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NISE, Federico Cavann@ in
Genova "work-shop" 2014 FERRARI 333 SP Equipaggio: Gianpiero
MORETTI (I) - Arie LUYENDYK (NL) - Mauro BALDI (I) - Didier THEYS (B), 1° assoluto ROLEX 24 HOURS OF
DAYTONA, 1998 Maggio 2014. |
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Scuderie private Il prototipo fu creato, nel 1993, in soli 40
esemplari; il costo era di circa 640 milioni di lire. La sua carriera
agonistica cessò nel 2000. La direzione della Ferrari non
schierò mai nessun modello ufficiale anche se il suo apporto tecnico per il
motore 12 cilindri a V, unito a un telaio Dallara, fu significativo. Eredità e nuovi traguardi Il marchio Ferrari aveva cessato le
competizioni, nella categoria sport-prototipi, nel 1972 con il modello 312 P. Alla nuova 333 SP fu assegnato il
compito di conquistare nuovamente il titolo nel campionato americano IMSA. Il titolo, sia quello piloti che
costrittori, lo conquisterà nel 1995. MOMO e Daytona Gianpiero Moretti portò una 333 SP alle 24
ore di Daytona. La vettura barchetta fu sponsorizzata con il marchio del
brand creato, nei primi anni sessanta, dallo stesso Moretti. L’imprenditore e
pilota lombardo aveva partecipato per la prima volta, alla classica di
Daytona, nel 1970. Frase celebre Così Moretti commentò la sua vittoria
a Daytona: “Con quello che ho speso per vincere la ROLEX 24 ore di Daytona,
mi sarei comprato facilmente almeno mille ROLEX. Ma la volevo vincere a tutti
i costi”. Altri soggetti
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Mille ROLEX per una vittoria a DAYTONA Gianpiero MORETTI, fondatore del marchio
MOMO, fu un uomo tenace e volitivo. Il suo obiettivo era vincere la classica
IMSA del 1998, le 24 ORE di DAYTONA, e tanto fece per questo traguardo. La serie di modelli in scala 1/43 “FERRARI
COLLECTION” propone la versione della FERRARI 333 SP, portata in gara da
MORETTI e vincitrice assoluta nell’edizione 98. Il modellino presenta alcuni errori sia
nella carrozzeria – parti varie sia nella livrea ma, conviene ricordarlo, si
tratta di un prodotto per il mercato di massa e non certo per collezionisti
danarosi e pretenziosi. Prima di liberarlo dal basamento di
plastica, conviene tenere presente che la livrea non è realizzata con
verniciatura ma tramite delle decal; per tale ragione ho smontato il modello
usando un guanto di cotone, giusto per impedire che mani sporche e sudore
potessero danneggiare decal e verniciatura. Il fondo della vettura è tenuto alla scocca
con tre viti più due rivetti nella parte anteriore, rivetti che vanno
spannati con una punta da trapano (per
metallo) fatta ruotare a mano: non fatelo con un trapano a velocità fissa
se no si fonde la plastica del pianale. Fate poi attenzione mentre smontate
il fondo perché gli specchietti retrovisori e l’alettone sono di plastica e
si possono rompere facilmente. Prima foto dell’abitacolo cui ho tolto il
sedile di guida. Da alcune foto, di diversi modelli di barchetta 333 SP, ho
visto che la leva cambio e quella di alcune regolazioni erano fuori scala e
non realizzate come avrei voluto nel modellino da me in elaborazione. La
successiva foto sotto vi mostra il sedile ripulito e stuccato cui ho
ricostruito la leva delle regolazioni che, suppongo, agivano sul motore e la
trasmissione. A lato del sedile il vano abitacolo cui ho aggiunto una paratia
centrale e la leva del cambio. La leva delle regolazioni e il cambio erano
meccanicamente collegate tramite delle barre che ho riprodotto con del filo
di metallo e che finivano nella paratia di fondo dell’abitacolo. L’interno l’ho completato con fili colorati,
a riprodurre vari collegamenti, e piccoli pezzi di resina per riprodurre le
scatole che contenevano centraline e parti di controllo elettronico della
vettura prototipo. Da notare che l’estintore fisso non era visibile dato che
era (in teoria) posto sotto il
sedile del pilota. Dopo l’elaborazione dell’abitacolo, ho preparato
il pianale, non prima di aver levigato le gomme e aggiunto dei gommini di
fermo dei due assi. Su questi due dettagli dedico qualche parola
in più. Le gomme di questi modelli sono in genere lucide e con alcuni segni
di stampaggio proprio sul battistrada. Angelo TRON mi aveva, da tempo,
consigliato di ripulire il battistrada per rendere la gomma opaca e lasciare
la spalla più lucida. Confesso che per anni non avevo dato peso a questo
dettaglio; quest’inverno ho fatto qualche esperimento e sono rimasto
entusiasta di tale elaborazione degli pneumatici. Per eseguire la pulizia
della gomma, mi è stato sufficiente montare su un trapano l’asse con un
cerchio e passare sulla gomma della semplice carta smeriglia da 800 su cui
precedentemente ho sparso del borotalco. I cerchi presenti nel modello sono a
cinque razze, quelli nelle foto di allora erano sempre a sei. Ai maniaci del
dettaglio storico e della biografia del prototipo l’arduo responso in merito. I gommini sugli assi mi hanno permesso di
