Le FIAT in scala 1/43:
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IL
PROGETTO
Con l’inizio degli anni 70 FIAT decise di abbandonare i progetti sulla
linea di quello della FIAT 128 e seguire la tendenza del momento che
vedeva emergere ("made in Japan") nuovi modelli a due volumi.
Nasceva il progetto FIAT "138".
Il progetto della nuova vettura, la RITMO, iniziò nel 1972 presso il
CENTRO STILE FIAT, guidato da Gianpaolo BOANO.
Sarebbe stata una vettura con dei presupposti che l’avrebbero resa
rivoluzionaria per l'epoca, basata su nuove tecnologie, nuovi
materiali e una nuova tecnica produttiva.
A partire dalla cellula abitativa, fino alle rifiniture, la vettura fu un
punto di partenza significativo per l’avvio di FIAT verso le nuove
utilitarie che poi sarebbero divenute linee standard per quelle ancora
oggi in produzione. Per comprendere quanto significativa fu la
RITMO, è sufficiente confrontare i diversi elementi esterni che la
caratterizzavano, tra questi vi erano i nuovi paraurti.
Questi classici elementi di protezione, che per molte vetture erano
prodotti ancora con un profilato di metallo, nella nuova auto di
FIAT erano realizzati in polipropilene all'80% e gomma al 20% per
garantire una sufficiente risposta passiva contro i piccoli urti
fino a 5 km/h. Un’idea che piacque anche ai Giapponesi che ne
acquistarono la licenza di fabbricazione.
Nel 1975 la FIAT RITMO venne formalizzata nel suo “as-built” che inizierà
la produzione effettiva a partire dal 78, creando una nuova
visione dell’auto le cui parti interne ed esterne si basavano su
pannelli e moduli in plastica e non più su assiemi a loro volta
composti da differenti sotto assiemi; per capirci: il pannello
interno portiera di una vettura come la FIAT 128 era in realtà
costituito da altri sottoinsiemi come le maniglie o gli
alzacristalli mentre nella RITMO molte parti sarebbero state
realizzate in un pezzo unico. La realizzazione,
costituita da assiemi di tale tipologia, permetteva l'assemblaggio
automatizzato (attraverso l'uso di robot e le prime linee
automatizzate) di buona parte
dell'autovettura. La meccanica invece era, incluso il pianale
allungato nel passo, la stessa montata sulla 128: trazione
anteriore, sospensioni a ruote indipendenti MacPherson davanti,
balestra trasversale al posteriore e impianto frenante di tipo
misto. Il cambio manuale poteva essere a 4 o 5 marce.
L'aerodinamica (CX, coefficiente di penetrazione) merita un discorso
a parte non solo perché fu curata nei dettagli estetici ma
specie in quelli funzionali. Le griglie anteriori, per esempio, vennero progettate
analizzando i flussi d’aria per poter raffreddare sia il motore sia
l’abitacolo che allora non era ancora previsto con un
climatizzatore.
Il coefficiente di penetrazione aerodinamico arrivò ad un CX di 0,33 che
però variava a 0,38 con un modello completo di tutti gli accessori.
Pochi
ricordano che la vettura oltre ad essere stata una tra le FIAT più
amate dagli Italiani, nel suo pedigree annoverava diversi primati
come i ridotti consumi, la bassa rumorosità, la capienza interna e
interruppe orgogliosamente e non per poche settimane il primato di
vendite della 127 e che fu anche della 600, per abdicare solo alla
PANDA e più tardi alla UNO il numero di esemplari venduti (computando
tutte le versioni prodotte, nda).
E a
livello prestazionale e corsaiola? La versione 2000 ABARTH, era la
prima nella sua classe di appartenenza quanto ad accelerazione e
ripresa (otto secondi netti sullo zero-cento).
Al suo lancio commerciale era disponibile a 3 e 5 porte, due allestimenti
(L e CL) e tre motorizzazioni. Quella economica era la versione 60,
con motore da 1116 cm³ di stretta derivazione 128 ma potenziato a
60cv, poi c'era la versione 65 con un inedito 1301 cm³ (evoluzione
del 1290 cm³ della 128) da 65 CV ed infine la Ritmo 75, con
cilindrata elevata a 1498 cm³ (75 CV) e disponibile anche con un
cambio automatico a tre rapporti.
Le CL, più accessoriate, potevano montare a richiesta anche il cambio a 5
marce (non disponibile sulle L). La 75, pensata soprattutto per i
mercati esteri (e in ITALIA disponibile solo in versione
automatica), ebbe poco successo anche per via della relativa scarsa
potenza che poco giustificava i costi conseguenti. La vettura, pur
bene accolta sia in ITALIA sia in GERMANIA, venne criticata per la
scarsa qualità delle plastiche utilizzate e per i pannelli delle
porte completamente privi del minimo inserto in tessuto, nonché per
le numerose pecche di assemblaggio. Nessuna critica invece per la
parte meccanica, ormai già ampiamente collaudata e sempre moderna.
