NISE,
Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 – 2015 “GRAND PRIX”, di John FRANKENHEIMER 1966 Novembre 2015 |
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Chi è Frankenheimer Regista di film dove i protagonisti si
muovono in sceneggiature che confrontano il singolo protagonista con contesti
contrapposti. Sono suoi film celebri come “Il giardino della violenza”, “Il
treno”, “Il braccio violento della legge” e “Ronin”. Quasi tutti i suoi film vedono l’interazione
di auto o di altri mezzi di locomozione: da “Il treno” fino all’inseguimento
in auto di “”Ronin”. Il fim mancato per “The
King of Cool” L’idea
iniziale prevedeva Steve McQueen come protagonista e non James Garner. A Frankenheimer
era noto il carattere irruento di McQueen; preferì quindi che le trattative
per l’ingaggio fossero condotte dal suo assistente Eddie Lewis. Quest’ultimo
non piaceva a McQueen, non si sa per quale effettiva ragione se non per puro
impatto emotivo. Sta di fatto che l’attore non accettò la proposta e perse
forse l’occasione giusta. In seguito Mc Queen ebbe sempre un
atteggiamento rancoroso verso Garner perché, a suo dire, gli aveva rubato la
parte (ingiustamente!). Nelle mani di Jim Russell e Bob Bondurant Russell ebbe il compito, per tre settimane,
di allenare i tre attori principali: Montand, Sabato e Bedford. I tre
appresero una certa dimestichezza alla guida tolto Bedford che, come dichiarò
lo stesso Russell, non riusciva nemmeno a cambiare marcia. Bondurant ebbe in carico di impratichire
Garner. Per un mese l’attore si allenò presso il circuito di Willow Springs
(USA). Al termine della sessione di “allenamento” lo stesso Bondurant affermò
“Se lui fosse in una vera gara sarebbe in grado di battere molti piloti di
F1, e questo dice tutto!”. Rogne a Monte Carlo La famiglia Onassis e quella dei Grimaldi
non resero la vita facile quando fu necessario girare le scene del gran
premio di Monte Carlo. Per ovvie ragioni organizzative le riprese avvennero
durante il gran premio vero. Poche ore prima delle prove e della partenza le
auto del film giravano per il circuito cittadino. Un episodio particolare descrive bene
il clima poco amichevole in cui la troupe si doveva muovere per il borgo
monegasco. Nella scena in cui Garner finisce in acqua,
alcuni dei negozi vicini al set furono chiusi per ragioni di sicurezza. I
negozianti furono rimborsati per ciò ma non abbastanza,secondo loro, dato che
la scena non veniva bene e occorse più tempo del previsto. I negozianti
fermarono le riprese lamentandosi con il regista, nel frattempo Garner era su
una barca bagnato fradicio e in attesa di ritornare in acqua. Dopo mezz’ora
di attesa in quelle condizioni, l’attore tornò sul set e andò dai negozianti
minacciandoli “Se non ci fate riprender subito le riprese giuro che tutti i
giorni torniamo qui ma io butto voi in acqua!”. Nero presagio Durante le riprese a Monaco, il regista
chiese il supporto di Bandini per individuare il punto in cui creare
l’incidente al pilota Stoddard. E fu proprio lo stesso Bandi a indicar la
chicane che portava al porto. Un anno dopo esatto il pilota avrà un incidente
in quel’esatto punto. Un incidente tremendo a cui seguì la morte dopo
un’agonia di diversi giorni in ospedale a causa delle ferite e delle ustioni
che ricoprivano il 60% del suo corpo. I produttori Trai produttori del film, oltre a
Frankenheimer e Garner, vi era Kirk Douglas. Altri soggetti correlati |
“GRAND PRIX” Il primo film sulla Formula 1 Al regista americano, John FRANKENHEIMER,
spetta non solo l’onore di essere stato il primo a dirigere un film sulla
Formula 1 ma forse l’unico regista, ad oggi, capace di dirigere un film
completo sotto ogni punto di vista, artistico e sportivo. Produzioni dedicate al mondo dei motori ve
ne erano state sin dai primi anni ‘50, di tale livello qualitativo no. Quelle
che seguirono negli anni però, fino ad arrivare a “RUSH” di Ron HOWARD, poche
e si possono contare sulle punta delle dita delle due mani. A discolpa delle pellicole escluse, dalla
decade delle favorite, vi è da dire che spesso queste si legavano a formule
strettamente di genere, se non puramente motoristiche come quelle dei
