NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013 ALPINE
RENAULT A110 – 1600. |
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Chi
era Ove Anderrson Sarebbe
stato campione del mondo Pur
di correre Insieme
a Todt Altri soggetti correlati |
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1971: la prima volta che vinse a
MONTE CARLO Nel
1969 la casa automobilistica di DIEPPE decise di fornire la “francesina” di
un nuovo motore da 1600 cc. Con
la nuova cilindrata, la vettura passò dagli 88cv (con cilindrata di 1300cc) ai 138cv nella versione denominata
1600S. Dal
70 fino al 75 questa versione sarà recepita dal mercato in modo positivo,
dimostrazione di ciò fu l’incremento significativo delle vendite. Nel
1973 fu prodotta l’ultima evoluzione della vettura, dotata di in motore di
1796cc (più nota come A110-1800),
esteticamente identica alla 1600 ma con un motore che erogava 180cv per un
peso complessivo di soli 650kg! Nel
1976, L’ALPINE era ormai sotto il controllo direzionale e amministrativo della
RENAULT che aveva deciso di puntare, a livello agonistico, sulla A310 (che aveva esordito già nel 1973 in
versione 1600) e sulla RENAULT R5. E già dal 74 in poi cala l’impegno
sportivo con l’A110 a favore della nuova nata. Nel
1976 terminò quindi la produzione dell’A110. E con essa si chiudeva una vera
epica storia dell’auto da competizione legata all’ALPINE. La
sua erede, la A310, non venne sviluppata sotto il controllo stretto di ALPINE
ma con “l’ingerenza” di RENAULT. Il
progetto subì diverse modifiche prima di arrivare ai rally nel 1973 (la prima esigua motorizzazione era di
1600cc, poi arrivò fino a un 6 cilindri della cilindrata 2664cc) che però
non portarono alla realizzazione di una vettura competitiva. Comunque rimase
in produzione fino al 1984. Nei
primi anni 80 prese vita la REANULT ALPINE TURBO R5, capace in parte di
raccogliere l’eredità sportiva dell’A110 ma l’inversione dei due marchi di
fabbrica, nella omologazione della vettura, era il segno che la leggenda di
Monsieur RÉDELÉ vedeva, purtroppo, la bandiera a scacchi. Per
saperne di più su questa storica vettura, consiglio la pubblicazione a cura
della BARBERO
EDITORI GROUP, economica e sufficiente per chi mai volesse iniziare a
elaborare le ALPINE A110. Esistono poi due numeri di AUTO D’EPOCA che
trattano la storia e l’evoluzione della vettura a livello agonistico, si
tratta del n.12/2010 e del n.4/2012. Il numero 1 di
RALLY BOOK dedicato alla A110 (BARBERO EDITORI
GROUP) Questo modello, pur se in produzione da diversi
anni da parte della portoghese TROFEU, è sicuramente una delle repliche
meglio riuscite della ALPINE A110. Il
modello, qui presentato, l’ho acquistato nell’estate del 2005 mentre ero nel
sud della FRANCIA, ad oggi non so se la casa TROFEU ha mantenuto gli stessi
standard di produzione di allora. La
versione che ho acquistato è sobria, pulita da evidenti imperfezioni, poco
marcati gli errori documentali. Il
colore era pienamente azzeccato e i cerchi forse erano, a mia modesta
impressione, lievemente fuori scala. All’apparenza, quando ancora confezionato,
il tutto attraeva. Smontato il veicolo non si avevano delusioni di sorta:
spartana e piccola nella realtà, altrettanto lo era in scala 1:43. Il
numero di elaborazioni possibili da parte mia era quindi contenuto. Per
prima cosa le cinture di sicurezza, tolte quelle realizzate con una decal, ne
ho realizzate di nuove con una striscia di carta dipinta in mero opaco a cui
ho successivamente aggiunto le fibbie e le parti di attacco. Rifiniti il volante, la leva del cambio e il
freno a mano, vi ho aggiunto un estintore mobile. Il rollbar non ha richiesto
altro che una carteggiata e una mano di gun metal. Se
posso dare un ultimo consiglio, il pianale dipingetelo con una parte di
grigio chiaro e 2 parti di gun metal (oppure
una di grigio e una di steel opaco), comunque cercate di creare dei
contrasti altrimenti gl’interni risulteranno un tripudio del colore nero. Fine, di più, allora non ero in grado di
aggiungere altro per migliorare l’abitacolo. Ecco
la vettura “reale” durante il MONTE CARLO del 71. (Dal
sito TROFEU, trofeumodels.com). La
parte esterna del modello l’ho rifinita, nel 2005, con le capacità e
l’esperienza di allora che erano sensibilmente minori rispetto ad oggi. Oggi, sicuramente, con l’esperienza
acquisita negli anni, potrei aggiungere altri dettagli e rifinirne meglio
altri. Per
quanto riguarda la marmitta e il suo terminale, è meglio utilizzare un
tubetto di rame e non del semplice filo elettrico. Per
il completare il fondo della vettura si potrebbero aggiungere le piastre di
protezione per lo sterzo e la trasmissione posteriore. Altro miglioramento, che ho imparato negli
ultimi anni, riguarda il “lining” di portiere e cofani. Il “lining” è quella
tecnica di rifinitura che un tempo era identificata con la il termine di
“profilatura”. Appena imparata, almeno le prime volte, l’ho realizzata con il
colore a olio diluito in trementina, l’olio, secondo le mie teorie di allora,
era più facile da stendere con un triplo zero, aderiva con più facilità negli
incavi e restava più brillante. A
tutt’oggi utilizzo il colore acrilico diluito con il fiele di bue (sintetico va benissimo, quello naturale
costa e non ha rese migliori) e un pennello triplo zero; per fissarlo
alla vernice delle scocche, al termine del lavoro di profilatura, ripasso
ogni profilo con un medium traslucido. La
versione del 73 che vinse il RALLYE di MONTE CARLO (ANDRUET/BICHE). |
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