QUALITA', SICUREZZA E PRODUZIONE
Affrontiamo l'aspetto qualità nel dettaglio, secondo le osservazioni di
persone esperte e qualificate. Ecco in parte quanto riportato nel
sito omniauto.it
"Inizialmente la qualità della RITMO venne misurata dalla cura posta
nelle finiture interne, e nel trattamento riservato alla
carrozzeria. In una prova di durata effettuata da QUATTRORUOTE del
febbraio 1979 su un percorso di 50.000 km, la RITMO si dimostrò
complessivamente affidabile, rivelando però alcuni difetti di
progettazione riguardanti l'impianto di climatizzazione, il sistema
di scarico, e il cambio dotato di scarsa manovrabilità. Anche le
finiture dell'abitacolo non furono esenti da critiche: il cassetto
portaoggetti privo di serratura, tendeva ad aprirsi quando era
pieno, e durante la prova i fili dell'accendisigari si staccarono
provocando un cortocircuito nei fusibili. Erano indubbiamente cose
di poco conto, ma che denotavano una cura approssimativa nel
montaggio dei particolari. Si elogiò il fatto che la RITMO fosse
stata protetta dalla corrosione, tramite l'impiego di speciali
lamiere -Zincrometal- nelle parti più esposte, e con vernici
applicate alla lamiera già trattata con materiale antiruggine. Ma da
un attento esame della carrozzeria eseguito dopo i sei mesi di prova
si notò qualche imperfezione di fabbricazione. Lievi punti di
ruggine nei punti non trattati e in particolare nelle giunture delle
lamiere nelle portiere posteriori. Bagagliaio, vano motore, cofano,
longheroni sottoscocca erano invece esenti dal problema, e si mostrò
così abbondante la protezione inferiore della scocca estesa anche ai
passaruota. Esame ruggine quindi, non completamente superato: questa
fu anche una delle cause dell'insuccesso della STRADA sul mercato
americano (era stata data una previsione di vendite pari a 300.000
esemplari, a detta di G. AGNELLI, nota aggiuntiva). Ancora una volta
i buoni propositi della FIAT furono vanificati dagli errori di
produzione: bastava un punto non trattato per esporre le lamiere
alla corrosione.
Nel test per la versione Automatica del marzo 1979 riguardo alla
qualità delle finiture si pose l'accento sui comandi in plastica che
non funzionavano sempre a dovere o si rompevano, e sulle serrature
che avevano scatti a vuoto. <<Insomma, la finitura lascia ancora a
desiderare>>; fu questo il verdetto di QUATTRORUOTE, nonostante si
ammettesse che esistevano delle buone basi su cui poter migliorare,
come i pannelli porta, che, anche se esteticamente dimessi, erano
tecnologicamente avanzati, stampati com'erano in un solo pezzo.
Anche la plancia venne criticata per l'uso di materiale troppo
rigido. Note positive sul fronte della sicurezza arrivarono dagli
U.S.A., dove la RITMO, lanciata a 56 km/h contro una barriera fissa
fu l'unica vettura delle sue dimensioni a superare la difficile
prova (vedere sotto prove NHTSA). Risultato tanto più importante in
quanto la prova fu negativa per le HONDA CIVIC e PRELUDE, le TOYOTA
CORONA e TERCEL, alcuni modelli DATSUN, la SUBARU GULF, la Mazda
626, l'AUDI 4000, e persino la VW RABBIT, e cioè la GOLF CABRIO. Un
altro rapporto positivo, venne stilato nel 1984, dal "AB Svensk
Bilprovning", una società svedese che provvedeva per conto
dell'ufficio per la sicurezza stradale, alla revisione delle auto.
La RITMO, sottoposta a verifica in molti esemplari, non fece
registrare alcun difetto di struttura né dello sterzo, elemento
delicato, comportandosi per il resto dignitosamente. Nel 1980
beneficiò di accorgimenti nell'assemblaggio degli elementi in
plastica e di migliorie nella scelta dei materiali per l'interno,
che rimase però ancora inferiore allo standard qualitativo della
131".
Nel Maggio del
1979 la Ritmo venne testata dall'NHTSA. Il test prevedeva due tipi
di prove.
La prima era il classico urto frontale pieno contro barriera fissa, alla
velocità di 57 km orari, mentre la seconda era il tamponamento da
parte di un corpo rigido del peso di 1800 kg, lanciato anch'esso
alla velocità di 57 km orari. Il giudizio da parte dell'NHTSA fu
lusinghiero.
"FIAT ha usato un metodo modernissimo per rendere sicura la RITMO.
