|
NISE, Federico Cavann@ in Genova "work-shop"
2017 RENAULT 5 TURBO Piloti:
Jean RAGNOTTI – Jean Marc ANDRIE’ Gruppo 4, Primi assoluti RALLYE MONTE-CARLO ed. 1981 Elaborazione modello per edicole,
scala 1/43 Marzo 2017 |
|||||||||
Jean “Renault” Jean Ragnotti è un
francese DOC nato nel 1945. Ha iniziato la sua carriera a bordo di una
Renault 8 Gordini sia in pista sia nei rally. Ha corso anche con Opel nei primi anni ’70
ma la sua carriera si lega al marchio francese e infatti concluderà la sua
carriera agonistica nel 1996 a bordo di una Renault Maxi. Ragnotti, nel
1981, non era un novizio al rallye di Monte-Carlo;
aveva già avuto diverse vittorie di gruppo negli anni ’70, ’71, ’72 e ’78. La vittoria al Monte dell’81 fu anche
la prima gara vinta da una vettura spinta da motore turbo compresso. Fiocchi azzurri Hannu Mikkola e Attilio Bettega furono, agonisticamente
parlando, decisamente sfortunati al rally monegasco ma poterono consolarsi,
ben bene, all’idea che le rispettive consorti, proprio in quei giorni, davano
alla luce due maschi. Fuoco! . In questa edizione diverse le
vetture in gara che, per ragioni tra loro diverse, presero fuoco. Quella che ne uscì completamente bruciata fu
la Lancia Stratos dell’italiano Melani in coppia con il navigatore Franceschini. Purtroppo il principio d’incendio si
sarebbe potuto controllare se sulla vettura fosse stato presente un secondo
estintore mobile (Munari docet) e se gl’altri concorrenti si fossero,
sportivamente, fermati a soccorrerlo. Anche la Renault 5 Turbo di Saby ebbe un principio d’incendio scaturito da un corto
circuito nel cruscotto ma fu domato, in tempo, e senza danni gravi alla
vettura. Audi 4 no good Secondo il capo supremo della scuderia Chardonnet, Andrè Chardonnet, l’Audi 4 era una vettura troppo pesante e
sofisticata per essere impiegata nei rally. Che dire: anche i miti ogni tanto
prendono una cantonata… Il parere di Dess O’Dell Intanto chiariamo chi era costui: uno dei
più importanti manager sportivi inglesi e scopritore di talenti rallistici
quali Henri Toivonen, Colin McRae
e Richard Burns. A proposito della Renault 5 Turbo e dell’Audi 4, così
confidò, il manager inglese a Jean Todt, allora pilota di rally e non ancora
Team manager Ferrari: “Macchine
sofisticate come la Quattro e la R5 Turbo possono danneggiare lo sport rallistico.
Non soltanto minacciano la sicurezza, tolgono gran parte dello spettacolo e
costringono i costruttori a fare delle macchine speciali, ma non molti hanno
le capacità di farlo”. Enne valvole La Stratos di Darniche,
per ragioni di omologazione, poteva contare su un povero 6 cilindri con 12
valvole e non su un 24 come nel ’77 aveva il campionissimo Munari. Alzacristalli game A Jean-Luc Therier
gli alza cristalli elettrici sulla sua Porsche lo divertivano da morire. Alla
partenza, per il percorso finale, li aveva fatti notare a quanta più gente
possibile… Sempre con quell'eterno sorriso stampato in faccia. 300 km e fine! Sfortunata all’inverosimile la Audi 4 di Michèle Mouton che dopo solo
300 km da Parigi (punto di partenza)
aveva deciso di fermarsi. Forse qualche meccanico aveva messo benzina non
troppo pulita e quindi l’auto doveva essere trainata fino al primo punto di
assistenza per svuotare i 120 litri di carburante sospetto. Fatta questa operazione di bonifica, l’auto riprese
a marciare per 3800 km senza un minimo guasto. Peccato che i giudici di gara
avevano già squalificato la pilota francese a causa di quel traino non consentito
e quei 3800 km servirono solo per seguire la squadra e i piloti Audi ancora
