NISE, "work-shop" 2009 – 2020

MERCEDES 300 SL

Equipaggio Hans KLENK – Karl KLING

III CARRERA PANAMERICANA 1952, 1° assoluto

Modello di produzione, scala 1/43

Luglio 2020

Edizione del ‘52

La classifica finale vide al 1° posto la Mercedes 300 SL di Klenk-Klink, al 2° posto quella di Lang-Grupp, al 3° posto la Ferrari 340 Mexico Vignale Berlinetta di Chinetti/Lucas.

 

A quell’edizione furono iscritte e presero il via 93 vetture ma solo 39 giunsero al traguardo.

 

Inaspettato il 4° posto conquistato da una Lancia Aurelia B20 con compressore, condotta da Maglioli/Bornigia.

 

 

 

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La foto mostra l’arrivo della vettura in Messico, si noti l’assenza della sponsorizzazione del con cessionario locale Mercedes (Copyright mercedes-benz-publicarchive.com).

 

Le tre vetture tedesche prima della partenza, la n°4 é quella al centro (Copyright mercedes-benz-publicarchive.com).

 

L’arrivo al traguardo della coppia Klenk-Klink (Copyright sconosciuto).

 

 

 

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Sono qui pubblicati a solo titolo di informazione non costituendo profitto di sorta in tale contesto.

Restauro o elaborazione?

 La terza edizione della CARRERA PANAMERICANA, del 1952, fu vinta dalla MERCEDES 300 SL guidata dall’equipaggio KLENK e KLING dopo una serie di quanto mai curiose avventure e peripezie che richiesero la modifica della vettura tra cui, quella più curiosa, del parabrezza. La ragione poi ve la spiegherò più avanti.

 Il 1952, per la 300 SL, fu un anno pieno di soddisfazioni agonistiche visto che partecipò a tutte le più importanti competizioni di quell’anno, sia in circuito sia nelle gare sulla distanza. Giusto per citare alcune vittorie: Il suo debutto sportivo ci fu alla MILLE MIGLIA 1952 guidata sempre da KLING-KLENK e giunse seconda dietro alla FERRARI 250 pilotata da Giovanni BRACCO. Dopo l’esordio promettente in terra italica, nonostante la casa tedesca riponesse poca convinzione sulle capacità agonistiche della vettura vista la poca potenza del propulsore, fu un susseguirsi di vittorie: a BERNA, in SVIZZERA, due 300 SL tagliarono il traguardo ai primi due posti; una 300 SL si classificò prima alla 24 ORE DI LE MANS (con l’equipaggio LANG-REISS) ed infine al NÜRBURGRING ben quattro si aggiudicarono i primi quattro posti. Più di così!

 L’edizione panamericana di quell’anno, per la scuderia MERCEDES, vide la partecipazione, oltre a quella qui riprodotta, di un’altra 300 SL ad ali di gabbiano (le due portiere erano ad apertura verticale e non classica) condotta da Hermann LANG e Erwin GRUPP e una versione roadster con l’equipaggio John FITCH e Eugen GEIGER. Le vetture furono preparate nei mesi precedenti per testare i motori e le rispettive carburazioni in vista delle quote a cui le vetture avrebbero dovuto gareggiare (la quota media era di 2.000 metri per risalire fino al Passo di PUERTO AIRES per una quota di 3196 metri).

 Alle vetture tedesche però non era sufficiente la perfetta regolazione dei carburatori WEBER per poter battere gli avversari, i tecnici dovettero lavorare a lungo per ottenere 10 cavalli in più dal motore di 3000cc dotata appena di 170 cavalli.

 Per vincere quell’edizione del ’52, MERCEDES dispose di una squadra di quasi cento persone tra piloti, meccanici, tecnici e altre figure di contorno; per ragioni di sicurezza, fu spedita in MESSICO una quarta vettura e un numero infinito di parti di ricambio.

 Durante la prima tappa, quella del 19 novembre, la vettura era lanciata a oltre 200 km/h quando un avvoltoio (ma qualcuno sostenne si trattasse solo di una poiana) finì a sbattere contro il parabrezza mandando in frantumi la parte del passeggero. In quel momento vi era seduto KLENK il quale, oltre a svenire, rimase ferito alla testa.