Usufruendo delle più moderne tecniche di elaborazione elettronica
dei dati, i tecnici italiani hanno disegnato sul video di un
calcolatore le varie parti della carrozzeria, che sono poi state
sottoposte, sempre con sistemi elettronici, ad una serie di test.
Questi ultimi simulavano soprattutto l'impatto frontale e in base ad
essi gli ingegneri sono riusciti a determinare che cosa accade, in
uno scontro, alla struttura dell'auto, e quindi all'abitacolo con i
suoi occupanti. Si tratta di un metodo sofisticato, modernissimo. I
valori registrati, di 150 millisecondi per la durata dell'impatto e
di 26 g per la decelerazione, sono i più bassi registrati, e sono
sinonimo di una maggiore protezione per gli occupanti della
vettura."
E si arriva al
1985, sempre in produzione nonostante nel corso di dieci anni sia
stata riveduta sia come come motori sia come estetica. In quell’anno
un ulteriore restyling (mascherina anteriore, paraurti diversi e
predisposti per i fendinebbia, spostamento della targa posteriore
sullo scudo, fascioni neri di plastica sulle fiancate, maniglie
porta rettangolari invece che rotonde) accompagnò un
aggiornamento della gamma. Il motore della 60 adottò il carburatore
doppio corpo guadagnando 3 cv (da 55 a 58).
La 105 TC venne rimpiazzata dalla 100 S a 5 porte dotata di una nuova
versione del bi albero con testa ruotata di 180 gradi (motore poi
montato anche sulla Lancia Prisma seconda serie) e potenza ridotta a
100 cv per migliorare elasticità e consumi. La 130 TC ABARTH fu
accessoriata con nuovi cerchi in lega. Ma le versioni diesel furono
i modelli che ebbero importanti novità: nuova motorizzazione da 1697
cc facente parte della nuova famiglia di motori derivati dalla
"dieselizzazione" dei monoalbero delle ultime 131 del 1981. Il nuovo
motore, da 60 cv, era più parco nei consumi e più elastico oltre che
più silenzioso. Completamente inedita invece la nuova versione Turbo
DS, mossa da un 4 cilindri turbodiesel con intercooler di 1929cc da
80cv facente parte della stessa famiglia del 1697 cc. Dalla gamma
vennero tolte le Energy Saving, le 85S e le versioni a 3 porte "non
sportive", mentre la Cabrio 85S lasciò il posto alla Supercabrio 100
S.
LA RITMO E IL MONDO
DELLE CORSE
Questo articolo è apparso su un numero di Rally Sprint di diversi anni fa.
Se ne riporta la versione pubblicato nel sito RALLY MANIA. Eventuali
errori e omissioni non sono ovviamente volute e ci si riserva di
apportare anche in futuro le debite correzioni.
"Era
il dicembre del ‘78 quando vidi per la prima volta la Ritmo gruppo
2. Arrivavamo, Attilio BETTEGA ed io, dal RALLY di AOSTA,vinto con
la 131 ABARTH. L’inizio della love story con la piccola fu nei box
dell’autodromo di Monza per la precisione alla prima edizione
appunto del Rally brianzolo. La macchina era quella nera con la
grande scritta Ritmo rossa sulla fiancata usata da SCHECKTER al giro
d’Italia. Quella usata da PATRESE fu affidata a TABATON. Verifiche,
regolazione di cinture e sedili e via per la gara senza averla
neanche mai provata. Ma fu un amore a prima vista. Poca storia
purtroppo in gara, costretti ad abbandonare per il cambio rotto, non
prima però di aver fatto vedere qualche tempo strabiliante.
Evidentemente la piccola c’era, e Attilio a guidarla si divertiva un
mondo.
Pochi giorni dopo eravamo già sulle strade del MONTE per le prove, con una
75 poco più che stradale. Intanto in CORSO MARCHE stavano preparando
i primi due esemplari con i colori ALITALIA. Uno per noi e uno per
lo svedese ECKLUND. Quando la vedemmo per la prima volta restammo a
bocca aperta. Era splendida, piccola ma splendida. Poco più di 800
chili con poco meno di 150 cavalli, leggerissima e rumorosissima,
una vera macchina da corsa. Da divertirsi! Finimmo purtroppo molto
presto la nostra gara: PONT DES MIOLANS fu galeotta. Un’ingenua
uscita di strada ci fermò.
Da quel gennaio ‘79 passò qualche mese prima che ci risalissimo. Intanto
in ABARTH continuavano a svilupparla. PIANTA e il caro MAGGI
inanellavano giri su giri sull’asfalto e sulla terra della MANDRIA.
Ed eccoci al VALLI PIACENTINE, tutto asfalto e per giunta velocissimo. Non
certo l’ideale per noi. Anche lì ritiro, stavolta per il cambio. Ma
al COLLINE DI ROMAGNA, sulla terra, poche settimane dopo, nonostante
qualche problemino di alimentazione, facemmo tempi strabilianti. In
discesa era impressionante.
