NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013

PORSCHE CARRERA 911 RSR 2.1
Equipaggio Manfred SCHURTI e Helmuth KOINIGG.
VENTIQUATTRO ORE DI LE MANS (1974),Ritirati all'ottava ora di gara.
Elaborazione modello EBBRO, scala 1/43
Marzo 2013.

Modellismo

Pittura e grafica

Cinefoto

Genova per Noi

 

Helmuth Koinigg, una breve carriera
Nato nel 1948, in Austria da una agiata famiglia, ebbe una breve ma intensa carriera agonistica in diverse specialità motoristiche. Riuscito ad approdare alla Formula 1 al volante di una Surtees, morì in un drammatico incidente durante le prove del Gran Premio di Watkins Glen negli Stati Uniti d'America, era il 1974.

Manfrred Schurti
Nato nel 1941, é stato ed é il pilota più famoso dello stato del Liechtenstein. Anche lui pilota polispecialistico, ha partecipato a nove edizioni della gara di Le Mans classificandosi 4° assoluto nel 76 a bordo di una Porsche 935.

 

 

 

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1963 - 2013: i 50 anni della PORSCHE 911

Nei primi anni settanta gli ingegneri PORSCHE iniziarono a sperimentare il turbocompressore della gamma 911, puntando la loro attenzione su un prototipo racing per implementare tutto ciò che sarebbe poi stato trasferito sulla produzione di serie.

 A cavallo tra il 1973 e il 1974, la casa automobilistica di STOCCARDA iniziò a progettare e a lavorare sulla serie RSR ( RENN SPORT RACING) Turbo, un tipo di vettura che sarebbe passata alla storia delle corse grazie alle sue generose forme, incentivate dall'ala grande nella elegante e futurista livrea della MARTINI RACING.

 Basata sulla RSR 3.0, la CARRERA RSR Turbo 2.1 sarebbe stata il prototipo per procedere alla produzione di motori con il turbo dopo il 1975.
 PORSCHE, per partecipare all’edizione del 1974, sviluppò un motore specifico per il modello qui descritto, 2.140 cc di cilindrata, al fine di rispettare i regolamenti vigenti.
 Grazie ad un turbocompressore KKK, il motore a sei cilindri era raffreddato ad aria (tipo boxer) capace di erogare oltre 500cv a 7.600 giri/minuto, il cambio era un cinque marce diretto sull'asse di trasmissione.

 Se telaio e sospensioni erano basati su nuove soluzioni anche per produzione, questa però era stata opportunamente rinforzata e irrigidita per garantire la riduzione delle torsioni in gioco di regime-coppia, conseguentemente fu necessario montare i freni delle Porsche 917 per garantire ai piloti di fermarsi senza dover per forza sbattere contro i muretti o i guard-rail.
 Bella vettura ma da irrobustire ed alleggerire nello stesso momento. Problemi on da poco, ma bazzecole per gli specialisti tedeschi.
 L’auto soffriva di un eccessivo peso. Si provvide a una drastica cura dimagrante: la barra di torsione delle sospensioni venne sostituita da una serie di bracci in alluminio e ammortizzatori di titanio che permettevano già una riduzione di 30 kg. Il corpo vettura fu realizzato in fibra di vetro così come le portiere; grandi innovazioni dal lato pesi con elementi di paraurti in plastica leggera e l'eliminazione di ogni orpello o componente aggiuntivo. L'interno, anch’esso, venne letteralmente ridotto allo stretto necessario eliminando qualsiasi dettaglio inutile e l'aggiunta di una gabbia in alluminio sicurezza e strumentazione minima.

 E dopo una dieta di tale genere, la RSR Turbo 2.1 pesava solo 820 kg,
 Il primo riscontro del successo di un peso così ridotto venne dato in sede di misura dei tempi di accelerazione divenuta quasi brutale. Lo sprint da 0 a 100 km/h restava contenuto nell’arco di tre secondi e la vettura fu in grado di raggiungere velocità superiori a 300 km/h.

 Ma andiamo sull’appariscente, visto che in quegl’anni imperava lo stile “glam”. Una delle caratteristiche più significative della Carrera RSR Turbo era l'impressionante larghezza dell'asse posteriore, lungo ben due metri grazie ai passi notevoli delle ruote. Lo spoiler enorme, una nera ala, contribuì all'imponente immagine del modello.

 La 911 Carrera RSR Turbo 2.1 fece il suo debutto ufficiale alla 1000 km di MONZA del 1974, dove si classificò quinta, ma il suo più grande successo fu il secondo gradino del podio nella 24 ore di LE MANS dello stesso anno.

 Dalla 911 Carrera RSR Turbo nacque poi la Porsche 935 (nota anche come Moby Dick) o persino la Porsche 961. Attualmente si può ammirare uno dei quattro modelli originali conservato nel Museo PORSCHE di STOCCARDA.

