NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2014

UTAH BEACH Storia dello sbarco

D-DAY 1944, Lo sbarco in Normandia - “Operazione OVERLORD”

La spiaggia e le sue fortificazioni, lo sbarco della IV Divisione

Il ricordo di un americano, I soldati degli OST BATTAILLONEN

(Seconda parte)

Modellismo

Pittura e grafica

Cinefoto

Genova per Noi

 

Prima Parte

Seconda Parte

Terza Parte

 

La spiaggia e le sue fortificazioni

 

 Nella notte e nel primo mattino del sei giugno, i soldati della 709ª Divisione di fanteria tedesca, in particolare gl’uomini del 919° Reggimento, avevano subito due violenti attacchi: il primo era stato un colossale bombardamento dal cielo di cui si è fatto già un accenno, il secondo un furioso e continuo bombardamento navale che aveva portato allo stremo la resistenza psichica dei soldati tedeschi posti a difesa del litorale.

 Da osservare che il bombardamento navale non fu in grado di distruggere i WN (Wiederstandnest, tradotto letteralmente focolaio di resistenza), se non quelli più grandi furono colpiti senza danni efficaci, ma sortì l’inaspettato effetto di far saltare in area un certo numero di mine sotterrate intorno a tutta la zona dello sbarco e i depositi di munizioni .Questo bombardamento navale fu criticato dai comandanti della IV Divisione di fanteria americana perché lo giudicarono inefficace per distruggere almeno le batterie dei cannoni pesanti. L’Ammiragliato americano si giustificò sostenendo che la stessa fanteria aveva chiesto di iniziare troppo presto il cannoneggiamento (ore 4:30) e conseguentemente i Tedeschi avevano avuto tempo di riprendersi dallo choc generale e riposizionarsi nelle trincee (6).

 Per i Tedeschi fu un momento drammatico, non si aspettavano di essere tartassati in quel modo dai cannoni navali americani i quali operarono completamente indisturbati nelle prime ore della mattina del sei giugno. Come ricorda lo scrittore HOWARTH, a questi soldati era stata garantita la massima copertura da parte dell’artiglieria e dell’aviazione (LUFTWAFFE) nel caso di un tentato sbarco angloamericano.

 Nulla di tutto ciò avvenne e nessun rinforzo sarebbe giunto loro nelle ore e nei giorni successivi.

 Per dare un’idea della loro profonda disperazione, è forse utile ricordare le parole del Leutnant Arthur JAHNKE, proferite al proprio portaordini poco dopo il bombardamento aereo “Pare che Dio e il mondo intero ci abbiano abbandonato… Ma che fine ha fatto la nostra artiglieria e la nostra aviazione?” (3).

 Questo tenente di ventitré anni dai capelli castani e occhiali tondi, decorato con Croce di Ferro di Prima classe (Eisernes Kreuz) proprio pochi giorni prima, era l’ufficiale in comando al WN5.

 Dopo un’esperienza drammatica sul fronte sovietico, a seguito di una ferita, fu trasferito al fronte occidentale con l’incarico di comandare una parte della fortificazione posta sulla spiaggia in prossimità del comune di SAINTE-MARIE DU MONT.

 Nonostante le continue promesse da parte del Comando di zona, al tenente JAHNKE non furono mai forniti mezzi adeguati per contrastare un possibile sbarco da mare, figurarsi se l’azione si fosse compiuta simultaneamente dal mare e dall’interno; le armi pesanti erano assenti e i cannoni su cui poteva contare erano di piccolo calibro e molto vecchi. Inoltre, fattore non da poco, al comando del tenente erano disponibili meno di ottanta uomini compresi quelli del corpo di guardia e gli artiglieri specialistici.

 La spiaggia aveva una profondità con la bassa marea di circa 800 metri mentre il tratto fortificato era largo circa 300 metri, oltre vi era un rialzo di dune nelle quali i Tedeschi avevano realizzato una serie di piccole postazioni collegate da trincee.

Ancora meno armate, rispetto alla media degli altri bunker presenti in NORMANDIA, erano le postazioni nell’immediato della spiaggia.

 Non ho conferme in merito ma pare che vi fosse un solo cannone da 88 mm e nessun altro calibro capace di poter colpire le navi al largo.

 Ad oggi, l’unica piantina che riporta le difese del W5 e che io conosca, è quella riportata nel libro di CARRELL ma, nell’elenco dei pezzi di artiglieria elencati, non è elencato il cannone da 88 mm.

