incursori. I bombardieri penetravano ad altitudini comprese tra i 10.000 ed i 16.000 piedi (approssimativamente fra i 3.000 ed i 5.000 metri), a volte protetti da una scorta ravvicinata di caccia. Una scorta "distaccata" (copertura in quota) poteva proteggere i bombardieri da una quota superiore e garantiva una protezione a distanza più efficace perché non era costretta alle quote e alle velocità, penalizzanti per i caccia, tenute dalle formazioni dei bombardieri.

 

I caccia tedeschi

Le tattiche della Luftwaffe furono influenzate dalle caratteristiche dei loro caccia, essenzialmente il monomotore Bf 109 e il bimotore Bf 110. I Bf 110 Zerstörer (caccia distruttore) si rivelarono, però, troppo vulnerabili di fronte agli agili caccia monomotore della RAF e ben presto dovettero venire essi stessi scortati. In seguito il loro impiego venne sottoposto a severe restrizioni. L'onere maggiore delle missioni di caccia ricadde quindi sulle spalle dei Bf 109, non adatti a tale tipo di missione a causa della loro autonomia piuttosto scarsa, che ad un certo punto li costringeva ad abbandonare i bombardieri scortati per rientrare o ad accettare il combattimento coi caccia britannici aumentando enormemente il consumo di carburante con tutte le conseguenze del caso.

Nonostante queste limitazioni i Bf 109 si rivelarono combattenti formidabili, grazie soprattutto alle tattiche più moderne impiegate dai piloti tedeschi, nel complesso più esperti dei loro avversari britannici. I Bf 109 erano impiegati in formazioni sciolte a coppie (Rotte) o in quartetti (Schwarm) che permettevano a ciascun membro della formazione di proteggere i propri compagni. La libertà della formazione consentiva incroci rapidi e attacchi estremamente flessibili, con frequente ricorso alla maggiore velocità ascensionale e in picchiata del Bf 109. Le tattiche d'impiego dei caccia vennero peraltro complicate dalle richieste degli equipaggi dei bombardieri che pretendevano una protezione più ravvicinata. I manuali per i piloti da caccia della Luftwaffe scoraggiavano l'eroismo inutile, evidenziando al massimo, invece, l'importanza di attaccare solo quando le probabilità erano a favore del pilota. Questa regola non poteva essere seguita nelle missioni di scorta ravvicinata ai bombardieri, dato che, così facendo, il caccia perdeva la sua flessibilità tattica e il vantaggio della quota.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Galleria 2° Conflitto mondiale

 

Documentazione 2°conflitto mondiale

 

“La Battaglia d’Inghilterra”, La perfida Albione contro il Leone marino

 

Un osservatore della Home Guard sullo sfondo la cattedrale di St. Paul

(National Archives Identifier (NAID) 541899)

 

 Fu uno scontro epocale durato poco meno di un anno, tra l’estate del 1940 e l’inizio del 1941 ma divenne il simbolo della risposta, bellica, al dilagare delle Forze armate tedesche in tutta EUROPA.

 La battaglia d'INGHILTERRA (anche nota come “Battaglia di GRAN BRETAGNA” -“Battle of BRITAIN”) fu la prima grande campagna di guerra a essere combattuta quasi interamente da forze aeree e fu anche l’evento bellico in cui si attuò il concetto di bombardamento aereo massivo, fino allora mai sperimentato. Nel luglio del 1940, gli obiettivi principali tedeschi furono i convogli di rifornimento e i porti; un mese dopo, la LUFTWAFFE (Aviazione militare tedesca) iniziò a colpire gli aeroporti e le infrastrutture della RAF (Royal Air Force). Con il progredire della battaglia, la LUFTWAFFE iniziò a bombardare anche le fabbriche aeronautiche e altre infrastrutture, anche per annientare la volontà di resistenza della popolazione civile inglese.

 

 Lord Alan Francis BROOKE fu protagonista di quella battaglia, le sue memorie furono da lui trascritte nei suoi diari. Oggi giunti a noi, ci permettono di rivivere quel momento cruento ed eroico della Seconda Guerra Mondiale. Fu posto, nel 1940, al comando delle UNITED KINGDOM HOME FORCES con l'incarico di predisporre e mettere in atto dei preparativi anti invasione. Il compito di BROOKE sarebbe stato dunque quello di dirigere l'ordine di battaglia in caso di sbarco diretto, dei Tedeschi, lungo le coste inglesi.

 

Sir Alan Brooke in una foto scattata nel 1942

(Imperial War Museums, collection no. 4905-03)

 

Feldmaresciallo Albert Kesselring in una foto scattata nel 1944

(Bundesarchiv Bild 101I-316-1151-10)

 

 

La premessa

 Il 10 maggio i Tedeschi invasero la FRANCIA e lo stesso giorno Winston CHURCHILL fu nominato primo ministro. La RAF (Royal Air Force) era a corto di piloti addestrati e di aerei ma, malgrado le obiezioni del suo comandante Hugh DOWDING, visto il rischio di lasciare la GRAN BRETAGNA indifesa, Winston CHURCHILL inviò i reparti da caccia a supporto delle operazioni in FRANCIA, dove la RAF subì gravi perdite. I piloti inglesi ebbero però modo di imparare la tecnica aerea di combattimento tedesca; un apprendimento che si rivelerà utile nei mesi successivi quando i duelli aerei sarebbero stati all’ordine del giorno.

 Sir BROOKE, nelle sue memorie, elencava le forze tedesche basandosi sui dati raccolti dal Servizio d’Intelligence:

-       2.000 bombardieri a lungo raggio;

-       1.000 e più bombardieri a medio raggio;

-       1.500 caccia con vario armamento.

 

 Vi era, rispetto alle forze aeree inglesi, un rapporto di 3 a 1. A livello di forze di terra, i Tedeschi contavano su oltre 130 divisioni, 10 delle quali corazzate.

 Gli Inglesi avevano solo 12 divisioni prive di equipaggiamento e a malo modo addestrate. Vi erano altre 14 divisioni di fanteria rientrate dopo la disfatta della Campagna di FRANCIA dotate di quel poco salvato dopo la sconfitta di DUNKERQUE.

 In merito alla disfatta di DUNKERQUE, erano stati perduti 1.200 pezzi di artiglieria pesante e da campagna, 1.350 pezzi di artiglieria antiaerea e cannoni anticarro, 6.400 armi leggere anticarro, 11.000 armi automatiche e 7.500 mezzi motorizzati. BROOKE, nei suoi diari, non riportava anche il numero di carri armati andati persi, di sicuro fu comunque un numero significativo.

 BROOKE temeva tanto l’invasione, della GRAN BRETAGNA, quanto l’isolamento marittimo da parte nemica. Le industrie inglesi dipendevano, per quanto riguardava le materie prime, per il 70% dal traffico navale.

 Nei suoi diari, nel commentare ed elencare la situazione dei blocchi navali tedeschi e del conseguente isolamento dalle colonie del COMMONWEALTH, tracciava anche un quadro della situazione relativa all’Aviazione italiana che avrebbe anch’essa ostacolato il traffico navale nel MEDITERRANEO. Strana lettura della situazione italiana, in piena opposizione con quanto affermava il maresciallo Albert KESSELRING il quale reputava molto bassa la qualità dell’Aeronautica italiana. Per BROOKE anche il valore della Marina militare italiana era reputato valido, ancora oggi ci si domanda su quali basi egli facesse una tale considerazione sopravalutativa.

