NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013

AUSILIARIO, GENIO ZAPPATORI FRANCESI.
ASSEDIO DI GENOVA, giugno 1800.
Elaborazione figurino METAL MODELES, scala 54mm
Maggio 2004.

Modellismo

Pittura e grafica

Cinefoto

Genova per Noi

la base MM
 Il figurino è di facile realizzazione e si basa su un corpo più arti di METAL MODELES. Le due uniche variazioni, a parte qualche dettaglio uniformologico, sono la testa (NEMROD) e l'armamentario da carpenteria tipico dell'arma del Genio e che artigianalmente veniva realizzato con il cuoio delle bandoliere per la sciabola corta ("briquet").

Ammassa Zena
Il generale MASSENA, ribattezzato poi dai Genovesi "Ammassa Zena", era arrivato in Genova il 9 Febbraio 1800 e fu ricevuto in trionfo con ovazioni.
 Prese stanza nel palazzo Doria presso S. Domenico (ora De Ferrari), oggi Sede del Banco di Roma, dove fino allora aveva avuto la sua residenza il Direttorio.
(Fonte G. Miscosi)

Nel greto del torrente
 La scenetta pone il figurino in un momento di pausa durante la fortificazione della linea di difesa. Alle sue spalle vi é un gabbione e alcuni sacchi, quelli delle semenze, usati per creare degli sbarramenti pedonali (piccoli ripari bassi in cui accucciarsi durante la ricarica del fucile o della pistola).

Ugo Foscolo
 Durante l'assedio venne composta l'ode A Luigia PALLAVICINO caduta da cavallo, di Ugo FOSCOLO componimento che è un inno alla bellezza e un canto d'amore. Venne scritta dal poeta di ZANTE, allora capitano dei volontari cisalpini, in una locanda dove rimase degente per parecchi giorni in seguito ad una ferita riportata durante un attacco alla collina di Coronata.
 I versi fecero poi parte di un libriccino "Omaggio" che riunì i componimenti di diversi ufficiali-poeti presenti all'incidente in cui la bellissima marchesa aveva riportato gravi ferite al volto.

Minestre e carne d'asino e di cane  Nei diversi quartieri della città si vendettero minestre a modico prezzo nelle quali, in mancanza di legumi, si mettevano erbe farmaceutiche come malva, altea e simili.
 La truppa (francese e genovese) si nutriva di formaggi e carne di cavallo. I cittadini si consideravano beati di poter avere la carne di cavallo e si adattarono, comunque, a mangiare quella di asino, cane e gatto.
(Fonte G. Miscosi)

 

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Galleria napoleonica

Documentazione napoleonica

 


Bibliografia e riferimenti documentali:
- Oberto FOGLIETTA
"DIALOGO SOPRA IL LEGITTIMO GOVERNO POPOLARE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA" libro secondo. Scritto nell'intorno del 1560 e pubblicato solo nel 1798 in INGHILTERRA.
- Giuseppe MARTINI "STORIA DELLA RESTAURAZIONE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA (l'anno 1814); sua caduta e riunione al PIEMONTE (l'anno 1815)". Volume unico a spese dell'autore, pubblicato nel 1858.
- Antonino RONCO "L'ASSEDIO DI GENOVA", articolo pubblicato sul quotidiano il SECOLO XIX in data 4 aprile 2000.
- F.G. HOURTOULLE "L'epopee napoleonienne". Histoire & Collection (1997).
- Carle VERNET,  "Uniformi napoleoniche". Tavole a colori, Bibliothéque de l'Image (2001).
- Riviste TRADITION e FIGURINES

Cronaca di un assedio
La storia di questa città e della sua regione hanno origini molto lontane.
 Si rischia quindi di andare troppo indietro e di perdere l'attenzione sul periodo compreso tra il 1796 e il 1800.
 Prima di addentrare lo sguardo sul periodo interessato, vale la pena di prendere traccia di ciò che scrisse Oberto FOGLIETTA a proposito di GENOVA e del suo governato "... molte volte indotta a cercare governi Forestieri...". Questo passo è tratto da "DIALOGO SOPRA IL LEGITTIMO GOVERNO POPOLARE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA" libro secondo. Il periodo? E' un testo scritto nell'intorno del 1560 e pubblicato solo nel 1798, Oberto FOGLIETTA, nato a GENOVA nel 1518 e morto poi nel 1581, che si identificava come Cancelliere di detta Repubblica. Il libro non passerà la censura del tempo e gli costerà qualche anno di esilio.