 Furono dislocati alcuni piccoli bunker sulla falsa riga del modello “TOBRUK”, postazioni dalle ridotte dimensioni e armate con mitragliatrici collocate nelle torrette dei vecchi carri armati francesi e italiani, i RENAULT F17 e i FIAT 3000/21, ormai non più utilizzabili per la mancanza di parti di ricambio.

 Una parte di questi bunker, però, non poté essere utile alla difesa della spiaggia perché, a seguito dei bombardamenti aerei e navali, era sprofondata nella sabbia, oppure questi piccoli rifugi si erano inclinati al punto che non erano più agibili.

 Tutta la spiaggia e il terreno retrostante sono ricchi di sabbia e numerose le infiltrazioni d’acqua, a causa del loro peso queste fortificazioni tendevano a sprofondare dopo poco tempo che vi erano collocate. Le bombe nemiche poi, colpendo il terreno e le dune, creavano dei vuoti che facevano smuovere l’intera struttura in cemento. Alcune postazioni, dopo la guerra, sono state letteralmente risotterrate e sono, oggi, visibili in loco.

 I tecnici tedeschi, nella gran fretta di terminarne un discreto numero di rifugi, non si preoccuparono troppo di realizzare, alla loro base, delle appendici che avrebbero frenato lo sprofondamento o lo scivolamento.

 Al termine del bombardamento navale americano delle 4:30, la maggior parte di questi bunker era distrutta e conseguentemente le armi in queste collocate divennero inutilizzabili. Rimasero solo cannoni di piccolo calibro e, come già scritto, un solo cannone da 88 mm che non fu più in grado di sparare se non un solo colpo (2).

 Resistettero solo delle postazioni piccole, realizzate con poche lastre di cemento tenute da pali e da assi da cantiere, impiegabili solo con mitragliatrici o con piccoli mortai. La struttura di questi bunker, a cielo aperto, avvenne perché non erano rigidi e quindi gli smottamenti, causati dalle esplosioni, non provocarono urti fatali al cemento stesso o ai pali che tenevano le assi poste a tenuta del terreno. Inoltre, le piccole dimensioni, aumentavano la difficoltà nel centrarli sia dall’alto sia dal mare.

 Un problema che dovettero affrontare i soldati di ambo gli schieramenti fu la sabbia, capace di inceppare qualsiasi arma.

 I fanti americani avevano i loro fucili (GARAND) e le mitragliatrici (BROWNING M30) fasciate nel nylon, i Tedeschi risolsero il problema con accorgimenti più rudimentali. Un collezionista e studioso, anni fa, mi raccontò che un reduce tedesco descrisse una tecnica molto semplice per proteggere le armi quando erano operative in presenza di sabbia. Ogni arma, quando non era impiegata, era coperta con uno straccio impregnato di gasolio o di altra sostanza oleosa. La sabbia asciutta di una trincea, facile a sollevarsi in caso di vento o di esplosioni ravvicinate, non veniva a contatto con l’arma; quando questa copertura era tolta, la sabbia non ricadeva sull’arma perché era trattenuta dalla sostanza oleosa. Altro piccolo trucco consisteva nel bagnare la sabbia della postazione, tenuta umida prima di un’azione significava evitare che gli spostamenti d’aria, prodotti dall’arma stessa, sollevassero sabbia che sarebbe inevitabilmente finita nella meccanica dell’arma.

 

 Le difese tedesche, presso cui si trovavano ad operare soldati di fanteria, non erano state predisposte per poter resistere ad un operazione di attacco come quella che avvenne per la conquista di UTAH BEACH. Le postazioni di artiglieria, specie quelle nell’entroterra, non poterono resistere a lungo agli assalti dei paracadutisti americani che avvennero all’alba del sei giugno.

 L’impossibilità di poter comunicare con i comandi di zona, la scarsa preparazione dei soldati e lo scarso armamento per il combattimento diretto, furono le cause principali della loro resa.

 Come giustificazione alla sconfitta di queste postazioni, sia gli studiosi sia gli stessi reduci tedeschi, hanno dato un grosso peso alla presenza degli OSTBATTAILLON, dove elementi delle OSTLEGIONEN e OSTTRUPPEN si mescolavano senza nessuna evidente ragione (E); si trattava quindi di soldati non in grado di combattere ai livelli necessari. Forse la presenza e l’impiego, invece, di soldati scelti, se non di battaglioni di WAFFEN-SS, avrebbe cambiato in parte le sorti delle operazioni.

 Quest’ articolo, su UTAH BEACH, ha anche lo scopo di porre dubbi in merito a questa ormai consolidata teoria.