 Se BROOKE vedeva drammatica la situazione “invasione”, con le forze germaniche che potevano tentare uno sbarco partendo dai porti francesi e da quelli norvegesi, non molto meglio ravvisava il quadro in nord AFRICA dove 55.000 soldati inglesi dovevano fronteggiare gli oltre 400.000 soldati italiani provenienti dalla LIBIA e protetti da 500 aerei già presenti in nord AFRICA.

 La situazione nel MEDITERRANEO era molto preoccupante perché, tolto l’EGITTO, erano rimaste sotto il controllo inglese MALTA e GIBILTERRA che erano, a loro volta, praticamente isolate.

 Tornando al chiodo fisso di Lord BROOKE, cioè l’invasione via mare dell’INGHILTERRA, le forze disponibili a sud dell’isola consistevano solamente nella Quarta Divisione di fanteria e due divisioni territoriali.

 L’invasione dal mare, secondo l’Alto comando inglese, avrebbe avuto luogo lungo un arco costiero che iniziava dal SUSSEX per arrivare fino al GALLES.

 Le truppe della difesa costiera erano poco addestrate, e peggio equipaggiate con armi realizzate durante la Prima Guerra Mondiale; era palese che, in caso di sbarco del nemico, la disfatta sarebbe stata ineludibile.

 

Il maresciallo in capo dell'aviazione della RAF Hugh Dowding nel 1942

(Imperial War Museums, collection no. 4700-27)

 

Il Ministro del Reich per l'Aviazione Hermann Wilhelm Göring nel 1934

(Bundesarchiv Bild 102-15607)

 

Hugh Trenchard nelle vesti di ispettore generale della RAF in Francia nel 1940

(Copyright sconosciuto)

 

 

L’ammiraglio tedesco Erich Raeder

(Bundesarchiv, Bild 146-1980-128-63)

 

Lammiraglio Karl Doenitz con l’ammiraglio italiano Angelo Parona

(Copyright scaduto)

 

BROOKE al comando

 Egli riuscì a non farsi cogliere dalla disperazione per il dover fronteggiare una causa, che già sulla carta, si pronosticava come persa.

 Nel mese di giugno del ’40, egli diede massimo vigore nell’imporre che le forze costiere presenti fossero addestrate all’uso delle armi e alla difesa di linea, fece costruire centinaia di postazioni fortificate a supporto di queste in caso di azione antinvasione. Nell’insieme difensivo poi, seppe anche gestire con dettaglio minuzioso la costituzione di forze navali costiere e la creazione di nuove squadriglie di aerei da caccia.

 CHURCHILL aveva, nei mesi precedenti a quel giugno del ’40, rassicurato la popolazione che il supporto militare della FRANCIA contro l’espansione nazista sarebbe stato vincente e dava come certezza che l’essere circondati dal mare avrebbe impedito ogni tentativo d’invasione. Quell’estate però la situazione si era letteralmente capovolta: la FRANCIA era stata invasa dai Tedeschi e l’isolamento navale iniziava a rendere critica la situazione dei rifornimenti di materie prime e di generi alimentari.

 Chi avrebbe potuto quindi difendere la perfida Albione dall’attacco tedesco?

 E qui entrò in gioco l’Aeronautica di Sua Maestà.

 A cavallo tra i due conflitti, l’Aviazione inglese era certamente cresciuta ma piloti e aerei adesso apparivano palesemente insufficienti.

 Vi erano 42 squadriglie rispetto alle 60 necessarie. Sarebbero state loro a garantire la protezione necessaria mentre via mare gli Americani rifornivano di armi pesanti e leggere le forze terrestri. Gli Americani diedero fondo ai loro magazzini militari presso cui erano inutilizzate armi di ogni genere prodotte durante la Prima Guerra Mondiale, niente di tecnologico ma pur sempre utile per equipaggiare le forze inglesi presso le quali spesso si poteva solo contare su fucili e qualche mitragliatrice.

 BROOKE illustrò dettagliatamente, a CHURCHILL, un progetto per coinvolgere più uomini possibili in forze per la difesa anti invasione; fu costituita la “HOME GUARD” in cui si arruolarono oltre mezzo milione di uomini e donne che fisicamente non sarebbero stati in grado di prestare servizio nell’Esercito regolare.

 CHURCHILL, dalle doti oratorie non di secondo ordine, convinse costoro a combattere per la difesa nazionale incitandoli con il motto “Portane uno con Te”. Furono addestrati al pari di forze militari e come armamento ricevettero armi di ogni genere e provenienti dagli arsenali americani.

 Lo scopo del coinvolgimento dei civili aveva un duplice obiettivo: aumentare la massa di contrasto in caso d’invasione e, in seconda battuta, evitare ciò che era accaduto in FRANCIA dove poche divisioni tedesche erano riuscite a penetrare nei territori strategici in quanto non ostacolate dalla popolazione ma solo dalle divisioni di militari del tutto insufficienti per reggere l’occupazione.

 In INGHILTERRA sarebbe invece stato il popolo a impedire, o almeno a rallentare, l’invasione nazista. Sacrificio e abnegazione, questo si aspettava il loro Primo ministro che prometteva loro “Avrete da me sangue, dolore, lacrime e sacrifici”.

 Nel frattempo, cosa avveniva in GERMANIA? Una guerra contro l’INGHILTERRA non era ciò che in realtà Adolf HITLER voleva; egli era convinto che dopo la sconfitta francese gli Inglesi avrebbero proposto un armistizio e ciò gli avrebbe consentito di rivolgere le sue attenzioni militari contro la RUSSIA.

 Per invogliare, e si fa per dire, gli Inglesi a tale scelta, il giorno in cui fu firmata la resa della FRANCIA, egli fece bombardare l’INGHILTERRA da oltre 100 bombardieri pesanti.

 Nel luglio DEL ‘40 i bombardamenti tedeschi furono intensificati, congiuntamente furono ammassate forze corazzate e mezzi da sbarco nei porti francesi. L’invasione pareva ormai imminente. CHURCHILL non perse l’occasione per dichiarare, in un momento così critico “Combattiamo da soli, ma non per noi soltanto”, segnale evidente che quella guerra avrebbe prima o poi coinvolto sia gli Americani sia i Russi.

 Il Servizio diplomatico tedesco tentava in ogni modo di aprire un dialogo con gli Inglesi, proponendo soluzioni di armistizio che avrebbero permesso all’avversario di mantenere una sua forma di autonomia politica; furono tutti tentativi vani dato che in nessun modo CHURCHILL era disposto a cedere.

 Esasperato dallo stallo della situazione HITLER, il 21 luglio del 1940, diede l’avvio all’operazione militare d’invasione denominata “Leone marino”.

 L’Alto comando militare tedesco aveva sempre tenuto aggiornato un piano d’invasione ideato nel ’36; ne era risultato, da tale studio di fattibilità, che erano necessarie almeno 40 divisioni di fanteria, un grande quantitativo di armi e munizioni nonché un servizio di logistica e rifornimenti mastodontico.

 Quello studio però conteneva un dettaglio da non trascurare assolutamente e fondamentale per la riuscita dell’operazione “Leone marino”: il dominio incontrastato dei cieli.

 Il piano anti invasione inglese era quanto mai superato e convenzionale rispetto ai nuovi metodi di guerra (pensiamo solo alla Blitzkrieg); si basava su una linea difensiva parallela alla costa con impiego di ulteriori reparti di fanteria a difesa di LONDRA e della regione del MIDLAND.

 Lord BROOKE riteneva, tale piano difensivo, ormai superato e noto al nemico. Decise perciò di creare dei reparti mobili per una pronta risposta sulla costa al fine di ributtare in mare i Tedeschi.

