NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013 DATSUN
FAIRLADY – 240Z |
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Sotto
falso nome Il Safari Rally Altri soggetti correlati |
La
versione che venne omologata nel 1976 Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono:
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riferimento e solo ai loro legittimi proprietari. |
La regina d’Africa DATSUN s’impose, nel SAFARI RALLY, per sette
volte nel corso degli anni compresi tra il 1970 e il 1982. Strano ma vero, il pilota che portò alla
ribalta il marchio giapponese fu il tedesco Edgar HERMANN, e la sua prima
volta al rally africano fu nel 1969. L’anno successivo, lo vinse a bordo di
una DATSUN 160 SSS. La
partecipazione all’edizione del 71 si rivelò fortunata per HERMANN. Infatti,
la vittoria giunse con un distacco di soli tre minuti rispetto al proprio
avversario Shekar MEHTA. Questa gara, che si svolge su un lungo
tracciato compreso tra KENYA, UGANDA e TANZANIA, è rimasta famoso per le
condizioni climatiche e meteorologiche che la caratterizzano. La
polvere delle strade, con il clima secco, è paragonabile a borotalco e capace
di intasare i filtri dell’aria fino a far grippare un motore. Non
di meno le piogge, che rendono le strade vere e proprie piscine di fango
melmoso, sono un’insidia frequente nelle lunghe prove speciali e nelle tappe
per raggiungerle. A
tutto ciò si deve poi aggiungere la presenza di animali vaganti (addomesticati come selvaggi) che
possono creare danni irreparabili alle vetture in gara. Ho realizzato,
in vita mia, pochissime auto da rally che avessero partecipato alla
competizione africana. A
differenza delle auto che correvano in EUROPA, quelle da rally preparate per
il SAFARI erano dotate di una maggiore fanaleria rinforzata, paraurti anch’essi
rinforzati, motori meno esasperati ma dotati di sistemi di filtraggio e
raffreddamento in grado di proteggerli dalla polvere e dal fango. I
modelli in scala 1/43 mostrano solo i dettagli esterni ma spesso, essendo
ricavate da scocche per gare europee, sono carenti di alcune caratteristiche
proprie del modello originale: l’altezza da terra e i diametri dei
passaruota, le modifiche delle prese d’aria, le fanalerie aggiuntive. Il
modellino qui elaborato l’ho acquistato nel 2005 ed era parte di una collezione
distribuita tramite edicole. A prima vista parrebbe una riproduzione
fedele, ma il confronto con il reale fa sorgere dei dubbi. Confrontandolo con
le foto della vettura reale si scoprono infatti diverse inesattezze. Per
quanto lavoro di elaborazione si possa portare a buon fine, alcune restano
tali ed eliminabili solo con la sverniciatura della scocca per poi procedere
con le varie stuccature e la sostituzione di diverse parti. Ho
deciso comunque di elaborare il modellino allo scopo di fare del puro
esercizio, mettere quindi alla prova il mio senso critico per stabilire se un
dettaglio fosse o meno modificabile se non sostituibile. La
prima inesattezza da correggere è, una volta smontato il modellino, il
cruscotto. La vettura del SAFARI aveva la guida a destra mentre la mia
replica l’aveva all’europea, quindi dall’altro lato. Modificarlo non è stata
un’impresa semplice ma nemmeno impossibile. Per
prima cosa ho tagliato via il volante, poi ho asportato i due tachimetri (contachilometri e contagiri). Con un
tondino di PLASTICARD ho ricostruito i due strumenti posti quindi a destra,
ho ricostruito il blocco dello sterzo e aggiunti i cronometri in uso al
navigatore. La pedaliera di sinistra l’ho coperta con
un quadrato di PLASTICARD, a destra ho ricostruito l’intera pedaliera
utilizzando del filo di rame e del PLASTICARD sottilissimo (0,25 mm di spessore). Leva cambio e quella del freno a mano sono
quelle originali, semplicemente ripulite dallo sbavo di fusione. Sempre originali sono i sedili, anche se
sono molto sottili nello schienale e troppo grandi come seduta (ma dove li trovi due corretti nelle
proporzioni e nel disegno?). Li ho solamente carteggiati e stuccati per
poi dipingerli in due colori (parte
grigia superiore e la restante nera). Il
rollbar l’ho rinforzato, con due elementi supplementari, di modo che fosse
utilizzabile per fissarvi le cinture di sicurezza. La ruota di scorta l’ho arricchita delle
cinghie di fermo. La tanica a lato l’ho dipinta non prima di averla rifinita
dalle solite e immancabili sbavature in colata. Ho
aggiunto le cinture di sicurezza e un estintore mobile. In prossimità di
quest’ultimo vi ho aggiunto un galleggiante che serviva per svuotare la
vettura dall’acqua che entrava nell’attraversare i guadi. Un trucco che
MUNARI copierà e farà montare sulle STRATOS. Il
pianale l’ho rifinito e ho aggiunto due scarichi in metallo, meglio dei due
striminziti tubicini pieni che dovevano riprodurre gli scarichi. Nella parte anteriore vi ho messo una slitta
paracolpi totalmente auto costruita con PLASTICARD e perni in alluminio. Ho lucidato
a dovere i cristalli, poi vi ho montato i due finestrini laterali (ricavati da un foglio di acetato), ho
dipinto lo specchietto retrovisore interno. I
tergicristalli erano montati nel senso sbagliato, quindi due nuovi fori sulla
scocca e vi ho collocato due tergicristalli fotoincisi che basculano verso il
lato guida (a destra, quindi). Nei
fori errati vi ho messo due tondini di plastica a simulare i fori di uscita
dell’acqua per i vetri. Sul
cofano due ganci di fissaggio, realizzati con filo elettrico. Le due maniglie
che servivano a spingere o rigirare la vettura, in caso di ribaltamento,
erano in plastica cromata che tra parentesi stava venendo via e allora le ho
sostituite con due realizzate sempre con del filo di rame che poi ho dipinto
in colore STEEL. I
fari di base e quelli sul cofano li ho sostituiti con quattro fotoincisi,
stessa elaborazione per quello centrale attaccato al paraurti. I due fari
vicino al parabrezza non sono riuscito a modificarli, rischiavo di romperli e
quindi sono rimasti “quelli di scatola”. Idem per quello posteriore
supplementare. Infine, gli specchietti laterali non sono
giusti. Vi era solo lato guida e di tipo piatto. Quelli presenti sul
modellino furono montati dal 1972 in poi. Togliere quello dal lato passeggero
avrebbe lasciato un foro di considerevole diametro, per cui ho preferito
lasciare l’inesattezza storica piuttosto che un inestetismo palese. |
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