 La sconfitta tedesca fu, in una significativa misura, causata dalla negativa presenza delle legioni straniere inquadrate nella WERHMACHT? Se a combattere in NORMANDIA vi fossero stati invece soli elementi delle OSTTRUPPEN, debitamente addestrati, equipaggiati e motivati, le sorti di quella battaglia sarebbero forse state diverse?

 

 

A sinistra il Generale ROOSVELT, a destra il Colonnello VAN FLEET

(NARA Archive, WIKIPEDIA Source)

 

 

Il Comandante della 709a Divisione tedesca VON SCHLIEBEN, il Comandante del VII°Corpo d’armata americano COLLINS (sulla destra della foto, a sinistra il Generale BRADLEY)

(NARA Archive, Naval Historical Center Photo # SC 191143)

 

     

Il Tenente Arthur JAHNKE, il capitano George L. MABRY jr.

(Archivio BUNDESARCHIV, WIKIPEDIA Source).

 

Foto scattata in Francia, a sud di Bordeaux, che ritrae un caporale di fanteria da una postazione TOBRUK nella primavera del 1944. Dietro alle sue spalle vi è una breccia che è stata chiusa con assi da cantiere per simulare la continuità del muro anticarro

(Bundesarchiv Bild 101I-263-1580-13)

 

Prigionieri tedeschi a UTAH BEACH attendono di essere identificati e poi imbarcati sugli HIGGINS con destinazione i campi di prigionia prima in GRAN BRETAGNA.

I soldati americani li tenevano segregati, temporaneamente, lungo uno spazio confinato con filo spinato. Il temporaneamente, per alcuni di loro fu di un paio di giorni in condizioni igieniche e alimentari precarie, notare a sinistra un soldato intento a urinare e involontariamente immortalato dal fotografo militare americano (NARA Archive)

 

A sinistra un Ober Gefreiter (caporale maggiore) indossa una giacca modello 1933 in panno. Pur se si tratta di un vecchio modello, è realizzato in economia con un taglio corto alla base delle tasche inferiori e il colletto del medesimo tessuto del resto del vestiario. A destra un Gefreiter con indosso una giacca in una versione ancora più economica, riconoscibile dalle quattro tasche senza il cannello centrale e le patte di chiusura rettangolari e non a punta verso il basso. Tra loro non sono distinguibili quelli appartenenti alle OSTTRUPPEN e quelli delle OSTLEGIONEN.

(NARA Archive)

 

Il soldato ritratto nella foto è Yang KYOUNGJONG, di origine coreana che, dopo inenarrabili vicende personali, si ritrovò a combattere sulla spiaggia di UTAH ma indossando un’uniforme dell’Heer. Sicuramente classificato come “Hiwi”, non è noto se fosse appartenuto a una OSTLEGIONEN specifica (più probabile ciò che non una adesione volontaria nelle OSTTRUPPEN). Pare quanto mai strano che, al momento della cattura, indossasse una giacca di buona fattura antecedente al 1944 ma priva di ogni altro identificativo come lo scudetto sul braccio destro che avrebbe almeno indicato la legione di appartenenza (WIKIPEDIA source)

 

La foto non è sicuramente nitida ma è una delle poche che mostra cavalleria del KUBAN nelle uniforme dell’HEER nel 1943. Diversi reparti come questi furono operativi in NORMANDIA (Copyright sconosciuto)

 

Lo sbarco della IV Divisione

 

 Alle 6:30 iniziò lo sbarco dei primi soldati americani, erano dell’VIII Reggimento della IV Divisione fanteria. Le operazioni di sbarco erano responsabilità del VII Corpo d’armata comandato dal Maggiore generale J. Lawton COLLINS, soprannominato “Lighting Joe” (Joe il fulmine).

 Le operazioni non iniziarono con il piede giusto perché le condizioni del mare, e la corrente presente in quel punto, spinsero i mezzi da sbarco due chilometri a sud est rispetto a quelli stabiliti. Presso questi punti si trovavano le quattro vie di uscita che, dalla spiaggia, tramite le quali mezzi e uomini sarebbero poi giunti alle vie principali per raggiungere CARENTAN.

 Se la corrente spostò quasi per intero lo sbarco verso sud, non vi fu un fallimento grazie allo spirito di decisione e al sangue freddo che il Generale Teddy ROOSVELT jr seppe, insieme con altri ufficiali, mantenere in tutti i momenti più critici.

 Pare che, la celeberrima frase “Cominceremo la guerra proprio da qui!”, fu pronunciata da ROOSVELT jr ma la decisione, di continuare a combattere da quel punto della spiaggia, fu presa dal Colonnello James VAN FLEET che, in una dichiarazione postuma, così raccontò i fatti “Presi io la decisione. Poi ordinai: andate verso l’interno. Abbiamo colpito un punto debole del nemico, dobbiamo sfruttare la situazione” (5).

