NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2015

FIAT ABARTH SP 1000

Piloti:, Salvatore CALASCIBETTA - Vincenzo FERLITO

Undicesimi assoluti, primi di classe alla TARGA FLORIO 1969

Elaborazione modello per edicole, scala 1/43

Novembre 2015

 

 

 

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Passione a 1000

 La piccola vettura nacque nel 1966 da un progetto di Mario COLUCCI specificamente per ABARTH.

 Era dotata di un motore a 4 cilindri con quattro carburatori WEBER, cambio 4 marce per una potenza di 105 cavalli e capace di spingere la biposto fino ai 220 km/h.

 Prodotta in 50 esemplari, per l’omologazione a Gruppo 6, ebbe una scintillante carriera sia su pista sia nei circuiti stradali come la TARGA FLORIO.

 

La vettura durante un raduno nel 2013 (www.kaeferblog.com)

 

 Il modello qui riprodotto è la replica che partecipò, appunto, alla edizione del ’69 della prestigiosa gara siciliana; CALASCIBETTA e FERLITO sono un duo noto, nel mondo delle corse, per aver portato alla TARGA FLORIO proprio questa vettura.

 L’elaborazione è l’insieme del modello 1/43, prodotto per la collana edita da HACHETTE, e di un set di decal prodotte da un modellista italiano.

 

 Il modellino non l’ho comprato al momento della sua uscita nelle edicole ma anni dopo a un mercatino di modelli e giocattoli. Era privo di confezione e persino della basetta di plastica; pur se impolverato e lievemente vissuto, sotto celava tutte le potenzialità per una bella elaborazione dal modico costo di 5€ contrattato, a onor di cronaca, in poche ma divertite battute.

 Questo pezzo non era in ottime condizioni ma non era nemmeno rovinato al punto di non tentare l’elaborazione desiderata. Tutte le sue parti erano presenti e, cosa importante, la scocca non aveva danni alla verniciatura così come il parabrezza a cupolino e i cerchioni.

 

 Quando compro un modello “vissuto”, mi preoccupo per prima cosa di smontarlo con cura e di rimuovere con pazienza ogni sua parte.

 In seguito, provvedo al lavaggio della scocca con acqua e sapone neutro, utilizzando una spugna morbida al fine di non rigare ulteriormente la vernice. Anche le altre parti che riutilizzo le lavo accuratamente per rimuovere lo sporco e far si che la colla, come la vernice, in fase di montaggio faccia perfettamente presa.

 

 Ho smontato il pianale per rifinirlo e poi verniciarlo con una miscela di GUN METAL + NERO LUCIDO.

 I cerchioni non erano in ottime condizioni, per cui ho smontato gli pneumatici e rifiniti i cerchi carteggiando via le sbavature di plastica; tramite una lima da dentista ho rifinito i singoli fori. Dopo questo snervante, ma necessario, lavoro di finitura li ho riverniciati con del SILVER OPACO. Rimontate le gomme sugli pneumatici ho aggiunto delle rondelle per simulare l’impianto frenante e nascondere l’interno che non era esteticamente in buone condizioni. La parte interna del cerchio, in corrispondenza dei quattro dadi di fissaggio, l’ho scurita con del colore a olio diluito con un medium neutro. Tramite una pezzuola di lana ho sfregato delicatamente i cerchioni per avere l’effetto finale traslucido.

 Le gomme le ho carteggiate con carta smeriglia 1200 e rifinite con una leggerissima passata di vasellina.

 Nella foto, sotto, un cerchio prima della sua lavorazione e uno simile dopo averci dedicato tutti i passaggi descritti necessari a migliorarlo.

 

 L’interno dell’abitacolo era da elaborare in toto. Ho iniziato dal sedile del pilota riducendo la dimensione della seduta, dopo ho realizzato le cinture di sicurezza. Alcuni modellisti le realizzano in colore celeste scuro, purtroppo non ho trovato documentazione che confermasse ciò per cui ho preferito dipingerle di colore nero. Purtroppo dalle foto di allora, a complicare il dubbio sul colore, era evidente che i due piloti non ne facessero uso e quindi resta ancora più amletica la scelta del colore.