musicarelli italiani (Agostini – Mal
“Amore in Formula 2” del 1970) fino a quelle americane forse più full
comedy ma non meno legate alla genesi musicarelliana (Elvis Presley “Speedway - A tutto gas” del 1968). FRANKENHEIMER fu il primo regista a saper
miscelare un film che sapesse integrare giuste dosi di motori, drammaticità,
verismo e romanticismo (non
strettamente erotico, genere per nulla amato da HOLLYWOOD). In “GRAND PRIX” c’è intanto una trama vera e
coinvolgente: la storia di un campionato di Formula 1 partendo dal Gran
Premio di MONTE CARLO per finire a quello di MONZA. Ci sono storie di piloti
e delle loro vite nelle corse. Vi sono i legami umani e sentimentali che
impregnano il mondo al di fuori del contesto agonistico. Per finire su quegli
elementi che per primo il regista americano seppe disegnare rompendo il
meccanismo del lieto fine: il denaro, la morbosità dello spettacolo circense
spinto fino al sacrificio umano, il contesto della donna che ancora in
quegl’anni era elemento di contorno nelle pellicole hollywoodiane. Le diverse riprese delle auto in corsa richiesero
l’allestimento sulle auto di speciali e arditi mezzi tecnici (Copyright j) La trama Protagonista principale, ma solo nella
struttura narrativa, è il pilota americano Pete ARON interpretato da James GARNER.
ARON è un pilota in piena crisi e durante il Gran Premio di MONACO butta
fuori il pilota Scott STODDARD con conseguenze gravi per la sua incolumità.
Messo alla porta dalla scuderia BRM, ARON troverà l’appoggio della scuderia
giapponese YAMURA e del suo patron interpretato da Toshiro MIFUNE. E proprio
con la scuderia nipponica vincerà il mondiale? A contorno della storia del pilota Pete
ARON, vi sono quelle di tre piloti di varie nazionalità: l’ex compagno di
scuderia di ARON alla BRM, Scott STODDARD interpretato da Brian BEDFORD e
coinvolto nell’incidente a MONTE CARLO. STODDARD ne esce fisicamente
malconcio e la moglie lo lascia proprio per mettersi, ma guarda un po’, con
l’ex compagno di scuderia del marito. STODDARD saprà tornare alle corse dopo una
faticosa convalescenza e saprà riprendersi l’amore della propria moglie. Poi vi è il francese Jean-Pierre SARTI
interpretato da Yves MONTAND e che corre su FERRARI. Nel film la persona di
Enzo FERRARI è interpretata dal grande Adolfo CELI ma il nome è stato
cambiato in Agostini MANETTA. SARTI è un pilota ormai consumato e stanco del
circo della Formula 1. Troverà l’amore ma proprio all’ultimo gran premio sarà
coinvolto in un drammatico incidente mortale. Infine
il giovane italiano Nino BARLINI interpretato dall’attore Antonio SABATO,
scapestrato e donnaiolo saprà rimanere a galla (soprattutto a livello mentale) tra un amore trasandato e le
follie che le gare gli prospettano di volta in volta. L’attore ricorda
fisicamente il pilota Lorenzo BANDINI. Le tecniche di ripresa Il film fu girato in SUPER PANAVISION 70
allo scopo di rendere sempre esteso il campo di ripresa e poter quindi
riprendere i duelli tra i piloti. Una parte delle riprese e dei titoli di
testa sono opera di quel genio incontrastato e poco conosciuto che è stato
Soul BASS. Lui e Moris BINDER sono quotati, ancora oggi, come i migliori
realizzatori dei titoli di testa di tuta la storia del cinema. Le riprese furono composte da tre tranche:
una prima serie di riprese con piloti veri e auto in parte di Formula 1 e in
parte di Formula 3 opportunamente modificate per apparire delle vere F1. Una
seconda tranche furono le riprese delle auto pilotate dagli attori. Infine le
riprese negli studio e presso i circuiti di allora. FRANKENHEIMER era un artista controverso e
propenso alla maniacalità nelle riprese, cosa che non lo rendeva
assolutamente amichevole nei confronti del cast e della troupe. Lui stesso in
un ‘intervista durante le riprese del film chiese scusa pubblicamente per i
suoi modi di fare ma questo non lo indusse minimamente a calare il ritmo di
pressing che su tutti era solito esercitare. Le riprese documentarie furono girate in
vari circuiti montando le telecamere sia sulle medesime auto in corsa sia su
auto fuori scena. E tra quelle fuori scena furono utilizzate niente di meno
che due FORD GT 40, di cui una guidata da Phil HILL, a cui furono asportate