 ROOSVELT jr era un uomo schivo ma determinato, amato dai suoi uomini quanto allo stesso tempo capace di essere obbedito. Era noto per alcune sue peculiarità: odiava indossare l’elmetto che sostituiva con un berretto di lana (a differenza di PATTON il quale, invece, ne era un sostenitore a oltranza e in ogni occasione), portava solo la sua pistola di ordinanza con e si appoggiava a un bastone da passeggio.

 Uomo di acuta capacità nel dare giudizi sul corso di ogni combattimento, indifferente ai rischi che poteva correre sotto il fuoco nemico, umile e simpaticamente maleducato nello sfottere gli altrui difetti, morì in NORMANDIA non sotto il fuoco nemico ma a causa di un infarto. Il suo attendente l’ha sempre ricordato con un aneddoto divertente: il generale poco prima di sbarcare a UTAH BEACH gl’urlò dove fosse mai il suo salvagente (la cintura MAYWEST). L’attendente rispose che gliene aveva già procurati quattro. E il generale con un finto velo di serietà gli rispose “Bene, allora cercamene un quinto. Gli altri li ho perduti…” (1).

 

 Le testimonianze, da ambo le parti, in merito a quella mattina, sono poche in quanto che la conquista della spiaggia avvenne rapidamente e con scarsa resistenza da parte dei Tedeschi.

 Il capitano George L. MABRY jr raccontò che l’avanzata, dalla spiaggia fino alle strade di collegamento con l’interno, avvenne rapidamente e senza particolare resistenza da parte dei nemici. La maggior parte delle difese era, secondo il suo racconto, costituita da postazioni semplici con mitragliatrici MG42; solo un bunker fermò la sua avanzata e di altri fanti americani ma con il supporto di uno SHERMAN il bunker venne neutralizzato.

 Verso le ore 12:00 ormai la spiaggia era stata occupata, restavano solo alcune postazioni lungo la costa i cui occupanti nel giro di poche ore si arresero senza porre resistenza.

 

 In genere, nella documentazione che ho potuto raccogliere, in merito allo sbarco ad UTAH BEACH, si fa poco accenno agli OST BATTAILLON,un termine che viene utilizzato per indicare le OSTTRUPPEN e le OSTLEGIONEN, aggregati alla WEHRMACHT e che erano presenti in quel tratto di vallo.

 I racconti dei soldati americani, per quanto riguarda i loro contatti con questi avversari provenienti da molte nazioni dell’est europeo (e non solo poiché furono catturati, a UTAH, quattro coreani), sono poche e molte generiche. Nel libro di CARRELL sono appena menzionati a proposito delle aree difensive a loro in carico (il 795° Battaglione era costituito da Georgiani, a difesa della postazione di TURQUEVILLE ma, nel loro caso erano classificati come OSTLEGION (F)); AMBROSE cita solo la testimonianza di un ufficiale di fanteria che ne catturò alcuni, semplicemente indicati come appartenenti agli OST BATTAILLON. Qualche notizia in più la si può trovare nel volume di BEEVOR.

 La terza parte del presente articolo tratterà nel dettaglio queste formazioni aggregate alla WEHRMACHT come OSTTRUPPEN, alla loro organizzazione e impiego in combattimento, alle loro uniformi e alle loro armi.

 Pur se nella terza parte sarà ampiamente illustrata la storia di questi soldati, occorre per dovere di cronaca aggiungere alcune note al fine di cercare di divulgare la maggior informazione (corretta e imparziale) sulla loro identità e sul loro ruolo nel D-DAY.

 Nel corso degli ultimi anni sono emerse nuove testimonianze, e successive ricerche storiche hanno contribuito a un riesame militare e umano di questi soldati, non Tedeschi, inquadrati nella WERHMACHT. Sono riscontri che stanno cambiando quel giudizio troppo sommario che fu a loro affibbiato, a quella confusione nella distinzione tra OSTTRUPPEN e le OSTLEGIONEN. Un quadro generale che è stato, per molti anni, volutamente o meno, alterato nei dati e nei fatti. Basti sapere che i soldati delle OSTLEGIONEN presenti, tra la PENISOLA DI COTENTIN e il PASSO DI CALAIS nel 1944, erano stati stimati, dai servizi segreti angloamericani, tra i 320 e i 350.000 (9); solo questa cifra può suggerire quanto possa inevitabilmente essere stato rilevante il loro apporto militare durante la CAMPAGNA DI NORMANDIA.

