NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2012

LANCIA STRATOS
IL MITO TRA SPACE AGE E DESIGN & TECHNOLOGY

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Genova per Noi

LANCIA STRATOS
"WORK-SHOP"

Documentazione race-car

Galleria race-car pista

Galleria race-car rally

Galleria race-car competizioni varie

Un paio di sci
Il nome della vettura in un primo tempo era stato creato per un progetto di sci. Progetto che non andò a termine.

Legno e cartone
Per alcuni dettagli, spesso, si dovette ricorrere a questi materiali per ragioni di costi e per finire in tempo utile prima delle presentazioni delle varie versioni. Per un prototipo, da mostrare ai vertici Lancia, i vetri furono realizzati con cartone dipinto di nero; il risultato fu mediocre esteticamente e lo stesso Gobbato fu risentito di tale approssimazione.

I desiderata del team HF
Quando iniziò la progettazione della Stratos, Cesare Fiorio chiese a tutti i componenti del team (nessuno escluso) quali caratteristiche doveva avere la nuova vettura. Munari disse che la desiderava soprattutto con almeno 300cv. Fiorio ribatté chiedendo come mai ne volesse così tanti. E Munari gli rispose "Tu dammeli e poi ci penso io...".

Poco convenzionale
Un concessionario Lancia raccontò che in molti parlarono, all'uscita nel 74, di una vettura per il futuro. Ma pare che al pubblico non piacesse perché mancavano i paraurti (cromati per giunta) e non aveva il bagagliaio.

Fine degli sviluppi
Nonostante fosse iniziato come un gioco stilistico che poi si concretizzò in un progetto vero e unico, dal 75 in poi Bertone e Lancia smisero la collaborazione per la Stratos. A Giovanni Agnelli, pare, piacessero sia il prototipo sia la versione stradale. Ma pur non ostacolando la parte agonistica, la produzione risentì di una certa passività Fiat. Tale da richiedere la produzione di diverse parti presso fornitori minori.

Saccheggio dei magazzini Fiat e Lancia
Ogni volta che mancava qualche particolare, si ricorreva ai magazzini dei ricambi di serie. Ne furono un esempio le fanalerie (Fiat, 850 e 124), le maniglie portiere (Lancia Beta), i ganci dei cofani (Fiat Campagnola e per uso su vari camion).

Prima Bertone o Meddings?
Il colore della Stratos Zero é praticamente uguale al prototipo dell'auto di Straker (serie TV UFO). Eppure Meddings lo fece dipingere così prima dell'uscita della Stratos al Salone di Torino del 70.

Guidata da Nuccio in persona
Gobbato si vide arrivare nel piazzale della Lancia la Stratos Zero, che era talmente bassa (84 cm) da passare sotto le sbarre dell'ingresso. A guidarla era lo stesso Nuccio Bertone. Ma per uscire dall'auto Bertone fu aiutato da Gobbato.

Questa storia ebbe inizio forse anni prima, nella mente di Nuccio BERTONE, ma una data cronologica occorre: il 1970. Questa é una lettura diversa di una storia tanto fantastica quanto vera. E accaduta in Italia. Il decennio che iniziava, dopo un 1969 altrettanto ricco di fatti come l'uomo sulla Luna e l'impiego dell'elettronica, sarebbe stato uno dei più emblematici periodi della Storia d'Italia e d'Europa. Anni certo difficili ma anche ricchi di positività e rivoluzioni in molti settori: l'arte, la musica, la moda, i motori, la politica, l'etica sociale. Qualcuno ancora oggi li definisce, con troppa superficialità e un filo di non velata saccente ignoranza, i peggiori anni del nostro paese; guardando però creazioni come la STRATOLIMITE, di Nuccio BERTONE, viene da pensarla diversamente.
Negli anni sessanta si chiude la "Space Age" che aveva avuto una forte dominanza americana dal 1955 al 1965 e inglese dal 65 alla fine del 70; La Space Age descriveva un futuro vissuto nello spazio con tecnologie innovative quasi romanzate (i film di fantascienza di allora ne sono l'esempio lampante, come "The time machine") ma legate allo stato sociale e culturale dell'America del dopo guerra e della riconversione industriale da militare a civile. Dal 65 in poi questo periodo si chiude per sfumare verso l'era "Design & Technology," basata su un futuro di reali tecnologie e di design, ambedue privi di vena romantica ma razionali e avulsi da qualsiasi etica sociale e politica.