 Cosa si é detto su questa vettura? Di tutto, parlandone sempre con rispetto e la sensazione che non fosse il solo risultato di una pragmatica ricerca racing per poi arrivare a un as-built da consegnare alle catene di montaggio. I prototipi che seguirono furono altrettanto stupefacenti, basti pensare alla 935 denominata per la sua stazza "Moby Dick".
 Seppe fare breccia nel cuore di diversi gentlemen driver che non potendo possedere uno di questi prototipi, poté approvvigionarsi di cavalli PORSCHE grazie ai modelli 911 di serie successivamente elaborati. Fino poi al tripudio agonistico che la sua discendente diretta, la 935, seppe regalare a tanti piloti specie italiani.

 

Storie di turbine e non solo
 All'edizione del 1974,  la PORSCHE guidata da Manfred SCHURTI e Helmuth KOINIGG, era in undicesima posizione sulla griglia di partenza. Purtroppo, a un terzo di gara ovvero allo scadere dell'ottava ora, la macchina ebbe guasti meccanici e dovette ritirarsi. L'auto gemella, con il numero 22, riuscì terminare la maratona epica al secondo posto.


Da sinistra Manfred SCHURTI e Helmuth KOINIGG mentre parlano con Norbert SINGER uno degli artefici del turbo nel mondo PORSCHE (foto tratta dal libro "PORSCHE RACING CARS: 1953 TO 1975" di Brian Lonng).

Come al solito inizio a smontare tutto il modello, o almeno ciò che riesco a separare con le buone o le cattive maniere, che in questo caso ha un sarcofago chiuso da ben quattro viti dato che il pianale é diviso in tre parti. La sorpresa un po' amara é che, tolto il sedile e l'estintore, non si riesce a smontare null'altro. Quindi poche le elaborazioni che potuto approntare: sedile, estintore e leva cambio. La pedaliera l'ho dovuta dipingere da montata. Idem il volante che per fortuna era tutto nero.

 Ecco l'abitacolo completato di ogni parte in una vista dall'alto.

 La pedaliera era tutta in metallo con l'attacco in basso. Nella foto purtroppo é poco visibile ma si può notare che l'ho ridipinta in colore metallizzato e sfregata con polvere di grafite. La gabbia di protezione ho tentato di smontarla ma ho rischiato l'irreparabile. Ho solo tagliato la traversa del tetto e l'ho rimontata una volta finiti gl'interni. Tutta la roll-cage l'ho dipinta in acciaio scuro e rifinita con grafite in polvere di media durezza.

 Spesso anche modellisti quotati curano poco la parte del pianale, in alcuni casi comprensibile visto che il modello magari non ha quasi nulla in rilievo. Nel caso del modello della EBBRO il rilievo ha una buona profondità e l'insieme vale la pena di essere dipinto. Belle le gomme, eh? Come si ottengono? E' molto semplice, e sotto la spiegazione.

 Le gomme le ho carteggiate (carta smeriglia da 500 e poi da 600) tranne la corona. In questo modo si ottiene un effetto di opacizzazione e ingrigimento che simula perfettamente il pneumatico da pista. Inoltre, la carteggiatura elimina la riga di colata della gomma stessa. Il tutto poi l'ho completato aggiungendo la decal DUNLOP.

 Ed ecco il risultato che ho ottenuto sul pneumatico anteriore. La decal, una volta posizionata e ben asciugata, l'ho coperta con un medium opaco opportunamente diluito e steso con un pennello morbido almeno per tre mani. Il dado di fermo del cerchio l'ho dipinto internamente di nero opaco mentre il cerchio l'ho lasciato così come prodotto provvedendo solo a pulirlo da qualsiasi sbavatura di fusione e poi opportunamente lucidato prima di rimontarvi la gomma. Ultima annotazione: attenzione a montare pinze e pastiglie freni nel senso giusto, dato che il mio modello li aveva al contrario.

 Il gancio di traino e recupero anteriore era ben evidente sulla vettura (non allo stesso modo quello posteriore). In realtà era in metallo appiattito, il che significa che modellisticamente é ottenibile solo tramite una fotoincisione. Non potendo provvedere a ciò, l'ho realizzato con filo elettrico a guaina gialla schiacciato in una morsa per almeno 24 ore.
 Il cofano anteriore aveva quattro chiusure a gancio con anello di tenuta, io li ho realizzati con il solito filo elettrico. Inoltre occorre aggiungere le indicazioni dello stacco batteria e dello scarico estintore, ambedue decal. Tanto che c'ero ho sostituto il tergicristallo con uno fotoinciso TRON. Quello originale non era di buona fattura e visto il lavoro certosino apportato al musetto della 911 ne vale proprio la pena.

 Sono quasi alla fine della elaborazione di questa mastodontica 911, le finestrature posteriori erano grigliate e il tutto verniciato del rosso della MARTINI ma con il girare in pista, queste griglie, assumevano una tonalità molto scura provocata dalla polvere della gommatura e delle pastiglie dei freni.
 Ulteriore dettaglio scovato rivedendo la vettura: i fari posteriori avevano una guarnizione nera lungo il perimetro. Questa l'ho riprodotta utilizzando un pennarello nero e indelebile (of course!).  Dato che dovevo coprire della plastica trasparente, mi sono accorto che il miglior risultato l'ho ottenuto con più passaggi e a inchiostro ben essiccato.
 Sull'ala posteriore, preventivamente smontata e poi ridipinta, ho applicato due dadi che ne regolavano l'inclinazione.

 

 
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