 Il 26 luglio diveniva una data significativa per BROOKE: al Ministero della guerra si stabiliva che la tattica contro l’invasione tedesca si sarebbe basata su una immediata controffensiva aerea da parte dei caccia inglesi. Questa decisione fu quanto mai necessaria perché la Marina di Sua Maestà non sarebbe stata in grado, da sola, di contenere uno sbarco avversario via mare.

 La Marina inglese era stata, nel corso degli anni, organizzata in maniera complessa e la maggiore concentrazioni di navi da guerra si trovava dislocata presso le isole ORCADI nel nord della GRAN BRETAGNA.

 Per tali ragioni, non era in grado di difendere con tempestività la parte prossima alla MANICA e ai porti francesi occupati dal nemico, solo la parte nord sarebbe stata difendibile se l’invasione nemica fosse iniziata dalla NORVEGIA.

 Tornando a una valutazione della RAF, nel 1938 contava su poche squadriglie di HURRICANE ma nemmeno su uno SPITFIRE; altro punto debole era l’assenza di stazioni radar e di piste di decollo all’interno dell’isola.

 Dopo due anni di intensa produzione di armamenti ed apparecchiature radar, la situazione era mutata e la RAF disponeva di 49 squadriglie e una efficiente rete di stazioni radar. Piste di decollo e atterraggio furono realizzate ovunque.

 Nonostante lo sforzo produttivo, la differenza nel numero di aeroplani era ancora a favore dei Tedeschi. Basti tenere conto, per dare un’idea delle risorse aeree tedesche, che gli avversari di BROOKE disponevano di basi aeree sia in FRANCIA sia in OLANDA con operativi 1.400 bombardieri e 1.200 caccia.

 

Il sistema di DOWDING (fonte Wikipedia)

 La battaglia di INGHILTERRA fece entrare nella leggenda i caccia della RAF, lo SPITFIRE e l'HURRICANE, ma la vera chiave di volta della difesa inglese fu la complessa organizzazione di avvistamento, comando e controllo che gestì la battaglia, nota come il "Sistema di Dowding", dal nome del suo principale artefice, il Maresciallo dell'Aria (Air Chief Marshall) Sir Hugh DOWDING, comandante del Comando Caccia della RAF.

 I primi rilevamenti degli attaccanti in arrivo provenivano dalle stazioni radar, chiamate in codice Catena Nazionale (Chain Home), che erano distribuite lungo le coste inglesi e che segnalavano l'avvistamento alla Sala Filtro del Comando Caccia. Gli incursori, una volta oltrepassate le stazioni della Rete Nazionale (che avevano le antenne radar puntate verso il mare), erano presi in carico dal Corpo Avvistatori (Observer Corp), che li seguiva da terra utilizzando una rete di osservatori dotati di binocoli. Le informazioni, valutate e integrate dalla Sala Filtro, erano poi passate dalla Sala Operativa del Comando Caccia, a quella del Gruppo e a quelle di tutti i settori interessati.

 Ogni sala operativa aveva il proprio tavolo a mappa (plotting table), ossia grandi mappe sulle quali le formazioni delle forze in campo erano rappresentate da pedine la cui posizione era continuamente aggiornata sulla base delle informazioni che man mano affluivano. Nella sala operativa del gruppo, il controllore di turno decideva quale settore doveva contrastare l'incursione e quanti caccia bisognava far intervenire. Il controllore di settore coordinava le squadriglie alle sue dipendenze, ordinando i vari livelli di prontezza operativa o il decollo su allarme. Di solito, almeno all'inizio della battaglia, i controllori erano ufficiali pilota con esperienza di combattimento.

 

I rifugi per i civili (fonte Royal Air Force Museum)

 L’INGHILTERRA iniziò, a partire dagli anni ’20 e dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, a prendere in considerazione la necessità di rifugi per i civili.

 Ne furono realizzati di diverso tipo, dai più elementari da installare nelle abitazioni fino ai grandi complessi urbani in grado di ospitare migliaia di sfollati. Vediamo i principali:

 

“RIFUGIO ANDERSON”: progettato nel 1938 e intitolato a Sir John ANDERSON, segretario interno durante la battaglia della GRAN BRETAGNA, questo tipo di rifugio antiaereo fu progettato per l'uso in giardino. Se coperto di terra, il riparo dava una certa protezione dai frammenti di proiettili e dalle schegge dei bombardieri, sebbene l'umidità fosse un problema sempre presente. Progettato per ospitare fino a sei persone, il governo li fornì gratuitamente a famiglie a basso reddito e successivamente venduti ad altri a persone più ricche. 1,5 milioni di rifugi di questo tipo furono distribuiti nei mesi immediatamente precedenti lo scoppio della guerra. Alla fine della produzione ne erano stati prodotti 3,6 milioni.

 Destinato esclusivamente come protezione di emergenza, durante i raid aerei, non era raro, però, che venissero usati ogni notte.

“RIFUGIO MORRISON”: le case europee avevano spesso delle cantine; nelle case britanniche erano molto meno frequenti. Ciò portò alla progettazione di una costruzione, a gabbia, che poteva essere utilizzata come rifugio all'interno di una casa. I rifugi di MORRISON erano in scatola di montaggio e il capofamiglia aveva l’onere del montaggio. Ogni confezione aveva 359 parti e tre strumenti per il montaggio. Mezzo milione fu distribuito alla fine del 1941. Altri 100.000 furono forniti nel 1943.

“RIPARO COMUNALE DI STRADA”: fu presto riconosciuto che era necessario proteggere i civili che potevano trovarsi nelle strade o negli spazi pubblici durante un bombardamento aereo. Un grande programma di rifugi comunali di strada fu iniziato nel marzo del 1940. Questi rifugi di superficie erano destinati ad accogliere mediamente cinquanta persone. Problemi con il controllo della loro affidabilità, a causa della loro costruzione affrettata, fecero sì che alcuni non riuscissero a fornire la protezione prevista. Le voci, negative sulla effettiva sicurezza di questi rifugi, iniziarono a circolare e sebbene fossero stati introdotti progetti migliori, diventarono molto impopolari e rimasero poco utilizzati per tutta la guerra.

“STAZIONE DELLA METROPOLITANA”: inizialmente i ministri del Governo nutrivano dubbi sull'uso delle stazioni della metropolitana e dei tunnel sotterranei come rifugi antiaerei. Tuttavia, i londinesi preferivano usare i tunnel e le piattaforme perché si sentivano più sicuri in profondità nel sottosuolo. Le stazioni erano dotate di cuccette per 22.000 persone, fornite di strutture di pronto soccorso e di servizi igienici chimici. Vi erano 124 mense aperte in tutte le parti della rete metropolitana. Furono nominati commissari di protezione, la cui funzione era quella di mantenere l'ordine, fornire pronto soccorso e assistenza in caso di allagamento delle gallerie. Circa 170.000 persone si rifugiarono nei tunnel e nelle stazioni metropolitane durante la seconda guerra mondiale.

 

 

Equipaggi di Junkers Ju 87

(Bundesarchiv Bild 101I-383-0338-03)

 

Piloti inglesi nel 1940

(Central Press/Hulton Archive, via Getty Images)

 

 

 

Immagini di Londra durante lo sfollamento, al centro vengono issati i palloni frenanti, poliziotti inglesi intenti a scavare tra le macerie dopo un raid nazista

(Copyright © 2018 Trustees of the Royal Air Force Museum)

 

 

Inizia la battaglia

 La battaglia d’INGHILTERRA può essere suddivisa in diverse fasi, le quattro principali furono il "Kanalkampf" (attacco del canale) sul Canale della MANICA (10 luglio - 11 agosto), "Adlerangriff" o assalto contro gli aeroporti costieri (12 - 23 agosto), la fase contro gli aeroporti di Fighter Command (24 agosto - 6 settembre) e il passaggio degli attacchi diurni dagli aeroporti e installazioni di caccia alle città britanniche e città (7 settembre fino a ottobre).