 

Nel 1953 la serie BAT  (Berlinetta Aerodinamica Tecnica), di cui forse uno dei tre più belli resta quello denominato BAT 5, segna appunto questa visione del periodo Space Age e che ha richiami al design americano dei marchi come Cadillac o Dodge. Grandi vetrature, pinne e appendici aerodinamiche, fanalerie incassate nelle calandre e non più nei parafanghi, segnano l'evoluzione della vettura anche in Europa.
Il rapporto fra BERTONE e ALFA ROMEO trova proprio la sua espressione creativa più alta con la famiglia delle concept BAT, vetture che destano stupore esplorando nuove frontiere dell'aerodinamica e del car-design: la BAT 5 (1953), la BAT 7 (1954) e la BAT 9 (1955). Le ricerche nel campo dell'aerodinamica culminano nel 1956 con la Abarth 750 Record, costruita su base Fiat 600 e provata sulla pista ad alta velocità di Monza, che stabilisce ben dieci primati mondiali fra cui la percorrenza di 4.000 Km alla media di 156,360 Km/h e 72 ore di marcia con una percorrenza di 10.125,26 Km (dati ufficiali BERTONE). Le auto come prototipo di razzi spaziali.
Se il marchio FERARRI solo in parte fece proprio il design e lo style di quel decennio, BERTONE lo sondò con maggiore passione dando risposte interpretative più audaci. Arrivò l'elettronica e questa porteò alla dinamicità di parti come fanalerie, cruscotti, nuovi sensori per temperature e consumi. Inoltre si iniziò a progettare se non auto complete almeno parti di esse con caratteristiche specifiche di sicurezza: parabrezza e cristalli a frantumazione, cinture di sicurezza, cellule di assorbimento urti, gomme e sistemi frenanti nuovi  (Preston TUCKER ne fu un fautore di tutto ciò, nda). Ma tutto questo era troppo se immesso all'improvviso nell'industria europea che stentava a concepire l'automobile come oggetto  legato al mix di tecnologia - materiali - design e sicurezza. Le concept-car sono anocra solo delle astrazioni ed puri esercizi di stile e non di design.

 

 

Gli anni sessanta sono uno dei periodi migliori per BERTONE e per la sua interpretazione della classe "GT italiana". Propose cinque interpretazioni di questo concetto. Aumentarono le collaborazioni sul fronte industriale, con SIMCA e BMW. E poi le ISO-RIVOLTA GT 300 e 340 e ISO GRIFO. Di quest'ultima, Nuccio BERTONE realizzò anche un prototipo cabriolet e una versione destinata a impieghi agonistici denominata A3C. Gli anni della GRIFO sono quelli della Corvair Testudo, che Nuccio BERTONE guida personalmente portandola al Salone di Ginevra del 1963. L'anno seguente ecco l'ALFA ROMEO Canguro. Nel 1965 arriva l'ALFA ROMEO Giulia GT, erede ideale della Giulietta Sprint. Nasce la FIAT 850 Spider a metà anni 60 e fra il 1965 e il 1972 ne vengono prodotte quasi 140.000 unità, quasi tutte vendute sul mercato americano.
La Space Age terminava e gl'albori del nuovo decennio scrivevano il nuovo tempo del Design & Technology, che introduceva l'elettronica e l'uso di nuovi materiali a sintesi chimica.
Quel decennio, per BERTONE, si chiuse con la nascita di un sodalizio industriale destinato ad entrare nella storia dell'automobile, quello con Ferruccio LAMBORGHINI. La Miura, primo frutto dell'incontro fra i due grandi, venne presentata al Salone di Ginevra del 1966, ridefinendo il concetto formale di coupé ad alte prestazioni. Alla Miura seguono la Marzal (1967) e la Espada (1968). Negli stessi anni vedono la luce altri due coupé: l'ALFA ROMEO Montreal e la FIAT Dino Coupé, entrambe del 1967. "Stupire, esplorare morfologie inedite, creare una nuova sintassi grafica che proietti nel futuro le forme dell'automobile..." sono le caratteristiche ormai del marchio di fabbrica di Nuccio BERTONE che nel 1968 al Salone di Parigi presenta la Carabo, realizzata sulla base dell'Alfa 33 e prima sua concept-car degli anni del D&T.
Il massimo design arricchito di materiali nuovi, o presunti tali, capaci di una vera innovazione nell'ambito delle quattro ruote.