diverse parti tra cui, in una, l’asportazione del cofano posteriore. Come anticipato, le auto del film furono
solo in parte vere F1 e altre delle F3 opportunamente taroccate sostituendo
la carrozzeria e i mozzi delle ruote. Erano delle vere BRM, MCLAREN e FERRARI
pilotate da altrettanto veri piloti del tempo tra cui Graham HILL, Phil HILL,
Jack BRABHAM e Jackie STEWART. Altri piloti appaiono nel film ma non sono
stati tutti accreditati anche come attori (il caso di Lorenzo BANDINI e Bruce MCLAREN mentre Jim CLARK non è
menzionato nemmeno tra i piloti). Nei titoli di testa tutti i piloti che
parteciparono alle riprese furono così elencati. Gli attori alla guida A differenza di
quello che si potrebbe supporre, i quattro attori principali guidarono, o
quasi, le rispettive vetture. Partiamo da
BEDFORD, non aveva mai preso la patente di guida e le sue poche esperienze di
guida non furono sufficienti per fargli guidare una vera vettura anche se
abbondantemente depotenziata; per tale ragione in quasi tutto il film fu
utilizzato Jackie STEWART e i pochi primi piani alla guida erano realizzati
mettendo la vettura su un carrello trainato da un’altra vettura su cui erano
posizionate le cineprese. SABATO non era
molto più bravo, girava lentamente e con una guida estremamente nervosa. MONTAND all’inizio
fece alcune prove girando da solo ma si spaventò molto presto quando insieme
a lui girarono altri piloti; le riprese furono quasi tutte con la sua vettura
trainata da un’altra vettura. Una vera
rivelazione, positiva, fu la guida di GARNER; si dimostrò capace di essere
veloce e disinvolto e prese parte attiva nel film. Così impressionante la sua
guida che alcuni dei piloti, tra cui Graham HILL e Jack BRABHAM,
considerarono che avrebbe potuto essere un pilota professionista se non fosse
si dato alla recitazione. James Garnerj, Yves Montandm, Brian Bedfordj, Antonio Sabatoj Dettagli a tutto Nel film fu data
molta attenzione a dettagli come tute e caschi. La grafica del casco che il personaggio
di James GARNER era molto simile a quella del pilota neozelandese Chris AMON. Per quello di
Brian BEDFORD fu realizzato un disegno uguale a quello realmente utilizzato
da Jackie STEWART. Qui la realtà si camuffò da finzione: era STEWART che, dovendosi
far passare per BEDFORD, fu costretto a girare le scene in corsa indossando
un sottocasco e facendo quindi credere allo spettatore che fosse l’attore a
pilotare la vettura. Le tute di allora
erano parzialmente ignifughe ma non proteggevano caviglie, collo e polsi. In
diverse occasioni GARNER si ritrovò con queste parti del corpo lievemente
ustionate a causa di fuoriuscite di olio o al contatto con parti roventi.
MONTAND si lamentò spesso del gran caldo che il sottotuta produceva e il
conseguente arrossarsi della pelle. I quattro attori
principali si dovettero abituare (tolto
Sabato…) a portare l’orologio al polso destro, proprio come era in uso ai
piloti di allora. Tre dei piloti “veri” che
guidarono le auto durante il film: Phil Hill, Jackie Stewart e Graham Hill
(Copyright j). I circuiti I circuiti
rappresentati nel film sono stati: Circuito di MONACO (MONTE CARLO), CLERMONT
– FERRAND (FRANCIA), SPA-FRANCORCHAMPS (BELGIO), ZANDVOORT (OLANDA), BRANDS
HATCH (GRAN BRETAGNA), MONZA (ITALIA). NÜRBURGRING
(GERMANIA), WATKINS GLEN INTERNATIONAL (USA), e l'autodromo HERMANOS
RODRÍGUEZ (MESSICO) sono stati tutti citati nel film, ma nessuna ripresa è
stata trasposta nella pellicola. Durante le riprese, a MONTE CARLO, seguì assiduamente le
riprese Sua Altezza Grace di Monaco. Nei titoli di
testa tra i circuiti e le manifestazioni filmate, è riportata la TARGA
FLORIO. Peccato che a quest’ultima manifestazione non era possibile iscrivere
auto di F1. Pur se i rapporti tra la
produzione del film e i Ranieri di Monaco non furono dei migliori, i due
consorti regnanti e il loro primogenito fecero visita sul set (Copyright k e j) FRANKENHEIMER e il DRAKE Diverse le
scuderie che parteciparono alla produzione dando in uso auto tipo F1 o
comunque vetture di F3. In particolare, Enzo FERRARI diede la disponibilità
anche a delle riprese presso lo stabilimento e la sede di MARANELLO a MODENA.