 

 L’8 agosto iniziarono le prime azioni aeree verso l’INGHILTERRA e le cronache inglesi riportavano che erano stati abbattuti 49 aerei nemici con una perdita di 20 apparecchi inglesi.

 La LUFTWAFFE sferrò i primi attacchi su DOVER e PORTLAND; furono prese di mira le stazioni radar costiere e man mano si spinsero verso l’interno per colpire gli insediamenti industriali e civili.

 Grazie a un piano industriale attento quanto frenetico, furono prodotti sufficienti aerei da caccia per poter reggere la prima onda d’urto tedesca.

 Il maresciallo dell’Aria, Hugh Caswell Tremenheere DOWDING, nell’agosto del ’40 disponeva di oltre 700 caccia e una generosa scorta di ricambi.

 L’addestramento dei piloti volontari, tanti giovani si proposero, e la riorganizzazione della RAF di fatto fu opera di Lord Hugh TRENCHARD; uomo esperto ma spesso in conflitto per ragioni politiche con CHURCHILL.

 Nonostante i dissapori con il Primo ministro, il suo operato fu significativo per la vittoria della Battaglia d’INGHILTERRA.

 Se a livello di aeronautica la situazione era migliorata, non era così a livello di mezzi corazzati. Degli oltre 700 carri armati inviati in FRANCIA, pochissimi ne erano tornati in patria dopo la disfatta di DUNKERQUE.

 Le fabbriche furono messe sottopressione e, tra giugno e luglio, furono prodotti oltre 300 carri tra medi e pesanti.

 Il nemico non stava certo in attesa che gli Inglesi si organizzassero, iniziò parallelamente una guerra di depistaggi e false informazioni; circolarono voci di una probabile invasione con uno sbarco in SCOZIA come di un imminente sbarco partendo dalla NORVEGIA.

 Il 15 agosto, i Tedeschi, diedero via all’operazione ”ADLERANGRIFF” (“Attacco dell’Aquila”); 1.800 aerei, di cui 1.300 caccia, attaccarono a ondate successive sul sud dell’INGHILTERRA.

 Il piano della LUFTWAFFE era composto di due fasi: la prima consisteva nell’attaccare gli stormi di SPITFIRE e HURRICANE portandoli fuori portata dell’isola, la seconda parte vedeva il volo diretto dei bombardieri sui vari obiettivi ma con una scorta composta da un numero minore di caccia di appoggio. Il piano non funzionò in quanto DOWDING dispose affinché sette squadriglie rimanessero disponibili una volta individuati i bombardieri tedeschi.

 Le perdite tedesche furono significative, il 25% degli aerei furono abbattuti e i bombardamenti previsti sortirono effetti molto marginali.

 Il capo supremo della LUFTWAFFE, Hermann GÖRING, rimaste esterrefatto per il fallimento della missione, tanto più che il numero di ufficiali morti in azione risultò alto e questo lo portò alla decisione che mai più ufficiali avrebbero fatto parte degli equipaggi dei bombardieri.

 Si può affermare che il 15 agosto del 1940 è da considerarsi la data della prima sconfitta tedesca durante la Battaglia d’INGHILTERRA.

 Rabbioso quanto mai, GÖRING ordinò un secondo attacco di 1.700 aerei il giorno dopo ma, a parte altri bombardieri tedeschi abbattuti, non sortì effetti negativi per gli Inglesi. Quando uno si ostina…

 Le reazioni di HITLER, a determinati fallimenti militari, erano note e GÖRING fu colto dalla paura di ordinare altri raid fallimentari; la conseguenza di tale paura fu il cessare gli attacchi alle stazioni radar all’interno dell’isola.

Gli Inglesi godettero di un periodo relativamente tranquillo dopo la prima metà di agosto, certo i bombardamenti continuavano ma con meno impeto. Inoltre l’operazione Leone marino non aveva sviluppi significativi. Le ragioni di ciò erano dovute alle diverse posizioni che l’HEER aveva rispetto alla KRIEGSMARINE. A parte le strategie tra loro differenti, ognuno dei rispettivi comandanti procrastinava nell’attuazione dell’operazione invasione, ovviamente imputando tali ritardi a ragioni meteorologiche oppure logistiche.

 Allora HITLER decise autonomamente su come procedere, giusto per scrollare la situazione e dare il via a questa operazione che di fatto pareva molto lineare nella teoria e sulle carte nautiche. Stabilì che 11 divisioni sarebbero state sufficienti per sbarcare tra NORTH FORELAND e l’isola di WIGHT. HITLER forse aveva calcolato male le risorse necessarie per l’invasione ma ci indovinò sul momento in cui attuarla, ossia ai primi di settembre.

 In generale, l’Alto comando tedesco non fu mai informato del fatto che la RAF era a corto di piloti e che un buon 30% di loro era stato ucciso o ferito gravemente tra giugno e settembre di quell’anno.

 Tornando alla fine di agosto, in quei giorni le prime bombe colpirono pesantemente LONDRA e il panico iniziò a proliferare tra i suoi abitanti, finora rimasti tranquilli sulla base delle affermazioni di CHURCHILL.

 Visto che i bombardamenti all’interno iniziavano a essere sempre più mirati, e conseguentemente efficaci, BROOKE sospettò che l’invasione non fosse poi così lontana come data anche se l’autunno si stava avvicinando e con esso le piogge sulla MANICA.

 Fu allora scelta la parola d’ordine per indicare che l’invasione era in atto: “Cromwell”. Per la cronaca e per i più ghiotti di aneddoti, non fu mai trasmessa durante tutta la guerra, nemmeno per errore.

 BROOKE decise di organizzare diversi voli di ricognizione su FRANCIA, BELGIO, OLANDA e NORVEGIA per avere un quadro di quale fosse il grado di preparazione tedesca: navi da battaglia, numero di chiatte per il trasporto uomini, aerei e logistica dei rifornimenti.

 Le foto aeree rivelarono un forte assembramento di navi e uomini presso i porti francesi e olandesi. Per dare una misura di quanto aumentasse progressivamente il grado di preparazione tedesco basti citare alcune cifre: presso il porto di OSTENDA il 31 agosto vi erano ormeggiate 18 navi, il 2 settembre le navi erano diventate 70 e il 6 dello stesso mese 205!

 Visto quanto era in progredire, il 2 settembre BROOKE dichiarò lo stato di preallarme d’invasione mobilitando le difese di terra e soprattutto intensificando le ricognizioni sui vari porti ad alta concentrazione di truppe nemiche.

 CHURCHILL decise di dare un segno, ai Tedeschi ma anche ai suoi connazionali, che le Forze militari inglesi erano pronte a colpire in qualsiasi momento e non solo quindi disposte a difendere l’isola. Ordinò un bombardamento su BERLINO, che distava ben sei volte la distanza che vi era tra i Tedeschi sulla costa francese e LONDRA, allo scopo più propagandistico che per ragioni militari. La notte del 25 agosto, 81 bombardieri pesanti colpirono la periferia della città. L’effetto sorpresa, sperato dal Primo ministro, ci fu e persino HITLER fu colto da nuove paure; era la dimostrazione che la GERMANIA non era così al sicuro e soprattutto che la RAF era quanto mai potente e in grado di colpire al momento giusto.