 

 

Nel 1970 l'azienda BERTONE contava su più di 1500 dipendenti e lo stabilimento di Grugliasco si estendeva su una superficie di 267.000 mq.
In collaborazione con LAMBORGHINI vennero realizzati prototipi Jarama e Urraco. Con il prototipo STRATOLIMITE il cui padre vero era Marcello GANDINI, venne impiegata meccanica e motore di una LANCIA Fulvia 1.6 HF incidentata (questa scelta fu necessaria per non incuriosire nessuno nel gruppo FIAT-LANCIA chiedendo parti meccaniche nuove), BERTONE creava un prototipo statico  che rappresentava il concetto di "auto-oggetto", stabilendo nuovi punti di riferimento per l'arte moderna e il car-design di allora e, tutto sommato, in parte di oggi.
Presentata al Salone di Torino del 1970, la STRATOS ZERO superava il concetto di mero stile, imponendosi come una sintesi senza tempo, di architettura, scultura e design industriale. L'anno seguente, partendo da alcuni stilemi della ZERO, BERTONE disegna la LANCIA STRATOS stradale prototipo, una vettura sport compatta destinata a usi prevalentemente agonistici.
Intanto lo stilista del futuro automobilistico non si ferma: nascono la MASERATI Kamshin e la FIAT X1/9, quest'ultima figlia della concept Runabout, che si propone come l'erede della 850 Spider ripetendone il clamoroso successo commerciale. La X1/9 entra in produzione nel 1972 e vi resta fino alla fine del 1988 con un totale di 160.000 unità prodotte.

Dalla fantasiosa e prolifica matita di BERTONE, e dei suoi collaboratori, presero vita supercar, utilitarie e provocanti concetti di stile: LAMBORGHINI Countach e DINO FERRARI 308 GT4 (1973), AUDI 50 e INNOCENTI Mini 90 (1974), FIAT ABARTH 131 Rally (1975) e il prototipo ALFA ROMEO Navajo (1976).

 

 

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La STRATOLIMITE venne realizzata in una prima versione non funzionante,  successivamente verniciata in colore argento anziché oro/rame divenne funzionante e venne proposta in diverse prove di guida dove i giornalisti erano passeggeri di eccezione su questo oggetto del futuro.
Il prototipo, però, non incontrava i desiderata di LANCIA e comunque venne ostacolato in più aspetti da parte di alcune correnti interne, al Gruppo FIAT, che ritenevano più importante puntare a investimenti e progetti legati alla reale produzione automobilistica.
La STRATOS ZERO, come era stato identificato il prototipo argento funzionante, poteva essere il punto di partenza per la realizzazione della STRATOS prototipo su cui si sarebbe collocata una motorizzazione di 2418 cc a 6 cilindri a V con 12 valvole di produzione FERRARI (montato già sulle DINO FERRARI 246).
Alcune parti dei due prototipi erano totalmente innovative e ancora oggi resta difficile riscontrarle nelle attuali produzioni. Per altre, anche a causa dei limiti che lo staff progettuale  BERTONE incontrava nel reperire e lavorare determinati materiali, si dovette fare ricorso alla fantasia e a quanto presente nelle produzioni LANCIA e FIAT.
Inoltre, l'elettronica e la micro motorizzazione elettrica non erano ancora ai vertici odierni per cui alcune parti, come l'apertura del portellone anteriore e del cofano triangolare posteriore, erano manuali. La strumentazione, in un unico pannello, stilizzava tutti i classici indicatori tramite led e strumenti minimali. L'epoca del contestare e del rivoluzionare coinvolge anche Nuccio BERTONE, tanto estreme le sue creazioni quanto altrettanto austero e concreto nel suo carattere e modo di presentarsi.