Il regista John FRANKENHEIMER in più occasioni
chiese d’incontrare FERRARI per illustrargli il progetto del film ma ogni
tentativo finiva sempre con un rimando a data da destinarsi. Il regista,
stanco di questi continui rimandi, fece un ultimo tentativo d’incontrare il
Drake; gli propose un appuntamento di solo trenta minuti durante i quali gli
avrebbe mostrato delle riprese preliminari girate al NÜRBURGRING e opportunamente
montate per allettare l’attenzione dell’uomo che avrebbe dato un apporto
significativo al film. Una bella mattina il regista si presentò ai cancelli
di MARANELLO accompagnato da un tecnico e da un proiettore. FERRARI gli disse
“Le concedo 30 minuti… veda Lei!”. Senza dare repliche fece partire la bobina
con le scene filmate. Non era finita la bobina che FERRARI era entusiasta
della proposta di utilizzare auto sue. Alla fine della proiezione, FRANKENHEIMER, uscì dagli uffici di FERRARI con
la garanzia che avrebbe avuto le auto e persino le officine di MARANELLO da
inserire nel film. Uniche clausole: le FERRARI non dovevano
essere battute al traguardo e il nome “Enzo FERRARI” non doveva essere
menzionato nel film. FRANKENHEIMER, con gli sceneggiatori,
escogitò così l’idea del ritiro a MONZA delle FERRARI, a causa della morte
del pilota SARTI, e il nome di Enzo FERRARI fu modificato in Agostini
MANETTA. Come ebbe a dichiarare lo stesso regista anni dopo “FERRARI non
voleva avere nulla a che fare con se stesso”. Un incontro inaspettato tra Adolfo Celi e Enzo
Ferrari all’Autodoromo di Monza (Copyright j) Le donne La pellicola ha in sé connotati classici del
film epico: uomini speciali, avventura, grandi sentimenti e ovviamente donne
uniche. Le donne qui ebbero un ruolo non secondario e fu dato molto risalto
al ruolo che avevano nelle vite dei piloti. Fin dall’inizio del film, e qui si coglie la
capacità di regista e sceneggiatori nel coinvolgere il pubblico femminile che
di sicuro avrebbe accompagnato svogliatamente i propri “caballero” al cinema,
la figura femminile diviene significativa nel dare colore e dramma
all’incidente dello sfortunato STODDARD. La moglie Pat, interpretata da Jessica
WALTERS, si mostra come una donna indurita dalla vita esasperante a cui il
marito l’ha sottoposta. Pur se innamorata di lui, non riesce più ad accettare
il dolore che le provoca il vedere il marito sacrificarsi passivamente al
circus della Formula 1. Lo lascia nella speranza che lui a sua volta abbandoni
il mondo dei circuiti. Niente da fare, e allora la bella Pat tenta
di ferirlo nel profondo orgoglio maschile intrecciando una storia romantica
con il pilota ARON. Niente da fare anche così, l’adrenalina delle corse è la
sola forma di desiderio che il pilota inglese cerca ormai nella sua vita. Il bel pilota Nino BARLINI è il classico
Italiano spavaldo e donnaiolo che si lega a una giovane frequentatrice del
mondo fatato delle corse, interpretata da un’acerba Françoise HARDY, ma nella sua
scanzonata quotidianità il pilota non riesce a dare un senso costruttivo al
rapporto con la ragazza. La scena dove i due si lasciano è quanto mai
emblematica: lui, seduto su una sedia sdraio mentre mangia un gelato, nemmeno
si degna di alzarsi mentre lei gli dice che lo vuole lasciare. Infine l’attrice
Eva Marie SAINT è la terza e bella, quanto elegantissima, protagonista dal
nome di Louise FREDERICKSON: giornalista di moda emancipata e libera da
facili condizionamenti sentimentali che resta però colpita dal tenebroso pilota
francese SARTI. Tra i due nasce una passione forte e profonda, dove
l’equilibrio tra presente e futuro è regolato dalla capacità di lei di
portare silenziosamente la quotidianità, di lui, fuori da un abitacolo. Da sinistra a destra le
attrici protagoniste: Jessica WALTERS, Eva Marie SAINT e Françoise HARDY
(Copyright j) Una sottile denuncia alla
spietatezza delle corse Il film, giudicato