 Durante la battaglia, il Comando Fighter della RAF difese le Isole britanniche dagli attacchi tedeschi, ma fu lasciato al Comando Bombardieri della RAF mantenere la lunga fiducia nella Dottrina di TRENCHARD sui bombardamenti strategici secondo cui, l'attacco, era la migliore forma di difesa. Il Comando Bombardieri, sebbene poco equipaggiato con apparecchi medi e privo di tecnologia sufficiente per bombardare con precisione, attaccò continuamente obiettivi militari e industriali tedeschi.

 Tuttavia, l'apparenza di combattere il nemico sullo stesso piano era importante tanto per aumentare il morale della popolazione britannica quanto lo era il danno reale inflitto al nemico.

 Come la RAF, la LUFTWAFFE ebbe l’incarico di creare una valida difesa da combattimento notturno. In questi primi giorni le avverse condizioni meteorologiche e le difese nemiche erano responsabili di molte perdite britanniche. È discutibile quanto siano stati efficaci gli attentati dinamitardi contro gli obiettivi industriali tedeschi in quel momento ma, certamente, la campagna implacabile condotta dai bombardieri della RAF, contro campi di aviazione tedeschi, porti di invasione, chiatte e navi in FRANCIA, BELGIO e OLANDA fecero saltare piani di invasione di HITLER.

 Il Comando Bombardieri subì perdite più pesanti di qualsiasi altro comando RAF durante la Battaglia d'INGHILTERRA, con un totale di 718 caduti. Il Battle Bomber Command si affidò a bombardieri medi come BLENHEIM, HAMPDEN, WELLINGTON e WHITLEY per portare la lotta in GERMANIA.

 Tramite le fotografie aeree, nelle ricognizioni sui porti occupati dai Tedeschi, furono identificate le chiatte necessarie per l’invasione. Queste chiatte furono un obiettivo primario per il Bomber Command durante la Battaglia d'INGHILTERRA e il danno che loro inflissero fu un fattore determinante nella decisione di HITLER di rimandare l'invasione della GRAN BRETAGNA il 17 settembre del ’40.

 

 

Supermarine Spitfire Mk IX of No. 611 Squadron (West Lancashire)

(Official U.S. Air Force photo no. 080306-f-3927A-060)

 

Messerschmitt Me 109

(Bundesarchiv, Bild 101I-662-6659-37)

 

Lo Junkers Ju 88 fu il primo aereo bombardiere a colpire l’Inghilterra

(Bundesarchiv, Bild 101I-407-0686-39)

 

 

Arriva l’autunno

 Il continuo esitare dei Tedeschi fu tempo utile per dare a BROOKE la certezza di aver messo in campo ogni mezzo per contrastare l’invasione dal mare come dai cieli.

 L’8 settembre la LUFTWAFFE tornava ad attaccare LONDRA bombardando anche lungo il TAMIGI. Su LONDRA in particolare, 250 bombardieri tedeschi sganciavano 350 tonnellate di bombe dirompenti e 1.300 tonnellate di tipo incendiario. Il risultato fu devastante per la popolazione e le strutture produttive.

 BROOKE era in quei momenti al limite del collasso nervoso, difficile riuscire a difendere LONDRA di fronte a determinati raid notturni.

 A peggiorare il tutto, l’incubo dell’invasione dal mare; BROOKE mette sotto il controspionaggio e il servizio spionistico: trovare spie tedesche che danno informazioni utili per lo sbarco e scoprire, tramite il servizio spionistico, le possibili date dell’invasione. Secondo il servizio di spionaggio inglese, i Tedeschi progettano di sbarcare nelle zone del KENT e dell’Anglia dell’est, le date possibili sono l’8 o il 10 settembre. La soffiata però si rivela falsa, anche se ancora nella giornata dell’11 i Tedeschi continuano, tramite ENIGMA (macchina meccanica per codificare e decodificare messaggi), a indicare imminente lo sbarco.

 Il 12 settembre altri messaggi in codice indicano sempre imminente l’invasione tedesca sull’estuario del TAMIGI, ma la notizia è quanto mai infondata. Si suppose, allora, che tali messaggi avessero solo lo scopo di creare una forte tensione tra i comandanti inglesi. Questi messaggi continuarono a essere trasmessi tra le forze tedesche ma ormai era chiaro che si trattassero di bluff continui e senza fondamento.

 Anche in quei giorni, CHURCHILL reagisce alle provocazioni nemiche parlando alla radio inglese; parla di HITLER e MUSSOLINI con toni sprezzanti e sarcastici rassicurando la popolazione che l’invasione non avrà mai luogo.

 HITLER, sempre più intollerante dei continui ritardi dell’operazione Leone marino, prende di punta l’ammiraglio Erich RAEDER che alla fine gli comunica la data del 24 settembre come quella scelta.

 Gli Inglesi intanto fanno acquisti di cacciatorpediniere dagli STATI UNITI, ne comprarono 50 e di produzione Prima Guerra Mondiale. Certo non erano modelli all’avanguardia ma, opportunamente rimodernati, permisero di controllare le coste verso la MANICA.

 La RAF attaccava freneticamente i porti francesi e olandesi per affondare le chiatte necessarie al trasporto truppe.

 L’ammiraglio RAEDER chiese allora a HITLER una ulteriore data per lo sbarco, precisando che se la RAF non fosse stata decimata lo sbarco non sarebbe mai stato possibile.

 HITLER convocò GÖRING e gli intimò di dare seguito al più grande attacco aereo che fosse stato mai possibile attuare; scopo: distruggere le basi aeree e radar, con i bombardieri risalire il corso del TAMIGI e radere a zero qualsiasi cosa fosse sotto le pance dei bombardieri nazisti.

 Oltre 1.000 aerei, in diverse ondate, il 14 settembre fecero piovere tonnellate di bombe sulle teste di CHURCHILL e BROOKE; la RAF, però, non rimase a guardare e diede filo da torcere ai Tedeschi.

 Furono distrutti una sessantina di aerei tedeschi contro solo 24 aerei inglesi.

 Il 17 settembre questo interminabile susseguirsi di bombardamenti cessò; pur se colpita duramente l’INGHILTERRA non era stata messa in ginocchio.

 Questo fu l’ultimo bombardamento convenzionale sull’isola; il cambio di stagione e il significativo numero di aerei abbattuti convinse HITLER a desistere sia dall’idea di invasione, che fu rimandata all’anno successivo, sia da quella di piegare il nemico con i raid aerei.

 Con l’arrivo dei venti equinoziali e il rafforzarsi della RAF, HITLER decise di mettere la parola fine all’operazione Leone marino il 12 ottobre del 1940.

 

 

 

Una delle versioni con cannoni da 88 mm delle motozattere tipo Siebelfähre SF 40

(Copyright sconosciuto)

 

 

Un Messerschmitt Me 110, derivato dal BF 110, era un bombardiere bimotore decisamente inferiore ai corrispettivi Avro 683 Lancaster inglese

(Bundesarchiv Bild 101I-360-2095-15).

 

 

Il bombardiere bimotore medio Heinkel He 111.

(Bundesarchiv Bild 101I-385-0593-05).

 

 

Avro 683 Lancaster inglese (Copyright defenceimagery.mod.uk)

 

 

Il biplano Fiat CR 42 Falco (Copyright sconosciuto).

 

 

Il Fiat BR 20 "Cicogna" era un bombardiere medio bimotore nato nel 1936 e che fu in uso durante la Battagli d’Inghilterra (Copyright sconosciuto).

 

 

Un FIAT GR50 con al fianco un Messerschmitt Me 110 (Copyright sconosciuto).