 

 

Si perché bisogna conoscere l'uomo creativo in questione per poter poi apprezzare e valutare il progetto STRATOS. Lui era anche speciale nel suo carattere.
Alla LANCIA intanto portano avanti la richiesta di ricavare dalla ZERO una versione che possa essere più tradizionale ma allo stesso tempo già predisposta per le competizioni e per l'evoluzione corsaiola, specifica che allora era impensabile perché le auto turismo coupé da impiegare nei rally e su pista erano solo quelle di produzione. Nasce così, in casa LANCIA, la prima vettura non di produzione con l'esclusiva destinazione per le corse. I regolamenti di allora imponevano che tali vetture fossero prodotte in almeno 500 esemplari. BERTONE organizza spazi appositi per la realizzazione della futura versione stradale. Ma prima occorre ancora il motore FERRARI, e poi iniziare a caratterizzare la vettura secondo i desideri del team LANCIA HF (Cesare FUIORIO).
La foto qui a destra mostra il prototipo stradale che sarà utilizzato per le prove sia su strada sia su sterrato. Lo studio tecnico ha la supervisione di Pierugo GOBBATO, per molti versi il padre della versione da gara. La vettura fu realizzata con due portiere ad apertura orizzontale, due cofani in vetroresina che si univano alle due portiere nella cellula centrale, motore trasversale FERRARI elaborato dalla ELABORAZIONE MAGLIOLI di BIELLA (190 cv di base erano pochi secondo MUNARI). Lo sviluppo della vettura non fa passi da gigante e i mesi passano.
Man mano che si prova il prototipo, si riscontrano le problematiche e successivamente lo stesso BERTONE ne trova le soluzioni anche con il supporto di DALLARA, di MAGLIOLI e dei diversi piloti tra cui primeggia sempre più Sandro MUNARI. Qualcuno dirà, anni dopo, che la vettura gli venne letteralmente cucita addosso e che FIORIO non risparmiava energia di sorta pur di soddisfarlo.
L'accordo con Enzo FERRARI, per la produzione di 500 motori, passò dopo mille traversie e nel 1974 venne omologato il modello stradale.  Per non perdere tempo, e LANCIA HF non ne perse, nel 73 e nel 74 decise di allestire delle versioni iscritte alle competizioni nel Gruppo 5 (Prototipi). Il progetto di design si trasferisce da pura teoria a oggetto per correre. Ma é ancora presto parlare di vettura da competizione.

 

 

 

