NISE, Federico Cavann@ in Genova
"work-shop" 2009 – 2016 “ON ANY SUNDAY”, ma
sul Monte Fasce a Genova La storia di una
piccolissima pista per motocross Ottobre 2016 |
|||||||||||||||
Altri soggetti correlati Galleria race-car competizioni varie |
La passione per le due ruote contagia i giovani Genovesi A sovrastare GENOVA vi è un monte, il cui
nome è appunto Monte FASCE e misura oltre 830 metri d’altezza. Da questa montagna
si diramano due versanti montagnosi e su uno di questi, un bel giorno,
qualcuno decise di tracciarvi il percorso per una pista per moto da cross. Non ho idea in quale anno questa iniziativa,
poco autorizzata, prese vita. Tantomeno se l’intraprendente o gli
intraprendenti amanti del fuoristrada utilizzarono una ruspa per fare ciò. L’iniziativa, di certo, era illegale per
tante ragioni ma era il segno, in quei tumultuosi e controversi anni ‘70, di
quanto grande e febbrile fosse la passione per il motocross. Ricordo che da ragazzino andavamo lungo la
Strada Provinciale 67, del Monte FASCE, proprio per vedere degli intrepidi
crossisti sfrecciare su quelle colline lungo un tracciato a malapena visibile
e cosparso di pietre che non promettevano nulla di buono in caso di cadute. A bordo dei nostri scooter, allora li
chiamavamo più provincialmente motorini, viaggiavamo per almeno un’ora
abbondante per arrivare sin lassù e, una volta giunti sul posto, osservare
dei temerari centauri della domenica tentare qualche passaggio emulando i
campioni di quel periodo. Poi girò la voce che le Forze dell’ordine
multavano chi solo ci provava a mettere il naso su quelle due colline,
pensammo bene allora di tenercene alla larga visto che eravamo solo dei
foruncolosi ragazzini facilmente spaventabili da un’uniforme. E poi a casa
chi glielo spiegava come mai eravamo andati fin lassù? Qualcuno, pare dei pastori locali, mise
delle pietre di notevoli dimensioni sul tracciato. Nel corso degli anni la
febbre del cross sfumò anche a GENOVA e Madre Natura si riprese il suo spazio
cancellando per sempre quel tracciato per due ruote tassellate. Una piccola storia, che forse nessuno
ricorda più. Un po’ come quella della pista per autocross di TORRIGLIA. La
speranza, però, è sempre la stessa: che qualcuno si ricordi e che abbia
voglia di parlarne ancora.
Ecco il panorama che si può ammirare dalla
collina dove forse vi era la pista da cross (FC@G). Nei primi anni
’70 scoppiò il boom vero e proprio delle moto da fuoristrada; non c’era solo
il cross ma anche l’Enduro (allora la specialità si chiamava Regolarità), poi
il Trial e le corse in pista, le gare in salita… il sidecar sia in pista
asfaltata come sterrata. Il costo delle moto diveniva sempre più
fattibile per le nuove generazioni, le potenze dei motori due tempi sempre
più alte e, allora, gli spazi dove poter scorrazzare erano meno limitati da
leggi e regolamentazioni di varia natura di cui alcune molto giuste e altre
un tantino criticabili.
Il successo del cross, in EUROPA, fu
esponenziale e proliferò grazie a diversi fattori: la diffusione con le
riviste, la realizzazione di tracciati in molte località della penisola, la
produzione in diversi paesi di modelli dai 50 cc in su e quindi con prezzi
bassi (Ancillotti, Aspes,
Bultaco, Fantic Motor,
Morini, Testi ecc). Anche il Cinema dedicò un
certo spazio, non troppo a dire il vero, al mondo delle due ruote. In alcuni
film di genere s’iniziò a mostrare giovani impegnati con casco e stivaloni
pronti a saltare improvvisati dossi su piste a dire il vero non troppo
sicure. Il cinema poliziesco italiano, e quello
d’azione in genere, fece sempre più uso di moto da cross per scene
spettacolari. Una delle pochissime pellicole italiane, a
trattare il mondo delle due ruote in versione cross, fu il film che vedeva
come protagonista Giacomo AGOSTINI; era interprete del ruolo di un provetto pilota
dalle mille belle speranze (“Bolidi
sull’asfalto a tutta birra!”, del 1970 per la regia di Bruno CORBUCCI).
AGOSTINI correva sia con le due ruote carenate sia con quelle dai parafanghi
alti. La pellicola era però miscelata con una storia d’amore sul modello di
quelle del genere Musicarelli. Il film, nonostante
la produzione casereccia e una trama non delle più originali, ebbe comunque
un discreto successo di pubblico.
