NISE, "work-shop" 2009 - 2019

FIAT ABARTH OT 1300

Clemente AVVENTURIERI, primo di classe e nono assoluto

TRIESTE - OPICINA, 1966

Elaborazione modello di produzione per edicole, scala 1/43

Novembre 2019

 

Classifica all’arrivo

1° assoluto “Noris” (Giacomo Moioli) su Porsche Carrera 6, secondo Edoardo Lualdi Gabardi su Ferrari Dino 206 S, terzo Francesco Ghezzi su Brabham.

 

 

 

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Tra le più belle di casa Abarth

 A Mio avviso, la OT 1300 del 1966 è stata tra le vetture più belle di casa ABARTH e nello stesso anno fu omologata nella categoria Gruppo 4 Sport. Fu innovativa in quanto la prima, sempre della produzione ABARTH, ad avere la carrozzeria in vetroresina. La mano che la creò fu quella di Mario COLUCCI basandosi sul telaio della FIAT 850 e sulla meccanica sperimentata della OT 2000 Sport Prototipo.

 

 

 A proposito della nuova carrozzeria in materiale, allora quanto innovativo (realizzata da SIBONA e BASANO), molti piloti di allora lamentarono che l’odore di vetroresina era talmente forte da imporre di tenere i finestrini aperti. Inoltre, il materiale impediva al calore di disperdersi all’esterno rendendo l’abitacolo una vera e propria graticola.

 Una prima soluzione fu l’apportare un banale tubo flessibile che pescasse aria fissandolo al finestrino del passeggero. In seguito, fu realizzata una presa d’aria sul deflettore laterale del pilota, soluzione quasi inutile dato che l’aria non entrava nell’abitacolo in alcun modo.

 Furono introdotte altre due modifiche: la prima consisteva nella realizzazione di un lunotto posteriore in plexiglass trasparente; l’aria entrando nell’abitacolo sarebbe poi fuoriuscita dalla parte posteriore di questo lunotto. La cosa si rivelò peggiorativa dal lato aerodinamico, al punto che diversi piloti lo rimossero.

 Un positivo miglioramento “termico” fu l’introduzione del periscopio sul tettuccio che in un primo tempo era optional, successivamente fu montato sulla seconda serie.

 La prima serie, del 1966, aveva diversi difetti dati dalla fretta di mandare in produzione il progetto. Uno dei più noti era la asimmetria del cofano anteriore, sporgeva di quasi sette centimetri a sinistra e rientrava di altrettanti centimetri dall’altra.

 Nonostante la modesta cilindrata di 1300 cc vantava a vuoto un peso di 665 kg, il motore erogava oltre i 145 cavalli e sufficienti per spingere la vettura oltre i 245 km/h.

 La vettura ebbe successo e nel 1967 ne fu realizzata una seconda versione con motore potenziato e una maggiorazione della carreggiata.

 Furono realizzate personalizzazioni per alcuni modelli, come differenti cofani anteriori e prese d’aria sui laterali in prossimità delle ruote posteriori; alcune si dimostrarono efficaci mentre altre diedero più un tono estremo e grintoso ma poco redditizio come velocità e tenuta di strada.

 Le vetture ebbero una vita ufficiale importante ma la sua fama fu soprattutto costruita con scuderie e i piloti privati.

 Clemente AVVENTURIERI era uno di loro, si classificò primo nella classe 1300 cc e nono assoluto, completando il tracciato in circa cinque ore alla media di 120 km/h.

 

(Copyright Massimo Nicolini)

 

(Copyright Massimo Nicolini)

 

Le tre foto mostrano la vettura prima della gara, notare le asimmetrie dei due cofani

(Copyright Massimo Nicolini)

 

Il modello

 Il modello è stato prodotto per la grande distribuzione nelle edicole. Si porta dietro una serie di problematiche non facili da risolvere con una semplice rielaborazione.

 La mia è una rielaborazione molto casalinga ed economica.

 Gli interni sono iper “spartani” e hanno due sedili che hanno poco a che fare con quelli reali di allora.

 Le foto sotto parlano da sole: a sinistra i sedili originali mentre, a destra, il pianale con montati dei sedili da me recuperati da un vecchio modello.

 

 

I sedili originali (Copyright conceptcarz.com)

 

 Dalle foto di allora, per i modelli prima serie, non mi risultano che fossero installate cinture di sicurezza a quattro punti o a due punti in vita.

 Di certo, i poggiatesta non erano presenti e nemmeno un impianto di spegnimento incendi. Forse un estintore mobile c’era nelle elaborazioni che seguirono, al 1967, ma non ho certezze di sorta.

 All’interno dell’abitacolo, sopra il pianale dei sedili, vi è un quanto mai strano rollbar. A me pare poco veritiero ma, una volta montato il tutto, non si vede.

 Le decal dei numeri sono presenti su un foglio in vendita tramite EQUIPE TRON, non del tutto fedeli agli originali ma ci si avvicinano di molto.

Sul davanti la vettura aveva uno sponsor ma, causa la poca nitidezza delle foto di allora, non è stato da parte mia identificabile e riproducibile.

 La targa l’ho realizzata con un programma di grafica e poi stampata su carta.

 I ganci di traino sono realizzati in filo di rame poi dipinto di rosso.

 Il lunotto posteriore trasparente è fissato alla scocca con due rivetti trasparenti ma enormi. Tagliati via, ho stuccato i buchi nella scocca e poi una mano di colore rosso in bomboletta spray prodotto da TAMIYA (non proprio uguale…). Il lunotto l’ho fissato con vernice trasparente acrilica e poi con della vernice trasparente a smalto sintetico. La scritta “FIAT ABARTH” l’ho realizzata con delle lettere trasferite su decal trasparente. Incollati con del “clear” TAMIYA.

 I nove rivetti che lo fissavano, al cofano posteriore, li ho realizzati anche per le calotte dei fanali anteriori.

 Infine, il tergicristallo a compasso è quello originale, semplicemente rifinito e riverniciato in metallo opaco.

 Un consiglio finale: non tentate di rimuovere i vetri, sono di una fragilità estrema...

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