Occorre, ora, dedicarsi a osservare il prototipo stradale. La prima realizzazione, e presentata al Salone di Torino, era stata dipinta in un rosso fluorescente che attirò l'attenzione positiva di molti e troppo critica di alcuni. I colori che erano stati individuati per la produzione erano: bianco, rosso, giallo, verde e blu; tutte tonalità brillanti e con una forte accentuazione dell'effetto plastico. I due cofani sarebbero stati in vetroresina e quindi si doveva dare la percezione che questi fossero naturalmente di tale effetto cromatico (in quegl'anni KARTELL impose la plastica come elemento di arredo non solo per l'ufficio ma anche per gl'arredi base delle abitazioni e di molti elettrodomestici, venne coniato il motto "Plastica come Scienza"). Anche in questo dettaglio BERTONE anticipava le future tendenze stilistiche che poi si sarebbero concretizzate dai primi anni 80.  In piena spinta D&T si allestirono tutti i dettagli esterni che prevedevano tecnologia e prestazioni già fruibili alla sola vista: fanali a palpebra anteriori (da notare nella foto sopra che mancavano ancora le luci di posizione e quelle direzionali) e polifunzionali per il posteriore che poi vennero abbandonati e sostituiti da quelli della FIAT 850, serbatoi anteriori ai lati che vennero successivamente collocati nel vano posteriore, vetratura anteriore in plexiglass con doppio tergicristallo come per le ALFA ROMEO GTA e che divenne uno solo nella versione finale, l'assenza di appendici aerodinamiche e del sistema di deflettori aria posti sul tetto e sul portello posteriore in prossimità della testata del motore, varie prese d'aria posteriori tra cui una versione a snorkel che fu impiegata nel 73 ma con scarsi risultati. Gl'interni vennero realizzati in diverse versioni sia per la cruscotteria sia per la parte sedili, questi furono realizzati in una prima versione molto ricca di dettagli e colori (erano in tessuto nero con inserti in gomma color arancio) per poi definirsi in una versione con anima in resina e foderati in velluto o alcantara (quelli in colore avorio restano forse i più eleganti e sportivi); gl'interni portiera rimasero praticamente gli stessi compreso il meccanismo a scorrimento per i laterali (erano anch'essi in plexiglass) e i vani porta caschi ricavati nell'ampia bombatura.

 

 

Il processo di industrializzazione e l'esperienza acquisita nelle competizioni apportarono ulteriori cambiamenti che la squadra corse LANCIA HF chiedeva, a cui BERTONE stesso si prestava come collaboratore attivo per la relativa progettazione e realizzazione. Vennero così aggiunte le appendici aerodinamiche e l'alettatura sul cofano posteriore; il cofano anteriore restò quasi identico se non nella flangiatura per l'areazione passiva del radiatore (provvisto di due ventole affiancate) mentre furono sostanziali le modifiche a quello posteriore. Gl'interni vennero resi più convenzionali e spartani perché per la versione da competizione sarebbero stati comunque letteralmente scarnificati allo stretto necessario (dal 76 in poi, le STRATOS HF avranno l'intero cruscotto realizzato ad hoc e con una strumentazione estremamente più racing). I serbatoi furono collocati nel posteriore e diverse modifiche alla parte meccanica vennero introdotte, in particolare la parte bracci - ammortizzatori e scatolato porta mozzi che tanti problemi di tenuta diede nei primi mesi di test. MAGLIOLI lavorò di fino sulla resa del 6 cilindri e riuscì a spremerlo ulteriormente realizzando diverse tipologie di scarichi che variavano in base al tipo di carburazione e al rapporto di trasmissione. L'auto era posta in vendita a cifre significative, per quei tempi, e non riscosse un chiaro successo commerciale, anche perché il Gruppo FIAT già nel 1975 aveva iniziato ad orientare marketing e comunicazione verso la FIAT 131 e la X1/9. Le testimonianze, dei possessori della versione stradale della STRATOS, diedero opposti pareri in merito alle qualità della vettura: chi la descriveva inguidabile con un sovrasterzo esasperato e chi ne esaltava la precisione dello sterzo, altri la descrivevano come un concentrato di vibrazioni assordanti e chi la sentiva ben distribuita nei pesi contenuti tali da non imporre controsterzate brusche e scalate di marcia repentine per non perdere aderenza. Per la cronaca: nel 1975 la STRATOS costava 11.700.000 lire...
190 cavalli in mano.

 

Per chi ha vissuto quegli anni, sicuramente conosce la STRATOS ZERO e forse, vedendo la foto qui di lato, si ricorderà di quest'altra vettura prototipo con un colore simile ma la sua storia, però, non nacque dalla matita di un creativo italiano delle quattro ruote.
Anch'essa affascina e forse propone un immaginario parallelo con la regina delle regine dei rally.
I due  modelli sono il frutto del loro tempo: gli anni settanta e di quel desiderio di tecnologia che avrebbe rivoluzionato la quotidianità.

 

 

 

Per continuare...

Foto edite dai siti:
www.bertone.it

www.wikipedia.it
 

Testi consultati e presenti nei siti:
www.bertone.it
www.stratosmania.com

 

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