 I componenti delle OSTTRUPPEN non furono dei soldati ”subumani”, come HITLER era solito definirli, ma seppero in diverse circostanze assolvere con efficacia e coraggio il loro dovere di combattenti. Le testimonianze di alcuni civili francesi mettono in dubbio anche la loro assoluta rozzezza e cattiveria, descrivendo soldati di provenienza polacca parlare con senso umano della loro amara condizione di “carne da cannone” e comunque condannati a una fine atroce indipendentemente da chi fosse stato il vincitore assoluto del conflitto.

 In nessun modo, questa ricerca, ha l’intento di eludere il peso dei crimini che furono da questi commessi, in gran parte da addebitare agli effettivi delle OSTLEGIONEN, perpetrati sia contro i civili sia contro i combattenti avversari; allo stesso tempo però è importante che i fatti emergano nella loro interezza.

 

 Quanto avvenne invece ai soldati americani, quella mattina, è un intreccio di tanti episodi di ogni genere; molti drammatici ma alcuni assunsero quasi connotati surreali.

 Uno dei più famosi appartiene agli uomini della 101ª Divisione aerotrasportata. Alcuni di loro decisero, dopo aver partecipato per tutta la notte ai sabotaggi delle retrovie tedesche e aver dato supporto alle prime squadre della IV Divisione, nel bloccare la fuga di alcuni nemici, di raggiungere la spiaggia e di unirsi alle truppe che stavano sbarcando.

 Come raccontò un testimone presente su un mezzo da sbarco, quei ragazzi rischiarono di essere falciati dal fuoco amico. I parà, giunti sulla battigia tenevano in mano le loro armi e saltavano come matti per farsi notare dai propri commilitoni che stavano giungendo a bordo degli HIGGINS.

 Ma, per assurdo, i festeggiamenti rischiarono di tramutarsi in un dramma.

 Il fumo che aleggiava sulla spiaggia, i loro visi neri come usciti da un bombardamento e le divise che da lontano potevano sembrare quelle tedesche, tutti questi elementi trassero in inganno i fanti americani: in pochi capirono di chi si trattasse realmente e a più di un ufficiale di fanteria passò per la testa il dubbio se non fosse il caso di aprire il fuoco. Per un miracolo si evitò una carneficina, furono le urla in lingua inglese che fecero capire chi fossero.

 

 Il cappellano LUECHINGER, noto ai suoi fedeli di MANHATTAN come Padre Bruno, sbarcò dopo le prime ondate. La situazione sulla spiaggia era molto tranquilla al punto che i primi colpi di artiglieria nemica li udì solo dopo un’ora che aveva messo piede sulla spiaggia di UTAH.

 Nell’immediato, lui e l’equipaggio del mezzo da sbarco, ebbero il dubbio di essere approdati nel punto sbagliato nonostante bussola e carte confermassero il contrario.

 Furono attirati da un certo movimento in direzione sud, decisero quindi di riprendere il mare e di muoversi in quella direzione.

 Il mezzo da sbarco passò sotto il tiro di una piazzaforte e finalmente giunse nel mezzo di una bolgia infernale nonostante le bordate ricevute poco prima dai Tedeschi.

 La spiaggia, verso le 10:00, era conquistata e già migliaia di uomini erano sbarcati, pronti per marciare verso l’interno. Mezzi di ogni genere erano parcheggiati a loro volta pronti per iniziare l’avanzata mentre diversi bulldozer aprivano il maggior numero di percorsi al fine di decongestionare l’ingorgo di uomini e mezzi. Per lui, però, il sollievo maggiore fu quello di dover dispensare i sacramenti a poche vittime, meno di quelle che il Comando gli aveva prospettato (1).

 

 Nell’insieme, lo sbarco a UTAH Beach fu un successo per gli Americani. Persero la vita 200 uomini rispetto ai 23.000 che erano stati coinvolti in tutte le fasi di sbarco, una cifra indicativa rispetto alla carneficina che si consumò sulla “bloody OMAHA”.

 Su trentadue carri armati anfibi pronti a scendere in acqua, ventotto giunsero a riva e furono fondamentali per spegnere le resistenze di postazioni nemiche (1).

 Solo quattro mezzi da sbarco affondarono a causa delle mine o degli ostacoli posti in acqua; merito di ciò non solo fu dei timonieri ma soprattutto delle squadre UDT (Undewater Demolition Team) che, armate di esplosivo e di coraggio sotto il fuoco nemico, crearono dei varchi per facilitarne l’arrivo a riva.