positivamente ma pur sempre legato ai canoni del film di genere, in realtà
aprì sottili brecce di analisi in un mondo dove il denaro e lo spettacolo a
ogni costo iniziavano a essere condizionali ineludibili. Vi sono alcune
scene indicative già nella prima parte del film che mostrano la capacità di
FRANKENHEIMER di affrontare certi temi scottanti; il regista ci riuscì
sapendo al momento giusto dare cambi secchi di scena. Il film inizia con le
prove al Gran Premio di MONACO e commentate in sottofondo da SARTI che
descrive la drammaticità del correre e il rapporto alienato che il pubblico aveva
con tale stato drammatico. Durante la corsa avviene un incidente che per
assurdo si riproporrà un anno dopo (nella
stessa modalità e nello stesso punto del circuito) e che costerà la vita al
pilota italiano Lorenzo BANDINI. Il successivo passaggio significativo è la
scena in cui STODDARD, ricoverato in ospedale dopo l’incidente con ARON.
insulta e impreca contro l’avversario, mostrandosi umano e non privo di
rabbia di fronte alla sua situazione. La scena poteva riprendere di quota
emotiva con una moglie affranta, al capezzale di lui, e invece niente: la
moglie lo lascia con poche amare parole andando via con tutto il mesto
trionfo di chi gode della sconfitta di chi più ama. Completa la scena carica
di dolore il rientro in hotel di SARTI che sfoga la sua cupa disperazione nel
saper uscire da quel mondo violento dove il dolore non pare debba mai
mostrarsi ne fisicamente ne tantomeno emotivamente. E questo è solo un
assaggio di come la regia seppe districarsi tra il mito e l’amara realtà
delle corse. Il mondo del
doping, allora ovviamente si limitava ad antidolorifici e a qualche fiala di
morfina, è rappresentato nella sua piattezza e nell’umiliazione del sempre
più povero STODDARD costretto a iniettarsi ogni genere di sostanza per
sopportare il dolore alla gamba rimasta infortunata nell’incidente di MONACO. La scena poi della
birreria dopo il Gran Premio di BRAND HATCH, dopo la vittoria di BARLINI, è
forse un momento di spessa e sarcastica critica a quel presunto giro di amici
di un tempo che fu: per festeggiare con gl’altri piloti il suo stato di
novello vincitore è costretto a strisciare sul tavolo mentre ogni genere di
alcolico gli viene goliardicamente versato addosso dai rivali (forse un richiamo all’ancestrale rito
dell’iniziazione da parte del branco). Le scene molto
forti sono quanto mai presenti, e FRANKENHEIMER non risparmia sferzate pur
senza cadere nella denuncia facile e puramente di facciata. Nella parte finale
del film, al Gran Premio di MONZA, la tensione emotiva dei protagonisti si
carica a dismisura facendo presagire che il finale non sarà certo dei più
felici; qui il regista coraggiosamente propone il finale non certo “happy
ending” e dove il vincitore per assurdo chiuderà il film camminando solo
sulla linea del traguardo. L’incidente a SARTI ha gl’estremi del dramma puro dove
eroe e folla sono contrapposti in un duello emotivo senza regole: la folla
che accerchia l’ambulanza è uno sciame d’indifferenza e curiosità nel vedere
l’eroe sconfitto. Ma l’apice del
dramma e della denuncia sono le mani della SAINT, che nell’abbracciare per
l’ultima volta il suo amato ormai morente, mostra ai fotografi sporche di
sangue gridando disperata: “… è questo che volete?”. A sinistra Stoddard costretto
a doparsi per resistere ai dolori post incidente. Al centro, Eva Marie SAINT
che interpreta la giornalista fidanzata a Sarti, mostra le mani sporche di
sangue dopo aver abbracciato il povero pilota. A destra, Adolfo Celi insieme
a Eugenio Dragoni, quest’ultimo fu uno degli uomini di fiducia di Ferrari
(fotogrammi parziali del film) Diversi poster di promozione
prodotti per diverse nazioni
Riferimenti e diritti d’autore: j mitteleuropa.x10.mx di Meyer
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