in gara. Se le è venuto da piangere, è quanto mai
comprensibile anche se donna. Un uomo avrebbe fatto lo stesso, se non di
peggio. Altri soggetti correlati |
(Copyright sconosciuto) (Copyright sconosciuto) Quando il Rallye
di MONTE-CARLO prese il via, per l’edizione 1981, l’AUDI 4 di Hannu MIKKOLA pareva già la favorita e la sicura
vincitrice. Invece le cose non andarono come le prime battute di gara avevano
fatto presagire. Jean RAGNOTTI di sfortuna, nella precedente
stagione rallistica, ne aveva avuta un po’ troppa e temeva che l’inizio
stagione sarebbe partito di nuovo sotto questa veste. Chi erano gli avversari
e le auto da battere? MIKKOLA –HERTZ erano forniti della
nuovissima AUDI 4, quattro per le ruote motrici che facevano la loro comparsa
nel mondo dei rally; la coppia francese Jean-Luc THERIER/Michel VIAL, su
PORSCHE 911, era la favorita di quel rally monegasco che sarà l’inizio del
futuro Gruppo B e la fine delle due ruote motrici. La vittoria finì alla coppia francese Jean
RAGNOTTI e Jean Marc ANDRIE’ che permisero una tripletta che dal lontano 1973
non spettava alla FRANCIA: equipaggio, auto e gomme (le MICHELIN, per la cronaca) per un primo posto (assoluto!) fasciato dal tricolore francese. E infatti, così commentò il direttore
sportivo della RENAULT di allora, Gerard LARROUSSE “Vincere a MONTE-CARLO è molto importante. Probabilmente più
importante che vincere ad esempio il GP del SUDAFRICA di F1 perché i rallies
sono più paesani, più vicini alla gente di ogni giorno che è poi quella che
deve comperare le nostre automobili”. RAGNOTTI vinse sette prove, sei volte fu
secondo e otto volte terzo, ed il suo compagno di squadra, Bruno SABY in
coppia con Daniel Le SAUX, due volte primo e cinque secondo. Anzi, come
scrissero le cronache di allora, fu SABY la vera rivelazione della squadra
ufficiale RENAULT. Per la cronaca, purtroppo SABY concluse il rally
all’ottantacinquesimo posto ma dimostrò lo stesso grandi capacità con la
piccola turbo transalpina. Gli avversari contrapposti alle RENAULT –
PORSCHE e AUDI, furono la TALBOT LOTUS pilotata da Guy
FREQUELIN classificatasi seconda e la OPEL ASCONA 400 di Jochi
KLEINT classificatasi terza. Nelle successive posizioni ecco una delle
ultime gloriose STRATOS condotta dall’inossidabile duo Bernard DARNICHE –
Alain MAHE (sesti) e da un ancor
oggi verde duo dinamico Markku ALEN - Ilkka KIVIMAKI su FIAT 131 ABARTH (settimi). Due parole a proposito della STRATOS di
DARNICHE; la sfortuna colpì la “Bete à gagner” e in particolare le sue gomme PIRELLI che, a
causa di una partita vulcanizzata non adeguatamente, spesso fecero finire le
prove speciali letteralmente sulle tele. Due parole ancora per alcuni nomi e auto
italiane. Le cronache ricordano che Dario CERRATO e Attilio BETTEGA diedero
prova delle loro doti ma le loro FIAT (rispettivamente
131 ABARTH e RITMO ABARTH) non furono in grado di reggere le fatiche del rallye dei rally. In particolare la FIAT RITMO ABARTH
proprio non ne volle sapere di non dare problemi di motore. In un’intervista successiva alla gara, Jean
RAGNOTTI diede una cronaca piuttosto dettagliata di come andarono le cose. Intanto le ricognizioni, RAGNOTTI e navigatore
passarono anche cinque o sei volte per le prove speciali vista la tanta neve
che impediva di svolgere delle adeguate ricognizioni. Durante una prova speciale, COL DE FAYE, un
incidente causò la rottura del turbo e quindi la vettura poté “girare” con
almeno trenta cavalli di meno e il tutto prima dell’ultima notte di gara. Gomme, la squadra e il pilota ne sbagliarono