Nel 1971 fu prodotto un film da un budget estremamente
contenuto, 313.000 dollari, fu il docu-fim dal titolo originale “On any Sunday (1971)” del regista
Bruce BROWN e che arrivò in ITALIA con il titolo poco appropriato de “Il
rally dei campioni”. Prodotto dallo stesso BROWN, in realtà fu
finanziato niente meno che da Steve MCQUEEN e infatti la distribuzione
avvenne tramite la SOLAR FILM (casa di
produzione di proprietà dello stesso MCQUEEN). Il film, un vero cult non solo negli STATI
UNITI, veicolò un mondo a due ruote che in altri paesi era praticamente
sconosciuto. Il successo della pellicola fu capillare e duraturo negli anni. Per assurdo, il bassissimo costo di questo
film batté gl’incassi registrati nel 1971 per un’altra pellicola sempre
prodotta da Steve MCQUEEN: “Le Mans”; vale la pena ricordare che la pellicola
kolossal ambientata nel mondo degli sport prototipi disponeva di un budget
intorno ai sette milioni di dollari (in
realtà costò ben di più, lo stesso MCQUEEN rischiò la bancarotta). Il film
“On any Sunday” fu
candidato al PREMIO OSCAR quale migliore documentario dell’anno 1971. Al film
“Le Mans” manco una nomination… Il
regista aveva pochi soldi ma tante idee da investire nel film. Ebbe l’idea di
far concludere la pellicola con Steve MCQUEEN e amici intenti in una corsa di
moto, quanto mai spettacolare allora, su una spiaggia immacolata. Ma la spiaggia
in questione, a CAMP PEDLETON, era demanio dei Marines e non sarebbe stato
certo facile ottenere il permesso per poter girare la scena in questione. Ma per Mr. COOL nulla era impossibile. Così
MCQUEEN si attaccò al telefono e ottenne l’agognato permesso. BROWN poté
girare la storica scena, in pieno stile mood, dove MCQUEEN correva in sella
alla sua HONDA 250 in compagnia di due miti delle 2 ruote: Mert LAWWILL e Malcom SMITH. BROWN fu ingegnoso in ogni dettaglio tecnico
e artistico, realizzando una pellicola originale e innovativa nel mostrare il
mondo delle corse. Modificando la batteria delle cineprese, portando il
voltaggio al doppio esatto, poté girare riprese in movimento garantendo la
qualità finale che sarebbe stata necessaria una volta che il film sarebbe
stato proiettato nei cinema. Realizzò dei caschi e degli zaini su cui le
cineprese erano montate, alla faccia delle successive camere digitali che
avrebbero permesso a chiunque di realizzare riprese “on board”. Per
concludere l’articolo e far comprendere quanto, negli anni ’70, il motocross
fosse virale come attività, ecco un piccolo aneddoto relativo alla passione
per il motocross da parte dell’attore statunitense. Durante le riprese del film “Le Mans”,
MCQUEEN guidava personalmente la PORSCHE 917 K. Un giorno. due
dei piloti che facevano parte dello staff, Derek BELL e Jo
SIFFERT, decisero di prendersi gioco di “Mr. Cool” proprio durante una
ripresa con le auto in corsa. BELL e SIFFERT, all’altezza di WHITE HOUSE,
strinsero con le loro auto la PORSCHE guidata dall’attore. Lo stesso SIFFERT
volontariamente tamponò la macchina di MCQUEEN aumentando così la
drammaticità dello scherzo. MCQUEEN riuscì a rimanere in pista e una volta
fermatosi ai box, con il volto bianco cadaverico e imperlato di sudore, si
rivolse ai due mattacchioni con una secca minaccia “Non fate mai più una cosa
simile!”. Ma la faccenda non si concluse lì. Si sapeva
che MCQUEEN non gliela avrebbe fatta passare liscia, di certo si sarebbe
vendicato. Detto e
fatto! Pochi giorni dopo, MCQUEEN incaricò un suo collaboratore di andare in
SVEZIA a ritirare due nuovissime moto HUSQVARNA da cross. Fece poi costruire una
pista da cross vicino al castello dove alloggiava tutta la troupe del film. A
quel punto andò dai due burloni e gl’impose una sfida con le moto su quel
tracciato improvvisato. Come raccontò in seguito lo stesso BELL, MCQUEEN girò
sul tracciato compiendo delle mirabili acrobazie e poi invitò i due piloti a
fare altrettanto: peccato che alla fine di un dosso vi era una montagna di
spazzatura… (Tratto dal libro di
Michele Lupi "Racers: storie di uomini con la
velocità nel cuore”, edito nel 2003 da Feltrinelli Traveller Srl).
Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono: tutelati dai
rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno riferimento e solo ai
loro legittimi proprietari. |