 Nonostante la brutta avventura, KLENK non si fece troppo male e la 300 SL fu prontamente riparata; per ragioni di sicurezza, ma forse anche in segno scaramantico, sul parabrezza furono fissate otto sbarre di acciaio. La gara non era compromessa e non erano state perse troppe posizioni per cui il tutto era ancora in gioco. Infatti la vettura risultava al 3° posto della classifica provvisoria.

 Il 23 novembre, dopo otto estenuanti tappe per oltre 3100 chilometri, KLENK e KLING vinsero la corsa con un tempo di guida di 18 ore e 51 minuti trascorsi tra strade ancora non asfaltate, forature varie, problemi di carburazione e pennuti vari finiti a sbattere contro l’auto.

 

La scocca di una 300SL in fase di allestimento. Si può notare la parte di tettuccio che ospitava le cerniere per le portiere ad ali di gabbiano e la parte di cruscotto facente parte del telaio stesso (Copyright sconosciuto).

 

Ecco la vettura come si presentava senza la carrozzeria in acciaio e alluminio. L’intero telaio era tubolare su cui poggiavano il motore, la meccanica delle sospensioni e dello sterzo e il serbatoio capiente (Copyright sconosciuto).

 

A sinistra Hans Klenk e a destra Karl Kling il giorno prima dell’inizio della gara. Da notare che la targa anteriore non era stata montata fin dall’inizio della corsa (Copyright mercedes-benz-publicarchive.com).

 

Klenk visibilmente sanguinante dopo che un uccello aveva sfondato il parabrezza anteriore (Copyright mercedes-benz-publicarchive.com).

 

L’arrivo al traguardo della vettura tedesca, sul parabrezza anteriore erano state imbullonate otto barre di acciaio (Copyright mercedes-benz-publicarchive.com).

 

Il modello

 Questo modello è una produzione, non recente, di BANG.

 Si può notare che sia stato prodotto sui primi del 2000 ed era apprezzabile, in quegli anni, la presenza di diverse parti fotoincise come le barre sul parabrezza, i tergicristalli, il volante e i marchi della fabbrica d’auto tedesca. Altri elementi, però, ci fanno comprendere che si tratta di una produzione non tra le ultime, viste le marcate escrescenze della presso-fusione.

 Il modello l’ho recuperato a una mostra scambio e in un primo tempo avevo la sola intenzione d farne un restauro visto che portava i segni del tempo come i numeri di gara scrostati, la vetratura rigata.

 Come spesso accade, sono partito con una idea e mi sono ritrovato a fare qualcos’altro. Così ne ho deciso una modesta ma piacevole elaborazione.

 

 

Sopra i sedili del modello originale che erano completati da una stoffa con disegno tipo Tartan scozzese. La foto successiva gli interni del modello elaborati.

 

 Evito di descrivere la parte preparativa del modello, cioè: smontaggio e lavaggio delle singole parti, lucidatura dei vetri e ricerca delle parti da sostituire con alte di migliore finitura.

 Vi descrivo subito gli interni e cosa ho fatto: smontato il tutto, i sedili li ho dovuti carteggiare e rifinire e successivamente dipingere in un verde oliva intenso; ho recuperato la parte di stoffa con cui BANG aveva foderato i sedili ma posizionandola nella misura corretta.

 Il pianale posteriore, e parte dell’abitacolo, li ho dipinti in verde simile a quello utilizzato per i sedili dando una tonalità più scura per creare contrasto con quella dei sedili stessi. La leva del cambio l’ho sostituita e qui uno spillo è perfetto per tale elaborazione, al termine è bastato dipingere il pomo in marrone chiaro.

 

 

 Ecco l’interno del cruscotto e il volante fotoinciso originale BANG. Il tutto è perfetto e non mi è sembrato il caso di fare troppe finiture, a parte una leggerissima mano di vernice trasparente per evitare che la fotoincisione magari possa opacizzarsi negli anni. Unico consiglio è di utilizzare della vernice a smalto trasparente per i due tachimetri, questo con lo scopo di dare maggiore risalto a modello finito (l’effetto lente sui due tachimetri) e per garantire che nel corso degli anni le rispettive decal non secchino e si scollino via.

 

 

 La lucidatura delle vetrature è importante per garantire un buon restauro del modello e per poter apprezzare gli interni. Quindi pasta lucidante a palate.