 

 

Se le truppe tedesche riuscirono a salvarsi dai bombardamenti del D-DAY, aereo e poi navale, fu merito di questo tipo di bunker ideato come ricovero per la truppa (FC@G)

 

 

Questo set conservato presso il MEMORIAL D’OMAHA BEACH, materiale tutto tedesco, comprende: munizioni per artiglieria, mine di vario tipo, Panzerfaust da 60 m e da 30 m (FC@G)

 

Non sono bunker di UTAH BEACH ma posti presso POINTE DU HOC. La foto serve solo a illustrare come i bombardamenti, americani, fossero in grado di spostare letteralmente un bunker senza che questo fosse distrutto. La postazione TOBRUK, indicata dalla freccia, fu letteralmente rovesciata dalle esplosioni mentre il rifugio a fianco non subì il minimo danno e nemmeno si spostò (FC@G)

Il ricordo di un americano a UTAH BEACH

Siamo sbarcati a UTAH BEACH, alle 10:30, da un LCVP.

 Due ufficiali che erano sul nostro battello si sono dileguati quando alcuni proiettili tedeschi hanno cominciato fischiare, alcuni di questi sono caduti troppo dannatamente vicino!

 Mi sono procurato un terribile livido, al ginocchio destro, quando sono caduto su una delle stuoie d'acciaio disposte per far transitare i carri armati; un male come l'inferno, ma non credo che fosse sufficiente per farmi assegnare la Purple Hearts per la semplice ragione di essere inciampato nei miei stessi piedi.

 Abbiamo battuto la spiaggia dodici volte prima di trovare il resto dei nostri ragazzi nei pressi di un fortino tedesco.

 Durante il D-DAY + 1, abbiamo scavato le nostre trincee e iniziato la creazione di comunicazioni radio presso un bunker nemico, ormai libero dai suoi precedenti occupanti.

I giorni seguenti sono stati frenetici per via del tiro dei Tedeschi e per i troppi aerei Tedeschi che continuavano a passare.

 Impossibile dormire, tutto quello che potevi fare era far finta di niente nella tua buca e agitarti tutta la notte.

 L’otto giugno hanno abbattuto un aereo nemico, lo hanno mitragliato e il pilota si è lanciato fuori dall’aereo, atterrando a una cinquantina di metri da noi.

Qualcuno dei nostri gli ha sparato mentre scendeva, allora noi abbiamo urlato di smetterla.

 Lo hanno catturato i ragazzi del 2° Naval Beach Battalion (2d NBB) e, senza tanti complimenti lo hanno rinchiuso con gl’altri prigionieri presenti sulla spiaggia.

In questi giorni stanno arrivando i rinforzi e ora ci sono dei tank che proteggono il nostro bunker.

 In questi giorni siamo ancora sottoposti agli attacchi casuali degli aerei tedeschi, che hanno bombardato le spiagge di notte; siccome non avevamo proiettori, non abbiamo potuto vederli.

 Un cannone nemico, tipo 88, apre ancora il fuoco sulla spiaggia e su di noi.

 Non lontano dalla nostra postazione, un soldato ha calpestato una mina saltando in aria, ciò significa che bisogna continuare a guardare dove si camminava...

 Prigionieri tedeschi continuavano ad arrivare alla spiaggia e ad essere rinchiusi nel reticolato, certamente non sembrano più dei superuomini.

 La mia trincea “privata” ora é di quattro metri di profondità, e ci ho messo pure un lettino, mentre, sulla testa, ho messo il telo di una tenda. Non é esattamente come a casa, ma almeno mi sento all’asciutto.

 I ragazzi dell'esercito sono sempre scioccati quando diciamo loro che siamo “Navy”.

 Ci vestiamo come loro, mangiamo con loro, e chi ha mai sentito parlare di marinai che vivono in una trincea?

 Noi dovremmo essere su una nave, dormendo in comode cuccette, asciutti e puliti!

 Ricordo il 4 luglio, quando per festeggiare abbiamo esploso dei razzi traccianti proprio qui sulla spiaggia, non un nemico in vista.

 Mi chiedo che cosa, i prigionieri tedeschi, devono aver pensato quando abbiamo illuminato tutto il cielo.

 Il 10 luglio, il 2d Naval Beach Battalion ci ha lasciato per l'Inghilterra ... prima o poi sarebbe toccato anche a noi.

 Mi è stato concesso il mio primo congedo dopo circa nove settimane trascorse a UTAH BEACH.

 All'inizio di settembre del 1944, poi, ho ricevuto le mie carte per il trasferimento di nuovo negli STATI UNITI, dove sono tornato 10 settembre 1944.