 Ho in seguito aggiunto: la pedaliera, l’estintore fisso, una nuova leva del cambio e un estintore mobile in prossimità della paratia del motore.

 Le foto sotto mostrano il prima e il dopo l’elaborazione.

 

 Il volante e la strumentazione sono quelli originali, il tutto mi pareva in buone condizioni e non richiedevano di metterci le mani ulteriormente.

 Il parabrezza presentava diverse righe che ho rimosso utilizzando le paste abrasive, per vernici, prodotte da TAMIYA.

 Le stesse paste abrasive sono servite per lucidare la carrozzeria e rimuovere un’infinità di righe che si erano prodotte a causa del continuo, quanto travagliato, essere esposta in una o più bancarelle.

 

 I fari anteriori li ho sostituiti con una coppia in resina trasparente venduta da EQUIPE TRON, li ho incollati prima di chiudere il sarcofago. Stesso discorso per quelli posteriori (ma fotoincisi) e che sono una produzione RACING 43.

 Ho rimontato il parabrezza e aggiunto un tergicristallo, a compasso, prodotto dall’unione di due tergicristalli prodotti da TAMEO; quello del modello era si fotoinciso ma di bassa qualità.

 Passaggio finale la posa delle decal. Essendo queste di produzione artigianale, qualche limite l’hanno mostrato (risultano troppo spesse quelle relative a piccoli dettagli). Ma, credo che, tra le produzioni amatoriali, questo set sia quanto mai apprezzabile e valido.

 

 Questa è stata l’elaborazione nel suo complesso.

 Vediamo ora alcuni dettagli secondari che, non sempre, descrivo nei miei articoli ma che sono poi rilevanti per la riuscita dell’elaborazione.

 Prima di iniziare a dare estro a lime e pennelli, mi metto davanti al computer per studiare bene le foto del modello reale; se non ho abbastanza foto di ciò che voglio replicare, ne cerco altre del medesimo modello, magari in altre versioni di gara.

 Altro studio che cerco di fare con calma e attenzione è quello del modello e delle sue singole parti. Dettagli di meno e di troppo cerco di trovarli e di segnarmeli per poi eliminarli o aggiungerli.

 Vi sconsiglio di procedere a vista, dando estro a colpi di creatività che spesso, nell’1/43, degenerano in risultati mediocri o arricchiscono il modellino di errori di ogni sorta che poi non si possono correggere.

 Di seguito ecco alcuni esempi di dettagli e migliorie che si possono fare in casa e senza spese aggiuntive.

 Nel caso di quest’ABARTH, ho notato che vi erano diverse viti presenti sulla carrozzeria e che, tutto sommato, non è difficile replicare.

 Alla sinistra del tergicristallo vi era l’interruttore dello stacco batteria (suppongo, non credo fosse quello per l’estinguente) e proprio di colore rosso, facile da realizzare con la testa di uno spillo.

Le due feritoie per lo scarico del calore, presenti sulla coda del modello, possono essere rifinite con una lima e poi ricolorate con del semplice rosso acrilico. Questi sono solo alcuni esempi, ma cercate e troverete.

 Insomma, elaborare modelli stock è un po’ come una caccia al dettaglio della SETTIMANA ENIGMISTICA: fondamentali sono la documentazione fotografica e un po’ d’immaginazione per ottenere il dettaglio più minuto.

 Vero che molti di questi ormai sono “prodotti e venduti” ma, a mio modesto avviso, questo esagerato uso del “già pronto” (fotoincisioni per capirci) sminuisce lo spirito proprio della modellistica: realizzare in proprio e con materiali semplici per far muovere la fantasia e la manualità. Tutti bravi a comprare e a incollare, ma io non ho questa lettura dell’arte di replicare le quattro ruote basandosi sul budget.

 I modelli, come quest’ABARTH, mettono felicemente alla prova creatività e manualità, meno le nostre carte di credito che stanno bene nel portafogli. Giusto Carlo?

 

La foto mostra Carlo Abarth appoggiato al prototipo della SP1000 poco prima delle foto di rito il giorno della presentazione presso lo stabilimento di Corso Marche a Torino nel 1966, al volante il pilota Jonathan Williams (copyright sconosciuto).

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