NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop" 2009 - 2013 PANZER-LEHR-DIVISION, brevi cenni storici NORMANDIA, ESTATE
1944 |
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“Avevo assistito alla ritirata da MOSCA, che era stata già
abbastanza terribile, ma almeno le unità erano rimaste intatte. Qui
invece eravamo diventati gruppi d’individui. Non eravamo
più una compagnia in grado di affrontare una battaglia”. Sergente Helmuth GUENTHER
del 17° SS Panzergrenadier Regiment
(1). “Quando
crede che gli Americani attaccheranno in questo punto?” Con tono
perentorio il generale Fritz BAYERLEIN chiese a uno dei suoi ufficiali
posizionati a sud di SAINT LÔ, più precisamente a CANISY. E l’ufficiale, il cui cognome era KAUFMANN,
rispose con tono dimesso “Possono
attaccare da un momento all’altro, signor generale.
Sono pronti, non bisogna dimenticarlo. Credo che soltanto il maltempo li
abbia trattenuti finora” (2). Era la metà di luglio del 1944, in
NORMANDIA. L’avanzata angloamericana iniziava ad avere le prime fasi di
arresto. Dopo i primi trenta giorni dal D-DAY, la
macchina bellica di EISENHOWER iniziava a ingolfarsi. I continui sbarchi, di
mezzi e uomini, intasavano le vie di comunicazione lungo la costa della
NORMANDIA. Pur se mancanti di copertura aerea, i
Tedeschi erano riusciti a bloccare il nemico nell’entroterra, proprio come il
maresciallo von RUNDSTEDT aveva teorizzato in opposizione a ROMMEL. In contemporanea al
D-DAY, i Tedeschi iniziarono la loro guerra di vendetta con il lancio delle
bombe volanti V-1. Chi si ritrovava nella totale impotenza era
Winston CHURCHILL, che volle tentare il tutto e per tutto pur di fermare il
nemico. Le rampe di queste armi letali erano difficili da distruggere con i
soli raid aerei, non rimaneva che l’uso, terribile e meschino, di gas
venefici per fermarli. Ma EISENHOWER non era
disposto a quel “tutto”, e rimbrottò il primo ministro inglese “Per l’amor del cielo, teniamo gli occhi
sulla palla e usiamo un po’ di buon senso” (1). CHURCHILL si rivolse a MONTGOMERY, e gli
ordinò di “saltare sulla sua
bicicletta” e di dare un colpo secco allo stallo
dell’avanzata. E’ così fu lanciata l’Operazione GOODWOOD, era il diciotto
luglio. L’operazione fallì (MONTGOMERY non la pensò mai così e anzi, anche nel dopoguerra, ne
giudicò il risultato positivo anche se venne
interrotta per le troppe perdite di mezzi corazzati), con la perdita di
oltre 400 carri armati e quasi tremila soldati. EISENHOWER nemmeno lontanamente la pensava
così: c’erano volute settecento tonnellate di bombe, uno sciame di aerei P-47
e decine di migliaia di uomini per conquistare, da nord a sud, pochi
chilometri di terra. Parlare di successo era veramente fuori misura. Per gli Alleati, PARIGI era ancora lontana.
Sì, ma non troppo lontana. Solo che i Tedeschi usavano una semplicissima
tecnica per resistere: attaccare! Così un comandante canadese commentò questa
tattica di combattimento “… niente
difese rigide: sotto attacco, resistono quanto possono nelle loro strette
trincee magnificamente nascoste, poi si ritirano in posizioni già preparate
un po’ più indietro. Immediatamente il fuoco dell’artiglieria e dei mortai si
concentra sulle posizioni che hanno appena lasciato, anche se vi sono rimasti
alcuni loro uomini. Il bombardamento è coordinato con attacchi di fanteria
per recuperare il terreno perduto” (1). La campagna a nord di PARIGI, comunemente
nota come BOCAGE, è ricca di filari di viti, zone rialzate fitte di alberi.