 Io sono riuscito a sopravvivere al D-Day ...

 

Raymond L. ACOSTA

RM 2/C Naval Officer in Charge, USNAVY

UTAH BEACH, 1944

 

  

Personale sanitario, a sinistra, e Beachmaster Battalion, a destra, della US NAVY a

UTAH BEACH il giorno dopo il D-DAY.

La spiaggia per diversi giorni fu sotto il tiro dell’artiglieria tedesca (USN Archive)

 

Nonostante la spiaggia fosse stata conquistata lo stesso sei giugno, continuarono i cannoneggiamenti dell’artiglieria tedesca; gli uomini di fanteria furono costretti ad attendere in buche singole prima di potersi avviare verso l’interno della costa. La foto è stata scattata forse lo stesso D-DAY o al limite nei primi giorni successivi allo sbarco. Questo lo si evince da due dettagli: il primo dettaglio é il fante sull’estrema sinistra, porta al collo la sacca impermeabile contenente la maschera antigas che era in uso in teoria solo per i battaglioni assegnati alla conquista del litorale; il secondo dettaglio sono gli snorkel che equipaggiano i carri armati SHERMAN e che erano montati solo per i trentadue adibiti allo sbarco (NARA Archive)

 

 

A sinistra, rara uniforme USN completa utilizzata per gli equipaggi dei mezzi da sbarco LCVP e per il personale accreditato al controllo della spiaggia “US Beachmaster Battalions”.

A destra, ufficiale addetto allo sbarco indossa una combinazione di vestiario vario: una salopette impermeabile da carrista, camicia di flanella, giubba M1941, scarponi da fante (FC@G)

I soldati degli OST BATTAILLONEN a UTAH BEACH

 Quanto avvenne a UTAH BEACH non è stato mai oggetto di ampia letteratura in quanto che, le vicende militari accadute, non hanno avuto risvolti significativi quanto quelle di OMAHA BEACH e durante la Campagna di NORMANDIA.

 Per ogni nuova pubblicazione dedicata a UTAH BEACH, le poche testimonianze da parte tedesca narrate riguardano il Leutenant JAHNKE e alcuni episodi avvenuti presso le batterie di artiglieria presenti all’interno della spiaggia.

 Oltre a una scarsa narrazione, la poca disponibile descrive le truppe tedesche come poco preparate militarmente e facili alla resa.

 In genere si possono trovare delle informazioni in merito a soldati di origine non tedesca, ma di tale nazionalità, che militarono come VOLKDEUTSCHE.

 Poche parole sono scritte a favore di alcuni casi singoli dove, il valore del soldato tedesco, ebbe a mettersi in luce nonostante la lotta disperata cui si sottopose, ma, è bene ricordarlo, i protagonisti di questi episodi sono soldati tedeschi in tutto e per tutto, specie nella nazionalità.

 Lo stesso CARRELL dedica poche pagine a quegli episodi, tra le quali, a mala pena si menzionano gli OSTBATTAILLON.

 Ancor meno AMBROSE, che riporta la testimonianza di un soldato americano della IV Divisione il quale, dopo la conquista di un bunker, racconta che da questo ne uscirono a mani alzate alcuni soldati delle OSTRUPPEN.

 BEEVOR è stato più attento sull’argomento, qualche dettaglio in più degli altri scrittori ma molti fanno riferimento a soldati americani o a testimonianze dei civili francesi.

 

Uno degli episodi più curiosi riguardanti elementi delle OSTLEGIONEN fu il caso del coreano Yang KYOUNGJONG.

 Nel 1938, all'età di 18 anni, Yang era in MANCIURIA quando fu arruolato nell'esercito imperiale giapponese per combattere contro l’UNIONE SOVIETICA.

 In quel periodo la COREA era sotto il protettorato del GIAPPONE. Durante le battaglie di KHALKHIN GOL, fu catturato dai soldati dell’ARMATA ROSSA e mandato in campo di lavoro forzato. A causa della carenza di manodopera nel sostenere la lotta contro la GERMANIA, nel 1942 fu letteralmente buttato in combattimento insieme a migliaia di altri prigionieri, combattendo sul fronte orientale dell’EUROPA di allora.

Nel 1943, fu catturato dai soldati della WEHRMACHT, in UCRAINA, durante la Terza Battaglia di KHARKOV. Lo sfortunato fu poi inviato in NORMANDIA a prestare servizio in un battaglione OSTLEGION, situato vicino a Utah Beach.

 Dopo il D-DAY, KYOUNGJONG fu catturato dai paracadutisti americani. Questi, inizialmente, lo scambiarono per un giapponese in uniforme tedesca, e fu posto in prigionia in un campo di concentramento nel Regno Unito.