 

 

Adolf Galland, sulla sinistra, è stato uno tra i comandanti della Luftwaffe impegnati durante la Battaglia d’Inghilterra ((Bundesarchiv Bild 183-H28427).

 

 

Il colonnello Werner Mölders, asso tedesco della caccia con il suo Messerschmitt Bf 109 F-2. Morì nel 1941 non durante un combattimento ma a causa di un incedente di volo durante un trasferimento (Bundesarchiv, Bild 146-1971-116-29 / CC-BY-SA 3.0).

 

 

L’asso tedesco Joachim Müncheberg con i gradi di maggiore e al collo la Croce di ferro con foglie di quercia e spade

(Copyright Ministero del Tesoro della Polonia)

 

La Battaglia d’Inghilterra nelle memorie del feldmaresciallo

Albert KESSELRING

 Nelle sue memorie pubblicate successivamente alla fine del Secondo conflitto mondiale (GARZANTI, 1954), il feldmaresciallo esordì commentando che la Battaglia d’INGHILTERRA fallì per la mancanza di un vero piano strategico da parte tedesca. Le critiche, nel capitolo dedicato a questa battaglia, sono tante e alcune forse autodifensive del suo operato nel periodo tra il 1940 e il 1941.

 Il piano d’invasione era stato realizzato nel 1936 dall’ufficio competente del Ministero della Difesa tedesco ma, tale piano, non fu aggiornato a fronte dell’invasione dell’EUROPA ovest che HITLER aveva messo repentinamente in atto dal 1940 in poi.

 KESSELRING, nelle sue memorie, sosteneva che HITLER non era intenzionato realmente a invadere l’INGHILTERRA ma, piuttosto, propenso a una pace per la spartizione del controllo europeo perché il vero obiettivo era l’occupazione dei paesi dell’est europeo e successivamente l’invasione dell’UNIONE SOVIETICA.

 Per tale ragione, il piano originale non fu mai aggiornato secondo le nuove esigenze strategiche e sulle effettive capacità dei mezzi in dotazione alla LUFTWAFFE. In breve, si può affermare che il primo a non credere nell’occupazione della GRAN BRETAGNA fosse lo stesso Fuhrer.

 Se l’Esercito tedesco (HEER) era scettico in merito a tale piano, la Marina militare (KRIEGSMARINE), tramite l’ammiraglio READER, osteggiava la sola idea di mettersi contro l’INGHILTERRA con il probabile rischio di vedere la nascita di una coalizione di varie nazioni, tra cui gli STATI UNITI, pronta a impedire tale piano d’invasione.

 E, con il senno del poi, aveva tutte le ragioni del mondo a sostenere ciò. Non in tutte le forze armate vi era la medesima posizione però.

 Per la LUFTWAFFE invece (e qui KESSELRING prende a sua volta posizione a post evento), era il momento giusto di attaccare dato lo scarso armamento aereo a disposizione della RAF.

 Inoltre, l’apparato aereo inglese non aveva a disposizione sufficienti bombardieri per incursioni sulla GERMANIA e sulle basi aeree in FRANCIA e BELGIO, nazioni occupate dai Tedeschi dal ’40.

 Infine, una serie di incursioni pesanti, sull’INGHILTERRA, avevano danneggiato gravemente le basi aeree e le difese costiere a est dell’isola; era quindi il momento giusto per sferrare il colpo mortale?

 L’operazione denominata “Leone marino - Unternehmen Seelöwe” doveva prevedere la distruzione delle stazioni radar e l’impiego di truppe aviotrasportate, quindi non solo un attacco tramite bombardamenti ma una vera e propria occupazione dal cielo di truppe paracadutate nei punti strategici del sistema difensivo inglese.

 Egli riteneva sopravvalutato, da parte dell’Alto comando tedesco, il sistema di difesa costiero inglese e il gran numero di mine presenti davanti alle coste, questo non avrebbe potuto che essere efficace solo in parte affondando un numero esiguo di navi tedesche.

 Il grosso delle truppe tedesche, impegnate nell’invasione, sarebbe stato trasportato dai porti francesi tramite delle gigantesche motozattere, tipo SIEBELFÄHRE SF 40, di cui la Marina tedesca disponeva in gran numero.

 Oltre a questa modalità di trasporto, del grosso delle truppe di fanteria, era da lui previsto l’impiego di reparti di paracadutisti (Fallschirmjäger).

 KESSELRING aveva persino previsto dettagliatamente il lancio di paracadutisti nell’ESSEX, nel KENT e nel SUSSEX allo scopo di creare diversivi su cui la fanteria inglese avrebbe concentrato la difesa, sguarnendo così la prima linea sulle coste.

 Insieme a GOERING, promosse tali piani verso gli alti comandi dell’Esercito e della Marina ma nei vari incontri che si svolsero, tra le tre specialità, non scaturirono concreti piani tattici per dare vita all’Operazione Leone marino.

 Cosa curiosa, a cui il feldmaresciallo nelle sue memorie non riporta una spiegazione di sorta: dopo tali incontri continuarono i raid aerei sopra l’INGHILTERRA. Quali le ragioni? Forse per dare un contentino a HITLER?

 La serie di raid aerei che si svolsero, tra il 6 agosto e il 15 settembre del ’40, resta ancora oggi non chiara nei suoi intenti di conquista dell’isola e, soprattutto, non se ne coglie la correlazione tattica con quanto l’ammiraglio DOENITZ stata portando avanti con le flotte di U-BOOTE dirette dal BDU (“Befehlshaber der U-Boote”).

 Sempre secondo il feldmaresciallo, la gestione degli attacchi aerei era gestita senza un vero e definito progetto e che lo sbarco non sarebbe di fatto mai avvenuto se non sulla carta e nei piani (costantemente modificati, nda) che venivano periodicamente presentati allo stesso HITLER il quale era impaziente di vedere concreti risultati sul piano militare.

 KESSELRING sostiene, nelle sue memorie, di aver in più occasioni espresso la teoria, a GOERING e HITLER, che l’unica tattica vincente fosse basata su raid violenti per colpire solo le piste di volo e la contraerea nemica; successivamente invadere l’isola non tanto dalle coste ma tramite truppe paracadutate, come prima riportato.

 A GOERING fece notare che il dominio dei cieli, da parte tedesca, sarebbe durato ancora pochi mesi perché, nel frattempo, gli Inglesi avrebbero prodotto nuovi apparecchi da caccia e un altrettanto numero di bombardieri a medio e lungo raggio capaci di colpire le piste tedesche in FRANCIA e BELGIO e soprattutto di colpire i porti francesi dove, man mano, erano dislocate le motozattere per il trasporto delle truppe necessarie all’invasione.

 Inoltre, non si poteva basare la vittoria solo sulle forze aeree perché i bombardieri tedeschi avevano, come del resto i caccia, un’autonomia di volo non sufficiente per raggiungere la parte nord dell’isola dove erano state dislocate le più importanti industrie belliche nemiche.

Evidenziò che gli aerei da caccia inglesi, nel mese di agosto di quell’anno, fossero al massimo 900 ma sufficienti per ostacolare i bombardieri della LUFTWAFFE e che il numero di caccia tedeschi, di scorta, fosse quanto mai esiguo.

 

KESSERLING suddivise, nelle sue memorie, la Battaglia d’INGHILTERRA in due fasi:

- Agosto – settembre 1940

 Il feldmaresciallo ammise che i piloti inglesi avevano imparato a fronteggiare i caccia tedeschi con una tattica di combattimento a distanza. Questa tattica permise agli Inglesi di ridurre le perdite negli scontri aerei e di essere maggiormente efficaci nel colpire gli stormi di bombardieri nemici.