 Questo però è solo uno dei tanti antefatti che portano GENOVA al 1800.
 L'inizio del secolo fu chiaramente legato ai moti indipendentisti che la città e la regione stavano attraversando. Peccato che in contrasto a questi vi fossero le guerre europee tra FRANCIA e AUSTRIA e che vedevano l'ITALIA come il luogo di scontro militare.

Per raccontare i giorni e i mesi di quel semestre del 1800, ci affidiamo a  stralci di vari articoli pubblicati in passato e alle pubblicazioni redatte da David CHANDLER.

Nel 1799, assente BONAPARTE perché impegnato nella campagna di EGITTO (1798-1800), i Francesi avevano subìto nella pianura Padana, dall'Adige a Novi, una serie di sconfitte che li avevano portati a difendere una sottile porzione di territorio ligure lungo la costa, quale unico canale di contatto con la patria francese. Questa situazione aveva portato BONAPARTE, Primo Console, all'idea della seconda campagna d'Italia: fare dell'armata comandata dal suo amico il generale MASSENA l'esca per trattenere intorno a Genova le forze austriache del generale MELAS, mentre lui con l'altra armata, detta di Riserva, sarebbe sceso attraverso le Alpi nella pianura padana, per affrontare gli Austriaci nella battaglia decisiva.

L'offensiva austriaca contro l'armata di MASSENA ebbe inizio il 6 aprile. Dalla parte del levante in località RECCO, il generale OTT mosse con diecimila uomini contro le posizioni nemiche, poste a difesa della città sfruttando il letto del torrente BISAGNO, costringendo i Francesi a ripiegare verso GENOVA (il torrente scende perpendicolare al mare tagliando simbolicamente oggi la città).
 L'attacco avvenne anche da ponente partendo da SAVONA, MELAS scese con più colonne verso il mare dividendo le forze repubblicane e incalzando poi la divisione del generale francese SUCHET nella sua ritirata verso la FRANCIA. I ripetuti sforzi di MASSENA per ricongiungersi con questa unità ebbero come unica conseguenza la perdita di oltre 5.000 uomini, un terzo dei suoi effettivi. Caduta ogni possibilità offensiva, non restò al generale nizzardo che chiudersi nella piazzaforte di GENOVA per resistere sino a che, come promesso da BONAPARTE, l'Armata di Riserva, non fosse giunta a liberarlo. Cessata ogni resistenza nemica in campo aperto, gli Austriaci si portarono a tiro delle mura, creando un'impenetrabile cintura attorno alla città, sbarramento attraverso cui, per quasi due mesi, non passarono né rinforzi né viveri e neppure notizie sui progressi dell'armata di BONAPARTE; aspetto questo che ebbe un peso notevole nelle ultime decisioni di MASSENA.

 Destò sempre un certo stupore il fatto che una grande e ricca città passasse, nel giro di poche settimane, dalla normalità alla carestia più nera. A questo proposito si sono viste più possibili cause, tra le principali il mercato nero con le zone dell'entroterra dove molte famiglie si erano trasferite in previsione della guerra e poi un traffico legato alle questue forzate che le gendarmerie francesi e austriache imponevano ai comuni agricoli della città in cambio di una tutela da violenze di ogni sorta da parte di chiunque. Vi si aggiunga che la pesca, fonte di approvvigionamento alimentare per una grossa fetta del centro storico della città, venne a mancare a causa della presenza di navi inglesi che cannoneggiavano anche i battelli dei pescatori.
 Genova contava in tempo di pace circa 85 mila abitanti. Con l'inizio dell'assedio una folla di profughi, provenienti dai paesi circostanti, si riversò entro le mura portando il totale delle presenze a 120 mila persone.  A queste, naturalmente, vanno aggiunti i diecimila soldati di MASSENA che ricevevano le loro razioni dal Comitato degli edili, con precedenza sulla popolazione. Il 1799 era stato un anno di per sé assai duro, quanto ai rifornimenti, sia per la guerra che aveva devastato la Pianura Padana sia per inclemenze stagionali. Fortunatamente prima che gli Inglesi bloccassero i traffici marittimi, qualche veliero aveva potuto entrare in porto con carichi che si rivelarono provvidenziali.