 In merito alla cattura di quest’uomo, il tenente Robert BREWER, del 506° Reggiment Parachute Infantry della 101st AIRBORNE DIVISION, ha riferito che il suo reggimento catturò quattro asiatici in uniforme tedesca dopo lo sbarco a UTAH.

 Non riuscendo a trovare qualcuno che parlasse la sua lingua, fu registrato come origine nipponica. Dopo il campo di prigionia in GRAN BRETAGNA, in seguito fu trasferito in un campo negli USA. Dopo essere stato rilasciato alla fine della guerra, si stabilì in ILLINOIS, dove ha vissuto fino alla sua morte avvenuta nel 1992.

 

 

 

 

Sopra, a sinistra paracadutisti della 101a AIRBORNE sono accolti dagli abitanti di SAINTE MARIE DU MONT il sei giugno nel tardo pomeriggio. Si tratta della fontana posta davanti alla chiesa del paese. A destra, stesso luogo e stessa ora ma settant’anni dopo (NARA Archive, FC@G)

 

A sinistra la chiesa del paese, all’arrivo della fanteria americana della IV Divisione.

A destra, oggi… tranquilli, la jeep è li parcheggiata dal 1944 e con le chiavi nel quadro.

(NARA Archive, FC@G)

 

 

Mezzo da sbarco LVT-2

“WATER BUFFALO” (FC@G)

 

 

Il carro armato americano M4 SHERMAN esposto al MUSEE MEMORIAL D’OMAHA BEACH (FC@G)

 

 

Carro armato M10 DESTROYER esposto al D-DAY MEMORIAL MUSEUM di BAYEUX (FC@G)

 

 

 

LCVP visto dall’alto. L’equipaggio, quattro uomini, operava a poppa. Poteva montare due mitragliatrici BROWING M30 da 7,62 cm di calibro (FC@G)

 

Vista dal davanti di un LCVP (Landing Craft Vehicle and Personnel) indicato impropriamente con il nome di HIGGINS. Questo mezzo da sbarco a fondo piatto poteva contenere fino a trentasei uomini oppure un veicolo tipo una jeep (FC@G)

 

Posto di pilotaggio dell’LCVP e sotto il sistema di apertura del portello (FC@G)

 

 

 

 

Prima Parte

Seconda Parte

Terza Parte

 

 

Bibliografia:

(1)   David HOWARTH “IL GIORNO DELL’INVASIONE”, LOGANESI & C. (1965).

(2)   Cornelius RYAN “IL GIORNO PIU’ LUNGO”, GARZANTI (1961).

(3)   Paul CARRELL “SIE KOMMEN!”, BUR (1998)

(4)   Max HASTINGS “OVERLORD, IL D DAY E LA BATTAGLIA DI NORMANDIA”, ARNOLDO MONDADORI EDITORE (985).

(5)   Stephen E. AMBROSE “D-DAY. STORIA DELLO SBARCO IN NORMANDIA”, BUR (1998).

(6)   Antony BEEVOR “D-DAY, LA BATTAGLIA CHE SALVO’ L’EUROPA”, RIZZOLI (2010).

(7)   Stephen BADSEY “NORMANDY 1944 – ALLIED LANDINGS AND BREAKOUT”, OSPREY (1993).

(8)   Gordon A. HARRISON “UNITED STATES ARMY IN WORLD WAR II, EUROPEAN THEATER OF OPERATION: CROSS-CHANNEL ATTAK” (1951).

(9)   Adriano BOLZONI “I DANNATI DI VLASSOV, MURSIA EDITORE (1991).

 

Fonti:

(A)   WIKIPEDIA, alla voce “101ª AIRBORNE DIVISION”.

(B)   WIKIPEDIA, alla voce “82ª AIRBORNE DIVISION)”.

(C)   users.skynet.be

(D)  Memorie di Raymond L. ACOSTA, RM 2/C, NOIC Group, USN, 7.081.655 (www.uss-corry-dd463.com)

(E)   WIKIPEDIA, alla voce “UTAH BEACH”.

(F)   D-DAY: ETAT DES LIEUX (www.6juin1944.com/).

(G)  www.feldgrau.net

 

Riferimenti storici generali sul D-DAY e la BATTAGLIA DI NORMANDIA:

      - US ARMY CENTER OF MILITARY HISTORY (www.history.army.mil/).

 

Si ringraziano:

      - Lucia De Lorenzo e Giorgio Longo per aver gentilmente concesso l’uso del materiale fotografico (proprietà e diritti riservati).

 

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