 In questa prima fase della battaglia, secondo KESSELRING, giocò un ruolo emotivamente significativo, a vantaggio dei piloti della RAF, il fatto che si combattesse sopra il loro territorio e quindi, in caso fossero stati abbattuti, potevano essere recuperati potendo così da tornare a combattere nel giro anche di poche ore.

 I piloti tedeschi invece, se colpiti, tentavano di rientrare ma il più delle volte precipitavano in mare e l’unica loro salvezza erano gli aerei di soccorso, sempre ammesso che fosse stato possibile ammarare dove si trovava il pilota disperso.

 CHURCHILL diede ordine di abbattere questi aerei anche se portavano ben in evidenza croci rosse su fondo bianco. Decisione quanto mai deplorevole visto che, come lo stesso KESSERLING commentò, questi aerei tedeschi di soccorso salvarono spesso la vita non solo ai propri connazionali ma anche a piloti inglesi.

 A fine settembre la LUFTWAFFE sarebbe stata in grado di poter lanciare la fase di invasione tramite truppe aviotrasportate ma, senza una ragione chiara, l’Alto Comando tedesco decise di puntare invece sui raid contro le principali città inglesi ed in particolare su LONDRA.

 Il bilancio di questa prima fase giocava tutto a favore dei Tedeschi visto che il dominio dei cieli era in gran parte garantito, erano state colpite diverse fabbriche presenti nel sud est dell’isola e molte città avevano iniziato a sentire i drammatici effetti dei bombardamenti notturni.

 Di fatto, l’INGHILTERRA era nel momento di massima debolezza; attendere oltre per invaderla sarebbe stata una scelta nefasta.

 

- Settembre 1940 – giugno 1941

 Per KESSERLING era ormai chiaro che l’Operazione Leone marino era giunta al suo epilogo.

 Gli ordini ricevuti miravano a distruggere le fabbriche e a fermare i convogli che arrivavano via mare. Ordini che però erano senza senso in quanto la LUFTWAFFE non disponeva di bombardieri quadrimotori capaci di poter volare sull’INGHILTERRA percorrendo rotte che ne impedissero l’intercettazione immediata da parte degli aerei della RAF; le flottiglie di U-BOOTE erano limitate nel raggio di azione ed erano totalmente sguarnite di navi appoggio e aerei da ricognizione per proteggerle dalle navi da guerra inglesi come i cacciatorpediniere.

 Le incursioni aeree, quando andavano a segno, perdevano però di efficacia perché non era poi attuata la prassi di bombardare nuovamente i medesimi obiettivi con lo scopo quindi di impedirne il ripristino immediato.

 Il problema di avere sempre meno caccia di scorta riduceva spesso gli effetti di tali bombardamenti. L’assenza di navi portaerei fu un vero handicap in fase di combattimento nelle acque tra la FRANCIA e l’INGHILTERRA.

 In questa fase, a peggiorare le cose, le condizioni meteorologiche che con l’arrivo dell’inverno rendevano difficile il poter colpire, in modo efficace, obiettivi già bombardati.

 Il volo in formazione, utile in condizioni meteo avverse, divenne non più praticabile data la capacità dei piloti inglesi di rompere tali formazioni e di seminare la confusione tra i bombardieri e i caccia tedeschi, questi ultimi a protezione dei primi i quali non avevano a bordo un sistema difensivo di mitragliatrici pari ai famosi AVRO LANCASTER inglesi.

 KESSELRING ha posto poi l’attenzione del lettore su un aspetto di per sé secondario ma che poi si rivelò portatore di sventura.

 Egli criticava duramente quando la propaganda nazista sbandierava ai quattro venti quando un raid aveva avuto successo. Giusta considerazione, mai vantarsi in guerra se no ha guerra vinta.

 Avvenne un episodio, quanto mai emblematico, che vale la pena di raccontare se non come risvolto curioso di come, stranamente, profetiche risultarono le parole di monito del feldmaresciallo alla vana gloria del comandante supremo dell’Aeronautica tedesca.

 Dopo un raid su LONDRA, seguito da terra dallo stesso GOERING, questi fece alla radio tedesca una allocuzione piena di trionfalismi e di glorificazione delle grandi capacità della LUFTWAFFE. La sfortuna però era dietro l’angolo e, come aveva presagito KESSELRING, il giorno dopo le condizioni meteo furono pessime impedendo così il ripetersi del raid; ne seguì un tempo sufficiente in cui gli Inglesi poterono riprendersi e predisporre ulteriori sistemi di difesa sulla città (contraerea e palloni aerostatici). CHURCHHILL nei giorni successivi, a sua volta via radio, narrò con toni ironici e tracotanti quanto accaduto e di come le forze inglesi, grazie al brutto tempo e alla malasorte tedesca, avessero in breve riparato ai danni di quell’epico raid.

 In questa seconda fase della battaglia, i Tedeschi non fecero nulla (o quasi) per migliorare l’autonomia di volo dei bombardieri MESSERSCHMITT BF 110, aerei lenti dalla difficile manovrabilità e scarsamente armati per contrastare i caccia inglesi. Pur se prodotti in successive versioni, tra cui la più famosa forse fu la ME, tali aerei non ebbero mai le prestazioni necessarie per colpire il territorio nemico.

 KESSELRING narra che L’ITALIA si propose di partecipare alla Battaglia d’INGHILTERRA offrendo aerei e piloti del suo Corpo Aereo Italiano (CAI).

 Pur se costituito da piloti volontari e determinati, si rivelò poco utile in quanto gli aerei da caccia italiani erano tecnicamente inferiori a quelli inglesi.

 I bombardieri italiani non erano dotati di strumentazione necessaria per il volo notturno così che i piloti, a loro volta, non avevano esperienza di volo nell’oscurità e i raid diurni erano impossibili per quei tipi di bombardieri.

 In totale, 170 aerei italiani parteciparono alla Battaglia d’INGHILTERRA; essi costituirono più del cinque per cento dei 2.500 aerei dell'Asse impegnati nella battaglia contro la RAF.

 Due veloci note in merito agli aerei forniti dal CAI e impegnati nella battaglia: il piccolo biplano FIAT CR 42 FALCO si dimostrò sorprendentemente agile in combattimento nonostante fosse di vecchia concezione e con una velocità massima di crociera di 440 km/h e in diverse occasioni diede del filo da torcere ai gloriosi e ben più moderni SPITFIRE inglesi; meno fortunato risultò Il FIAT BR 20 "Cicogna" in quanto dotato anch’esso di una scarsa velocità in combattimento, 450 km/h, e di una altrettanta scarsa dotazione di tre mitragliatrici di bordo elementi che lo resero vulnerabile alla contraerea nemica e ai caccia inglesi nonostante potesse trasportare 3.500 libbre di bombe (circa tre quarti del carico utile di un HEINKEL 111 tedesco).

 Tra gennaio ed aprile del ’41 furono intensificati i bombardamenti ma, con il tipo di bombe allora a disposizione dei Tedeschi, gli effetti distruttivi erano relativi. I risultati migliori, secondo il feldmaresciallo, si ottennero con le bombe incendiarie.

 Sempre durante la seconda fase della battaglia, rimaneva insoluta la necessità di bombardare ripetutamente gli stessi obiettivi.

 Raid distruttivi come quello di COVENTRY in realtà furono casi isolati e il successo di quell’episodio è legato a diversi fattori fortunati.