bloccare le ruote e di dare massimo ancoraggio alla colla bi componente, che
di solito uso per fissare permanentemente gl’assi,
senza doverne impiegarne molta ed evitando che questa colasse ovunque. I
gommini li ho ricavati dalla guaina di filo elettrico. Il fondo della vettura
non l’ho dipinto di nero, colore che poi si rovinerebbe visto che il modello
tocca realmente il suolo, ma ho levigato la plastica con carta smeriglia da
1000 costantemente bagnata con acqua e mossa con movimenti circolari. Una
volta fatto asciugare appare opaco e con un tono grigio scuro. Verificando le foto di quella gara, vi è un piccolo
giallo relativo all’alettone posteriore. Infatti, da un filmato, pare che
fosse stato montato anche un alettone di riserva su cui, i numeri di gara,
erano stati realizzati con del nastro giallo. Ad ogni conto, quello ufficiale
è riprodotto correttamente nel modello ma le due appendici laterali sono
troppo lunghe. La foto sotto vi mostra il piccolo intervento chirurgico per
ridurne l’altezza. Con una lima piatta si possono ridurre le appendici che
poi devono essere carteggiate e ridipinte in rosso solo lungo la parte
limata. Poco sforzo, massima resa. Un altro errore che si può correggere è la composizione
della fanaleria anteriore. Ho asportato le parabole trasparenti che, ahimè,
erano incollate anche nella parte anteriore (non ho ancora capito per quale folle ragione è stato commesso questo
errore estetico, che non irrobustisce e rovina sia la plastica trasparente
sia la vernice del modello stesso). Ho sostituito i fari tondi con altri
da 3,5 mm di TRON. Ho aggiunto due fanali rettangolari che stavano nella
parte anteriore e poi richiuso le parabole, prima ancora ho rimosso le decal
dello sponsor HELLA e rimosso la parte della parabola che era stata rovinata
dalla colla. La foto sotto credo che illustri il tutto. Ad ogni conto, sempre
per mettere dubbi, alla MOMO esiste esposta una versione di muso con solo
fanali tondi senza quelli piccoli rettangolari. Il cruscotto non sono riuscito a smontarlo e
quindi il volante l’ho potuto rifinire sommariamente ma, la linea di fusione,
si nota solo con una visuale ingrandita. Ho comunque aggiunto il cavo che collegava i
comandi “touch drive” tra questo e il cruscotto stesso. Il cavo l’ho
realizzato con un sottile filo di rame spiralato su uno spillo e poi dipinto
in nero opaco. La decal vicino al numero, sul davanti in
prossimità del cruscotto, era graffiata ma per fortuna vi era un piccolo
parabrezza in quel punto e ne ho aggiunto uno realizzato con acetato
trasparente. Non era in quell’esatta posizione ma, almeno, ha nascosto
l’inconveniente in modo decoroso. Gli specchietti laterali li ho rifiniti con
un cutter a mezza luna e dipinti di nero opaco e non lucido (come erano in origine). Torno all’abitacolo. Prima di chiudere il
sarcofago, ho montato il sedile e le cinture di sicurezza. Ho colorato le
varie centraline e i cavi che ho immaginato potessero essere presenti
nell’abitacolo stesso. Non occorre la pedaliera, perché non si potrebbe
proprio vedere. Le foto di seguito vi mostrano l’abitacolo
dalle varie prospettive possibili. Nel modellino, la camera car, era fuori
scala e di forma non corretta. Tolta quella di serie, ne ho realizzata una
nuova con un pezzetto di resina (grazie
VERLINDEN!) che ho incollato sul tubo diagonale del rollbar e poi dipinto
in nero opaco. Il foro, su cui era stata montata la precedente, l’ho
semplicemente tappato con una piccolissima borchietta
in alluminio. I più bravi magari faranno passare un filo che si collega con
la camera car. Sotto uno screenshot che mostra
com’era quella vera e la sua posizione corretta. Altra serie di dettagli che si possono
migliorare sono i collettori benzina e i blocchi scocca lungo le fiancate. Con una punta da 2 mm ho realizzato
gl’incavi dove si dovevano attaccare i manicotti per il rifornimento (due per ogni lato) e poi ricolorati
con una mescola di nero semilucido e silver. I blocchi scocca sono già dipinti di silver
ma un po’ troppo imprecisamente. Come per le profilature dei cofani, ho usato
del nero non acrilico, ma olio, diluito con un prodotto sintetico e non
aggressivo. Purtroppo, in corrispondenza della base
della presa d’aria, mancano due scritte (“WAVEPHORE”
a destra e “PROVIMI” a sinistra) sotto la scritta MOKART e non ho avuto
modo di aggiungerle. Onestamente usare un intero foglio decal per sole due
sponsorizzazioni… Ci sono ancora dei semplici dettagli che ho
curato. I ganci di recupero, anteriore e posteriore, realizzati sempre con
filo di rame. Nel cofano posteriore ho dipinto le luci che stanno nelle
feritoie della coda. Le rivettature intorno all’abitacolo le ho dipinte in
nero opaco. Il radiatore all’altezza dello stelo dell’alettone l’ho
realizzato con un lamierino zigrinato e dipinto in nero opaco. Altri dettagli
scopriteli Voi. Per finire, una lucidata molto delicata alla
vettura con l’uso di pezzuole per lenti e della crema al silicone. |
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