 Da un punto di vista militare, l'assedio di GENOVA non offre spunti di particolare interesse. MASSENA si limitò ad usare i pochi uomini che gli restavano per tenere il nemico lontano dalle mura e dalle colline, soprattutto quelle del quartiere di ALBARO e del Santuario della Madonna del Monte, a tiro di cannone dall'abitato. Servì a poco perché, nella seconda metà di maggio, per fiaccare il morale dei Genovesi, a pesanti bombardamenti terroristici provvidero le navi inglesi. I mali peggiori furono le malattie e la mancanza di cibo: favorita dalle privazioni si diffuse in città un'epidemia di febbre intestinale.

 Per combattere la carestia in città e nei dintorni, MASSENA organizzò cucine all'aperto che fornivano zuppe di vegetali a chi non aveva neanche un fornello (molte persone, prive di tutto, dormivano nei porticati, sui sagrati delle chiese e lungo le "muragliette" che circondavano il porto); ricorse infine a dei "buoni" con cui i poveri venivano assegnati, nominalmente, a famiglie benestanti dalle quali ricevevano, ogni giorno, un po' di aiuto per sopravvivere. Anche molti cosiddetti "ricchi" dovettero adattarsi a disperate ricerche di cibo, raccogliendo nei campi, a ridosso delle mura, erbe commestibili, nonché comprando dai contadini, a peso d'oro, persino i baccelli vuoti delle fave. Si scatenarono cacce a gatti e cani, si cucinarono topi e pipistrelli, divennero prelibatezze il miglio e la scagliola degli uccellini. Si denunciarono forme di speculazione e adulterazioni criminali. Nei palazzi si riducevano in farina, con macinini d'argento usati di solito per le spezie e per il caffè, scorte di grano conservate gelosamente in segreto. Parve una ventata di follia il fatto che nella città, stremata, si diffondesse la vendita di confetti e zuccherini. La "Gazzetta nazionale", l'unico giornale che veniva pubblicato in quei giorni, si abbandonò all'ironia pensando che un po' di buon umore sarebbe servito a far dimenticare, per un istante, le sofferenze.
 Nei mesi del blocco la mortalità crebbe in modo spaventoso. Nel solo ospedale di PAMMATONE i decessi passarono dai 197 dell'ultima settimana di marzo ai 590 della seconda settimana di luglio, cioè ad assedio concluso. All'arrivo dei primi viveri, 1700 persone morirono di indigestione. Mancano le cifre globali sulle vittime dell'assedio, l'unico dato ufficiale è che, da aprile a settembre, furono seppelliti lungo il BISAGNO 9.850 cadaveri.

 Scaduto il termine indicato da Bonaparte, senza notizie dell'Armata di Riserva, MASSENA il 2 giugno accettò di trattare la resa. In una cappelletta allora esistente a metà del ponte di CORNIGLIANO, attorno ad un piccolo tavolo, presero posto il generale OTT, l'ammiraglio inglese KEITH, MASSENA e il ministro Luigi CROVETTO per la Repubblica Ligure. I vincitori si mostrarono troppo generosi e concessero  quasi tutto quanto MASSENA chiedeva. Sembravano dominati da una gran voglia di concludere. I Francesi non sapevano che MELAS aveva ordinato di chiudere al più presto la partita con GENOVA perché BONAPARTE si stava avvicinando. Il Primo Console seppe della resa di MASSENA da una lettera presa ad un corriere nemico che galoppava verso VIENNA.
 Gli imperiali entrarono in GENOVA il 5 giugno, passando sotto archi di trionfo eretti dai filoaustriaci. Ma venti giorni dopo, in seguito alla vittoria di Bonaparte a Marengo, la città fu riconsegnata ai francesi e sotto gli stessi archi di trionfo, trasformati in fretta da imperiali in repubblicani passò, con le sue truppe, il generale SUCHET.

 I fatti qui narrati non ebbero nel tempo ripercussioni morali e politiche forti e durature. Di certo la perdita dell'indipendenza politica e militare, nel passaggio alla conduzione dei Francesi, generò i sentimenti patriottici che poi oltre trent'anni dopo diedero inizio al Risorgimento italiano e che trovò in GENOVA uno dei punti di origine. Fu anche la sconfitta politica e morale della Rivoluzione francese e del movimento repubblicano che poi anche in FRANCIA collassò con la presa del potere in forma monarchica da parte del BONAPARTE.
 Così scriveva, nel 1858 Giuseppe MARTINI nel suo libro, finanziato a proprio conto, intitolato "STORIA DELLA RESTAURAZIONE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA (l'anno 1814); sua caduta e riunione al PIEMONTE (l'anno 1815)".

 

 
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