NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2014

LANCIA AURELIA B20, GT

Pilota: Giovanni BRACCO – Franco CORNACCHIA

Carrera Panamericana, 1951

Elaborazione modello BRUMM, scala 1/43

Ottobre 1994

Modellismo

Pittura e grafica

Cinefoto

Genova per Noi

 

La storia della corsa messicana

 La Carrera Panamericana fu una tra le corse più entusiasmanti e pericolose svolte nel mondo.

Dal 1950 al 1954, le quattro edizioni imponevano ai piloti di attraversare da nord a sud l’intero Messico percorrendo strade di ogni genere e in ogni condizione immaginabile.

 

Un motore con solo 90 cavalli

 Rispetto al modello di produzione che ne aveva 75, la vettura che corse alla Carrera Panamericana ne aveva appena 90.

 

 

 

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Ah! Sud America, sud America… Sud America!

 L’epopea LANCIA ebbe, nel 1951, uno dei suoi momenti di culmine.

 Gianni LANCIA si era premurato di fornire diversi piloti italiani con delle versioni alleggerite di AURELIA B20 GT.

 Com’è nota questa scelta strategica, a metà tra un’astuta mossa di promozione subliminale e il desiderio agonistico insito nello stesso patron della casa torinese, permise di dare grande visibilità alla vettura e convinse numerosi gentleman driver a eleggere la B20 come ideale per le gare di gran turismo e durata che allora si disputavano in molte parti d’ITALIA  e di d’EUROPA.

 

 

 La vettura originale (telaio n. 1010) ebbe, nel 1951, un avvio di carriera sfolgorante con un secondo assoluto alla MILLE MIGLIA e il primo posto categoria GT alle 24 ORE di LE MANS. Questa versione non ebbe fortuna all’edizione del 1951 della CARRERA PANAMERICANA e si dovette ritirare dopo un incidente e l’avaria poi del motore. La vettura non lasciò il SUD AMERICA e fu acquistata da un pilota locale, un architetto, che la riutilizzò nella edizione del 52, sempre della corsa panamericana, classificandosi nono assoluto.

 La vettura è stata recentemente restaurata dal team Thornley Kelham (UK) e nel loro sito troverete un ampio reportage fotografico (non vi è link in quanto che non hanno dato l’autorizzazione alla pubblicazione in questa pagina).

 

 

 Il modello della BRUMM era disponibile già nei primi anni 90 e si basava sulla scocca impiegata per la riproduzione delle versioni MILLE MIGLIA e LE MANS.

 In quel periodo dominava la versione in kit, della B20 in livrea panamericana, e quella in die-cast fu accolta con un certo entusiasmo iniziale. Un entusiasmo, però, che fu smorzato da alcuni dettagli ritenuti, già allora, troppo grossolani.

 Primo punto su cui in molti storsero il naso fu la scelta, da parte di BRUMM, di non utilizzare decal ma riprodurre i numeri di gara e gli  sponsor tramite una pellicola adesiva che, pur se sottile, era evidente a occhio nudo. La scelta della stessa scocca con i relativi difetti di linea e dettagli, già da qualche anno in uso, frenò in una qualche misura molti entusiasmi.

 Confesso che non affrontai l’elaborazione con le giuste premesse, oltre al fatto che non possedevo la documentazione necessaria per una fedele replica, e a mia volta bollai il modellino come mediocre.

 A distanza di vent’anni, ho rispolverato questa mia elaborazione per riscoprire il modello BRUMM e per valutare quali migliorie fossero allora, come oggi, apportabili.

 Se uno desidera, al giorno d’oggi, può smontare il modellino, sverniciare la scocca e riprodurre il modello vero utilizzando delle decal (so che un foglio per 1/43 è in vendita in rete). Se si preferisce, si può lasciare il modello com’è posto in vendita e dedicare attenzione ad alcuni dettagli per correggerne i relativi difetti.

 Certo che, non sverniciando la scocca, alcuni errori restano in bella vista, come la profilatura sul cofano anteriore e le due profilature sotto le due portiere. Queste ultime io consiglio di dipingerle con silver, visto che ci sono tanto vale metterle in evidenza piuttosto che lasciarle del medesimo colore della carrozzeria (che fa molto giocattolo).

 Intanto la fanaleria può essere tutta fotoincisa, almeno quella anteriore (io ne ho aggiunti due); per quella posteriore occorre rivolgersi all’EQUIPE TRON perché non sono fanali molto comuni. A mio modesto parere, però, conserverei i due fanali anteriori principali.

 I tergicristalli fotoincisi sono ormai obbligatori. Occorre fare attenzione perché la vettura vera montava due tergicristalli ordinari più un terzo dal lato guidatore, dettaglio che allora non montai perché, dalle foto che possedevo, non si riusciva a identificarlo. Il vetro anteriore ha i tergicristalli sovrastampati, per cui devono essere rimossi.

 La targa anteriore io la realizzai con dei trasferibili su carta nera, mentre oggi con una normale stampante laser si può ottenerne una di migliore qualità.

 Sul posteriore, al centro del bagagliaio, vi era il tappo della benzina, mentre la targa posteriore è da sostituire perché sbagliata (la targa corretta era VC 25466).

 Io, nel 1994, modificai i due scarichi posteriori utilizzando un tubicino di rame, pieno, e che tentai di forare; oggi si possono realizzare con un semplice tubetto in alluminio migliorando notevolmente il dettaglio.

 I paraurti sono sbagliati, quelli corretti devono a vere anche i rostri e gli spigoli smussati.

 Le maniglie delle portiere non si possono correggere se non con un po’ di silver e un pennellino triplo zero. Sempre con silver e pennellino si possono realizzare le cornici dei vetri laterali mentre quelle del parabrezza e del lunotto consiglio di realizzarli tramite pennarelli indelebili, proprio come feci allora.

 I cerchi, non so se ne esistono delle versioni migliorate, di certo quelli BRUMM sono belli ma gli pneumatici sono troppo sottili. Il colore dei cerchioni era bianco e non metallo.

 Gli interni possono essere migliorati sostituendo il volante (deve essere di colore bianco avorio) e correggendo la leva del cambio (non era del tipo al volante ma il classico a stelo, di colore nero, con la base a pavimento).

 Il colore dei sedili era bianco ghiaccio, tendente al grigio.

 

 

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