Arrancava un po’ in salita, ma era credibile visto la non certo abbondante
cavalleria a disposizione. Arrivammo alla fine in eccellente
posizione, lasciando in molti a bocca aperta.
Ancora un breve periodo di sosta ed eccoci al via del GIRO D'ITALIA.
La macchina per l’occasione era stata completamente rivista. Cerchi
da 15 pollici, freni BREMBO grossi, cura maniacale dei particolari
per scendere ulteriormente di peso, motore da sballo. Era una
favola, e fummo amorevolmente seguiti per tutta la gara da Joe DALLA
CHIESA, il papà della piccola. Alla fine dopo una settimana su e giù
per l’ITALIA finimmo secondi assoluti con davanti la Super PORSCHE
di MOMO e dietro uno stuolo di piloti velocisti e non che della
nostra piccola avevano visto spesso i fanalini posteriori. Fu una
gara memorabile, con tempi strabilianti che la consacrarono
definitivamente. Ma il mio feeling con la 75 stava per interrompersi
causa servizio militare .E con Attilio salì MANNUCCI. La gara era il
MONTE del 1980 con il famoso “miglior tempo sul TURINI”. Fu
un’impresa spettacolare. Io facevo da ricognitore e mi ricordo come
fosse adesso la faccia dei vari personaggi che c’erano allo stop
della prova. Qualcuno non voleva crederci. Ma era così, grazie a
quel tempone Attilio e la piccola entrarono nella leggenda.
Stop alle apparizioni ufficiali con BETTEGA fino al MONTE dell’ottantuno
dove rioccupai il mio posto sul sedile di destra. Non più colori
ALITALIA ma biancazzurri FIAT. Questa volta il muletto per le prove
era una 75 “giusta”. La Fiat si presentava al via con due 131 per
ALEN e CERRATO e una RITMO per BETTEGA e me. Tanta neve sul
percorso, condizioni ideali per lo stile di guida di Attilio e per
le caratteristiche della macchina. Tempi mozzafiato nella tappa di
avvicinamento che ci portarono spesso a sopravanzare i nostri due
compagni di squadra. Ripartimmo dal PRINCIPATO di MONACO, in decima
posizione assoluta. E dire che in gara c’erano ancora quasi tutti.
Incredibile per una 1600 con neanche 150 cavalli. Ancora tempi
fantastici fino a quando il motore non si ammutolì nella speciale di
St.NAZAIRE le DESERT. Ma il binomio BETTEGA e RITMO aveva
ulteriormente rafforzato la sua fama.
Dalle nevi del Monte alla polvere della COSTA SMERALDA. E anche qui tempi
da sballo. Addirittura qualche secondo tempo davanti a auto ben più
performanti. Entusiasmavamo il pubblico, andando di freno a mano in
quarta e quinta sui dossi. Divertimento puro, adrenalina alle stelle
certo, ma divertimento unico. Alla fine fummo quinti assoluti, primi
di gruppo due davanti a ORMEZZANO (a quei tempi con a fianco Claudio
BERRO) con la TALBOT LOTUS. E c’è da dire che in alcune speciali
perdemmo del tempo prezioso per colpa delle canalizzazioni della
benzina che con la polvere ogni tanto si otturavano. Fu la nostra
ultima apparizione con la piccola.
Di li in poi continuammo con la 131 e la 037.
Ma ci era rimasta nel cuore. Come dimenticare quel rumore incredibile del
piccolo quattro cilindri, o quegli inserimenti in curva,
specialmente sulla terra e sulla neve, che con la 131 ti sognavi, ma
soprattutto come dimenticare le facce della gente ai controlli stop
quando vedeva i nostri tempi. Era piccolina, spartana, ma rifinita
con cura certosina, riportando molti particolari della 131. Ricordo
come adesso i cerchi in elektron CAMPAGNOLO, il volante ABARTH a
calice, il cruscotto con tutta la strumentazione che ricordava
quella della 131 con le varie scrittine in arancione.
Ma soprattutto mi ricordo il ghigno di Attilio, quando prima del via di
ogni speciale mi guardava, un sorrisetto sornione sotto il casco e
poi 5..4..3..2..1..via a staccar tempi incredibili. Sempre con il
sorriso sulle labbra. Forse c’era un po’di incoscienza, ma certo
tanto, tanto ma tanto divertimento. Era la “filosofia” RITMO che,
forse unici al mondo, avevamo interpretato nel modo giusto."
Maurizio PERISSINOT
Si ringrazia di
cuore RALLY MANIA per aver
gentilmente fornito, tramite i suoi iscritti, foto e testi senza dei
quali non si sarebbe potuto realizzare questo articolo. Tutti i diritti riservati
ai legittimi detentori e/o proprietari, secondo i termini di
legge.
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