Per i soldati americani era davvero un’impresa ardua uscire vivi dalle lotte,
corpo a corpo, che si consumavano nel BOCAGE. Nella 29a Divisione di fanteria americana il
Maggiore G.S. JOHNS raccontò della terribile lotta
che si consumava nel BOCAGE; erano scontri armati dove la distanza con il
nemico, spesso, era di pochi metri e complicata dalla presenza dei filari di
viti. Per ogni filare conquistato, drammaticamente, se ne presentava un
secondo utilizzato dai Tedeschi come nascondiglio per le imboscate. In alcune
divisioni la battaglia nel BOCAGE costò il 200% dei rimpiazzi. Molti degli
ufficiali, che avevano partecipato al D-DAY erano
stati rimpiazzati perché feriti gravemente o uccisi. Le forze Tedesche presenti nel nord non
erano poche tutto sommato, ben addestrate e il loro
equipaggiamento non era da meno rispetto a quello dei nemici. L’undici di luglio la Divisione PANZER LEHR
lanciò il suo contrattacco più importante durante la Campagna di FRANCIA. Le
due divisioni americane che si contrapposero, la 9a e la 30a, riuscirono a
resistere e a infliggere perdite del 25% alla divisione di fanteria corazzata
tedesca. Nelle fila della PANZER-LEHR c’erano ufficiali e sott’ufficiali che
avevano prestato servizio in diverse e significative campagne come quella di
RUSSIA o nel nord AFRICA. Era quindi difficile, per giovani G.I., combattere
contro questi uomini e le loro armi, che non erano poche e che garantivano la
massima funzionalità in mezzo al BOCAGE. Basti ricordare che i Tedeschi
utilizzavano i mortai molto di più degli Americani, avevano in dotazione armi
migliori come la mitragliatrice MG42, in grado di sparare 1200 colpi al
minuto, possedevano il micidiale cannone da 88mm che usato ad alzo zero
diventava l’incubo degli SHERMAN e dei loro capi carro. Il comando della battaglia, visto che la
situazione andava peggiorando per gli angloamericani, passò nelle mani del
Generale BRADLEY. Secondo lui occorreva pressare il fronte nemico che aveva
il suo punto debole nella zona della cittadina di SAINT LÔ, mandare la 29a
Divisione a sfondare il fronte per poi dilagare in direzione della Penisola
di COTENTIN (vedi anche la battaglia di
CHERBOURG). Lo
stesso giorno del D-DAY la PANZER-LEHR-DIVISION fu
trasferita al fronte. Raggiunse CAEN solamente due giorni dopo perdendo quasi
200 mezzi (un bombardamento a bassa
quota e poi un mitragliamento lungo la strada, un’azione semplice e sicura per il fatto che tutti i corazzati tedeschi erano
incolonnati e lungo la strada non vi erano punti di fuga o posti in cui
riparare i mezzi attaccati), per schierarsi nella zona di VILLERS-BOCAGE.
Qui, insieme ai carri Tiger 1 dello Schwere SS-Panzer-Abteilung 101° del mitico Michael WITTMANN,
bloccò il tentativo di sfondamento britannico del 13 giugno, venendo in
seguito impegnata nella difesa della zona di TILLY fino alla fine di giugno, quando si ritirò dal fronte per essere
riorganizzata. BRADLEY riteneva SAINT LÔ fondamentale e a
ragione, infatti, i Tedeschi vi avevano concentrato molte forze e le migliori
divisioni di fanteria tra cui la PANZER-LEHR. Il generale americano non volle ripetere gli
errori degli Inglesi durante l’Operazione GOODWOOD, per cui decise di
appoggiare l’avanzata della 1a Armata con incessanti
e continui bombardamenti delle strade su cui si muovevano le truppe tedesche.