 Al processo di NORIMBERGA del 1945, così come nelle sue memorie, KESSELRING dichiarò che non vi fosse l’intenzione di colpire obiettivi civili sulla città inglese.

 Quello che accadde, su COVENTRY, fu determinato dal fumo denso creatosi con lo scoppio delle prime bombe lanciate. I piloti tedeschi le sganciarono con una visuale molto ridotta colpendo quindi obiettivi civili, involontariamente, per evidenti errori di puntamento.

 KESSELRING descrive come un effetto “azione - reazione” i raid distruttivi messi in atto dalla LUFTWAFFE. E qui si evidenzia la sua intenzione di giustificare le accuse che gli furono mosse durante e dopo la guerra su tale drammatico periodo.

 Secondo lui furono gli Inglesi a compiere i primi raid su obiettivi civili tedeschi e francesi e, conseguentemente, GOERING decise di rispondere con la stessa moneta colpendo le città inglesi come LONDRA e COVENTRY.

 A sua difesa, e degli altri suoi sottoposti, KESSELRING sostenne per lungo tempo, soprattutto nelle sue memorie, che gli ordini di GOERING furono sempre messi in atto in modo marginale e cercando ogni pretesto affinché sortissero i minori effetti mortali sulla popolazione civile.

 In conclusione, Albert KESSERLING assolse la LUFTWAFFE da errori strategici e mise in evidenza due importanti dettagli: la mancanza di coordinazione tra le tre specialità militari fu la vera causa del fallimento dell’Operazione Leone marino, il secondo dettaglio riguardò il numero insufficiente di apparecchi sia per il bombardamento sia per la caccia sottolineando che tecnicamente gli apparecchi tedeschi si erano dimostrati efficaci in un primo tempo ma, successivamente, non aggiornati e potenziati per poter reggere il confronto con la RAF.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Battaglia d’Inghilterra al cinema

 Diversi film hanno proposto, a volte parzialmente, la battaglia e la storia degli uomini che la combatterono.

 Le pellicole girate furono diverse, le prime a fine anni ’40 per arrivare a pochi anni fa dove ovviamente le riprese aeree, dei combattimenti, sono state quasi sempre realizzate in digitale.

 Le uniformi e velivoli non erano oggetto di particolari cure durante le riprese dei film, ragione per cui non sempre sono molto attendibili per riproduzioni modellistiche varie.

 Le trame non sono sempre originali e i finali spesso scontati. Nonostante ciò, specie a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, ne furono prodotte diverse con risultati altalenanti.

 

 Il primo film consigliato è “I lunghi giorni delle aquile” il cui titolo originale è “Battle of Britain” del 1969 e diretto da Guy HAMILTON. La produzione è anglo americana e quindi con un budget decisamente elevato.

 Il film è a colori e vanta una produzione dai costi elevati sia per l’aver arruolato attori famosi (sir Laurence OLIVIER, Trevor HOWARD, Michael CAINE, Robert SHAW e Curd JÜRGENS) sia per l’impiego di apparecchi necessari alle scene dei duelli aerei.

 La trama si basa su un riassunto, a volte un po' tranchant, degli avvenimenti principali legati alla battaglia sui cieli d’INGHILTERRA e i relativi protagonisti militari. Altri protagonisti della pellicola sono sia i piloti inglesi sia quelli tedeschi, raccontati nelle loro sfumature di aviatori e uomini.

 Quasi tutti gli aerei tedeschi presenti nel film erano in realtà apparecchi in dotazione all’Aeronautica spagnola di fine anni ‘60.

 Il film è quanto mai didascalico e rientra come stile nel genere “guerra” tipico dei film di fine anni ’60 e ’70.

 

 Un secondo film, stavolta produzione italiana e con un budget più risicato, è “La Battaglia d’Inghilterra”, sempre del 1969, diretto da Enzo G. CASTELLARI e che ruberà il titolo al film “Battle of Britain”, per cui in Italia quest’ultimo fu distribuito con il titolo “I lunghi giorni delle aquile”.

 Vista la ridotta possibilità economica, il film non è concentrato sulle battaglie aeree ma la sua trama è dedicata a un racconto più di dettaglio. L'esercito britannico è in rotta, e durante l'evacuazione di DUNKERQUE alcuni sabotatori tedeschi riescono, mediante uniformi e documenti sottratti a soldati alleati morti o prigionieri, ad infiltrarsi nel reparto del capitano Paul STEVENS e raggiungere l'INGHILTERRA. Scopo della loro missione distruggere le postazioni radar, consentendo così all'aviazione tedesca di preparare, con massicci bombardamenti, l'invasione del paese. Il capitano STEVENS scopre casualmente la presenza dei sabotatori e riceve dallo Stato Maggiore, appoggiato dal comandante delle forze aeree, generale TAYLOR, l'ingrato incarico di individuarli e neutralizzarli (fonte WIKIPEDIA). Nonostante tutto il film regge a sufficienza e non è da classificare tra i B-movie dedicati alla Seconda Guerra Mondiale. Da vedere in ogni caso.

 

 Terzo film che in parte racconta della Battaglia d’INGHILTERRA è “Bader il pilota (Reach for the Sky)” girato nel 1956 diretto da Lewis Gilbert.

 Il film racconta le gesta di Sir Douglas Robert Steuart BADER aviatore britannico, asso della RAF durante la Seconda Guerra Mondiale, accreditato di 20 vittorie aeree, quattro vittorie in comune, sei probabili, una condivisa probabile e 11 aerei nemici danneggiati.

 Particolarità di questo pilota era che riusciva a pilotare, il suo SPITFIRE, nonostante avesse entrambe le gambe amputate a causa di un incidente aereo avvenuto durante il suo addestramento. Pellicola in bianco e nero con evidenti messaggi, anche politici, a favore della RAF.

 

 Quarta pellicola molto interessante ma introvabile è “Angels One Five” del 1952 diretto da George More O'FERRALL.

 la trama è basata sulla storia di un giovane pilota della RAF prima e durante la Battaglia d'INGHILTERRA.

 Alcune scene del film sono state girate alla RAF UXBRIDGE, sede di una sala operativa in tempo di guerra.

 "Angels One Five" si riferisce alle parole della procedura radio RAF, indicando che l'altitudine di un contatto radar è di 15.000 piedi. Il film è stata la prima produzione britannica del dopoguerra ad affrontare la battaglia oggetto di questo articolo.

 

 Negli ultimi anni sono stati prodotti altri film dove la realizzazione è stata facilitata dal digitale e quindi dall’impiego di computer grafica per la realizzazione delle scene dei duelli aerei.

 

 Si segnala anche il film “Dark Blue World” del 2001 e diretto da Jan SVĚRÁK.

 Racconta le vicende sventurate dei piloti cecoslovacchi dalla loro fuga dopo l’invasione tedesca del loro paese per poi passare al loro arruolamento nella RAF e infine il loro internamento nei gulag sovietici terminata la Seconda Guerra Mondiale.

 Il film è di qualità sia per la trama sia per la recitazione dei vari interpreti.

 Lungometraggio poco didascalico nonostante racconti una parte, della Seconda Guerra Mondiale, quanto mai vera.

 

 “Hurricane” è un film del 2018 diretto da David BLAIR. Racconta le esperienze di un gruppo di piloti polacchi del 303° Squadron RAF (Dywizjon 303) nella battaglia della GRAN BRETAGNA.

 Non è una pellicola che lascia il segno, sia per quanto riguarda la struttura del film sia per le interpretazioni dei vari attori. Interessante però per conoscere meglio le vicende dei piloti polacchi, storie purtroppo drammatiche e poco note.

 

 

 

 

 

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