 Alcune delle barre sul davanti erano staccate e le ho fissate nuovamente con della colla cianacrilica in gel. Poi una mano robusta di vernice smalto trasparente per rinforzare il tutto e togliere eventuali aloni opachi di colla.

 I numeri di gara erano in parte scrostati sul tetto e sulla portiera sinistra, segno che un precedente proprietario del modello aveva tentato di togliere l’eccesso di decal che era presente lungo le linee di fuga delle portiere. Purtroppo il risultato doveva essersi dimostrato deludente e il tentativo di continuare nell’impresa era stato bruscamente interrotto. Da qui, forse, la cessione per poi finire su una bancarella.

 Nei modelli di almeno un decennio fa, le fughe, tra le portiere o i cofani rispetto alla carrozzeria, erano molto marcate e le decal dovevano essere pazientemente collocate all’interno. Nelle produzioni di fabbrica, allora tale finezza non poteva essere realizzata se non a mano e quindi incidendo sui costi finali in modo sensibile. Unica soluzione a tale difetto estetico è reperire delle decal nuove e posizionarle utilizzando pennelli e ammorbidenti per decal oppure, come ho fatto io in questo modello, con un bisturi asportare la parte di decal presente nella fuga e carteggiare, il bordo tagliato, con un pezzo di carta smeriglia da 2000; poi ridipingere l’interno della fuga con il bianco del fondo numero e il nero del numero stesso. Tocco finale protettivo della vernice semilucida acrilica (necessarie almeno 4 o 5 mani molto leggere).

 I fanali anteriori li ho sostituiti con due a resina prodotti da EQUIPE TRON aventi un diametro di 5 mm. Le corone cromate dei due fanali possono essere riutilizzate a patto di dare una lucidata e una mano di vernice trasparente sintetica prima di incollare i fanali in resina.

 Per le luci posteriori ho lasciato quelle originali tranne i due catarifrangenti vicini alla targa. Questi sono di mia realizzazione: bastano due tondini in alluminio, della colla vinilica e del colore rosso per pittura su vetro. Semplici no?

 Tornando a parlare delle problematiche proprie di fusione della scocca, i passaruota purtroppo avevano i segni evidenti di materiale fuoriuscito in fase di stampo. Questo ha comportato il dover levigare con una lima semitonda tutto l’arco dei passaruota. Una volta limato l’eccesso di metallo, ho dedicato diverso tempo a carteggiare per poter rendere uniforme e liscia la superficie. Consiglio l’uso di carta smeriglia da 400 e poi da 800 e infine da 1000. Il colore giusto, per ricoprire il metallo, è il color argento opaco di MAIMERI con una aggiunta di nero lucido; tenete conto che occorrono non meno di tre mani per riportare il livello della vernice a quello del resto della scocca. Fatto asciugare il tutto, ho rifinito la parte verniciata con vernice lucida a smalto e anche qui almeno due mani sono necessarie.

 La cinghia di chiusura del cofano è fotoincisa e di colore cuoio, dipinta tutta però… Con un bisturi molto affilato, ho rimosso la parte di vernice che copriva la fibbia e rimosso la parte di vernice corrispondente al punto di fissaggio alla carrozzeria e al cofano.

 Un dettaglio che aveva subito il passare degli anni erano gli pneumatici, al contatto con i miei polpastrelli risultavano parecchio appiccicosi e infatti erano coperti da una leggera patina unta con appiccicata della polvere. Per risolvere il guaio, occorre rigenerare la gomma di ogni ruota, operazione non brevissima ma che in genere mi ha sempre dato buoni risultati. La prima fase è un lavaggio degli pneumatici con acqua, calda ma non troppo se no la gomma si dilata in modo permanente.

 Una volta lasciati immersi almeno un’ora, li lavo con molta cura usando del sapone per piatti che ha un buon potere sgrassante senza però intaccare la gomma.

 Appena le gomme sono asciugate, controllo lo stato di morbidezza e se hanno ancora quel terribile effetto di appiccicoso ripeto l’operazione una seconda volta.

 Sconsiglio di usare alcol etilico o solventi di sorta, non ricoprire poi la gomma con vaselina o altre sostanze ammorbidenti sia naturali come chimiche.

 Un dettaglio che ho lasciato per puro piacere modellistico, ma non corretto storicamente, è la presenza della targa anteriore. Dalle foto noterete che la vera 300 SL non l’aveva se non solo all’arrivo in MESSICO.

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