E BRADLEY decise di utilizzare la strada SAINT LÔ-PÈRIERES per dare
indicazione ai bombardieri su come arrivare sopra le teste dei soldati della
PANZER-LEHR. L’operazione, fin qui descritta, prese il nome in codice di
“COBRA”. Il primo stormo di bombardieri americani sarebbe dovuto decollare il ventuno luglio ma le
condizioni meteorologiche impedirono ciò. Il giorno ventiquattro le
condizioni meteo divennero migliori. I P-47 decollarono per seguire la strada
e quindi arrivare proprio davanti ai Tedeschi della PANZER LEHR. Questi aerei
furono in grado di sganciare bombe da 227 kg, contemporaneamente di lanciare
razzi e mitragliare a più non posso ogni cosa che si muovesse. Dopo il bombardamento dei P-47, giunse
quello dei B-17. Per chiudere il micidiale attacco, ne seguì uno finale da
parte dell’artiglieria, capace con le sue salve di rendere pazzi i nemici,
rintanati nei loro ripari scavati nel terreno e protetti da assi di legno a
loro volta coperte da quintali di terra. Appena l’attacco ebbe inizio, per i Tedeschi
iniziarono momenti terribili. E come dubitare di ciò, visto che l’artiglieria
americana in un’ora di fuoco serrato aveva sparato oltre 50.000 proiettili. Il bombardamento lungo la strada di SAINT LÔ
avvenne anche con l’uso di fusti pieni di NAPALM, ma la cifra significativa
la fecero le bombe: 16.000 tonnellate! Come scrisse AMBROSE, “sembrava la fine del Mondo”. Il maggiore Joachim BARTH,
comandante di un battaglione controcarro della divisione di BAYERLEIN, così
descrisse la situazione dopo quella terribile pioggia di bombe e fuoco “… guardai fuori dal mio bunker. Il mondo
era cambiato. Non c’erano più foglie sugli alberi. […]
C’erano feriti, avevamo bisogno della sanità, ma nessuna ambulanza poteva
arrivare fin lì. I nostri grossi calibri erano stati rovesciati”. Il bombardamento non risparmiò anche la
prima linea americana che subì perdite rilevanti anche tra i propri uomini.
BRADELY ricevette rapporti sulle perdite tedesche ma anche quelli riguardanti
i propri uomini colpiti dal fuoco amico, la tentazione di fermarsi lo colse
ma ormai non si poteva più tornare indietro, anche se, come lui stesso
ammise, quei rapporti lo facevano sentire come se fosse calata sul comando
alleato “una nebbia umida”. Anche il maggiore BARTH avrebbe voluto poter
fermare la battaglia per potersi riprendere dopo
l’ondata di bombardamenti, mancava, però, il tempo. “Preparatevi, preparatevi!” urlò ai suoi
ufficiali mentre questi, con i soldati e i serventi, tentavano di rimettere
in posizione i propri cannoni e mortai. Poi l’urlo secco “ARRIVANO,
ARRIVANO!”. I primi fanti americani corsero incontro
agli uomini della PANZER-LEHR, li superarono nella foga di finire al più
presto quella carica folle. Corsero tra i carri armati distrutti dalle bombe
da 227 kg, i cannoni riversi sui lati come dinosauri sfiancati dalla natura,
corpi di Tedeschi ovunque e i vivi resi inebetiti dai timpani dilaniati dallo
scoppio delle bombe. Poi la corsa si arrestò e si trovarono di fronte ai
veterani nemici che erano pronti a combattere fino all’ultimo proiettile. Significativo il ricordo che il soldato
tedesco, Guenther FELDMANN, il quale ebbe modo di
imparare la lingua inglese in un campo di prigionia “… le prime parole che udii da un americano furono: Dio li maledica
tutti, i bastardi sono ancora qui!”. Il generale BAYERLEIN, a fine giornata, era
disperato per la fine dei suoi uomini e per l’andamento della battaglia. In
sella a una moto non fece altro che correre lungo tutti i punti della linea
difensiva per verificarne la tenuta. Verso sera fu raggiunto da un ufficiale
dello Stato maggiore del feldmaresciallo von KLUGE. Nel suo libro, “CITTADINI
IN UNIFORME”, AMBROSE non da identità a quest’ufficiale mentre Paul CARRELL,
in “SIE KOMMEN!” scrisse che costui era il figlio di von KLUGE. Secondo il racconto
di AMBROSE, il generale BAYERLEIN così rispose alla richiesta dello Stato
maggiore di non retrocedere lungo la linea SAINT LÔ-PÈRIERES “ … Qui al fronte ogni uomo tiene la
propria posizione. Se ne stanno zitti e buoni nelle buche per il semplice fatto
che sono morti. Può riferire al [feld]maresciallo
che la Divisione PANZER-LEHR è stata annientata”. Gli scontri continuarono ancora per tutta la
giornata del ventisei, ma ormai si trattava di pochi elementi che
combattevano alla disperata perché impossibilitati ad aprirsi una via di fuga
verso sud. Lo stesso BAYERLEIN rischiò di essere catturato se non ucciso il
giorno successivo. BAYERLEIN si era stabilito con il suo
comando presso il ruscello di SOULLES. In tutto erano rimasti una mezza
dozzina di ufficiali e quattordici fra sottufficiali, portaordini e radio
telegrafisti, tutti rintanati in una vecchia fattoria, dove cercarono di
raccogliere i resti dispersi della divisione. Ma, sul tardo pomeriggio, carri
armati americani si avvicinarono alla riva del ruscello e presero quel
piccolo casolare sotto il loro tiro. Disgraziatamente le finestre della casa,
che davano sul cortile, avevano le inferiate. L’unica uscita verso la strada
che correva lungo il ruscello poteva essere osservata dai carri armati americani.
Ufficiali e soldati, durante le brevi pause sotto il fuoco, saltavano fuori
singolarmente dalla casa. Come animali braccati, cercarono di ripararsi
dietro degli alberi e poi nei campi. BAYERLEIN, rimasto da solo nella casa,
rischiò la vita nel tentare di uscire. Il maggiore WREDE, lontano pochi metri
da lui, da dietro un albero gli fece cenno. Il generale fece un salto e
iniziò a correre. Si buttò in un campo di patate, dove una granata sibilò
vicino a lui prima di esplodere. Saltò lo stesso nuovamente in piedi e si
mise a correre come un pazzo. Alla sera fu visto marciare solo e con
l’uniforme lacera in direzione di PERCY. Il ventisette luglio la difesa formata dalla
PANZER–LEHR crollò sotto il pressing americano. I resti della divisione
furono ritirati verso sud e, dopo un breve impiego a difesa del fianco
settentrionale del contrattacco in direzione di MORTAIN, ripiegarono
successivamente in direzione della SENNA. In pochi
rimasero vivi, si calcola che non meno di duemila soldati della divisione morirono
in quei tre giorni di combattimenti. Gli effettivi ai primi di giugno erano
circa 5000. Pochissimi decorati per il valore dimostrato. Il decano degli storici militari americani,
Russell WEIGLEY, commentò così lo sfondamento della linea tedesca da parte
della Prima armata americana “… ora che
l’Operazione COBRA aveva ottenuto lo sfondamento, l’esercito più mobile del
mondo poteva, per la prima volta dal D-DAY, approfittare di questa sua
capacità”. Il comando delle operazioni passò da BRADLEY
a PATTON, il quale non vedeva l’ora di menare le mani con la sua Terza
armata. E da quel ventisette luglio iniziò l’avvicinamento a PARIGI degli
angloamericani. (1) Stephen E.
AMBROSE “CITTADINI IN UNIFORME”, ed. TEA. (2) Paul CARREL
“SIE KOMMEN! ARRIVANO!”, ed. BUR. (3) La citazione è
stata copiata dal libro di Max HASTINGS “OVERLORD”. Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono: tutelati dai
rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno riferimento e solo ai
loro legittimi proprietari. |
Esempio di uniforme delle truppe della
PANZER-LEHR-DIVISION (54mm, foto dell’autore). Per vedere le foto del figurino, clicca
sull’immagine. Foto di propaganda raffigurante degli ufficiali
della PANZER-LEHR-DIVISION in Normandia nel 1944 (autore e copyright
sconosciuti). Il generale Fritz BAYERLEYN (Bundesarchiv, Bild
146-1978-033-02 / Dinstühler / CC-BY-SA). Hauptmann Willi
WELSCH, uno dei pochi ufficiali decorati con croce di ferro (Bundesarchiv,
Bild 146-1994-098-11 / CC-BY-SA). La mappa che riporta le posizioni avversarie
durante l’Operazione “COBRA” (no copyright). Per vedere la mappa ingrandita, clicca
sull’immagine. |
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