diverse e ciò fu la causa di continui secondi persi e di diverse uscite di
strada per fortuna finite su cumuli di neve. Giù di tono, anche un campione come RAGNOTTI
ha sofferto in gara di momenti di depressione agonistica; la prova monegasca
non fu vissuta in tutto e per tutto con il suo spirito da vero combattente e
come una cavalcata vittoriosa durante tutte le prove speciali. E per concludere un suo commento personale
che rilasciò al giornalista Jean-Paul RENVOIZÉ. “Sono naturalmente molto soddisfatto di
questa vittoria e alla RENAULT lo sono ugualmente: possono anche sfruttare a
livello pubblicitario una riuscita tecnica... Vi sorprenderò, tuttavia,
ammettendo che questa vittoria non mi fa molto più piacere dei miei posti
d'onore con la piccola del Gruppo 2. Penso al MONTE-CARLO del ‘78, ma anche
al mio secondo posto al GIRO DI CORSICA, al mio terzo posto al BANDAMA e al
quarto posto al RALLY DELL'ACROPOLI. Il fatto di classificarsi bene dopo aver
costantemente attaccato a fondo con una piccola vettura è ugualmente una
grandissima soddisfazione! Il fatto importante è di aver potuto verificare
che, tranne sul terreno molto scivoloso, completamente innevato, come
all'inizio del rally, non avevamo niente da invidiare alla AUDI QUATTRO, che
sembra d'altronde assai difficile da pilotare. Questa vittoria al MONTE-CARLO
cade proprio al momento giusto ma non cambia niente, concretamente, nel
nostro programma. Seguiamo il nostro programma di prove su
terra e ci prepariamo per il seguito del calendario inizialmente previsto. In
funzione della nostra classifica, prima delle ultime prove della stagione,
potremmo eventualmente prendere in considerazione altre partecipazioni, ma è
poco probabile. Si tratta di un'annata di preparazione per la RENAULT, e il
nostro scopo è di lavorare per mettere a punto una vettura competitiva... Il
resto sarà per il 1982...”. Si ringrazia
il sito v8blog8090.files.wordpress.com per il materiale fornito e relativo al
numero 4 della rivista AUTOSPRINT. RENAULT
realizzò un video promozionale sulla vittoria della vettura al MONTE-CARLO
del 1981. Le immagini qui presentate provengono da tale video di cui non è
noto il copyright. Immagini, nomi di prodotti, marchi, sono: tutelati dai
rispettivi copyright se registrati o non scaduti, fanno riferimento e solo ai
loro legittimi proprietari. |
Potente,
corta, e non facile da guidare Vettura particolare la RENAULT 5 TURBO, sia
nelle dimensioni “reali” sia in quelle in “scala”. Non aveva una linea
originale e non portava in dote particolari e innovative soluzioni stilistiche
ma era ideale per essere impiegata sia nei rally sia in pista. Era semplice e
allo stesso tempo complessa, perché quasi più larga che lunga e con un motore
tutto caricato sul posteriore. Potente, corta e non facile da guidare. Altrettanto complessa da elaborare, se non
difficile, questa versione promossa per le edicole dalla raccolta “100 ANNI
DI AUTO DA CORSA” (anni 2003 – 2004). Il modello in scala 1/43 non si basa su
quello stra consolidato, prodotto da SOLIDO, ma su un
prodotto nuovo per quegli anni. Come
sempre inizio dagli interni, lo smontaggio non richiede molto tempo perché vi
è ben poco di aggiunto e molto di stampato. Difetto maggiore sono i sedili
che per l’appunto sono stampati al pianale interno e non sono elementi
separati. Questo ha complicato la fase di rifinitura, cioè i fori sullo
schienale per farci passare le cinture di sicurezza e quella di pittura che,
per ragioni pratiche, ho realizzato a pennello. L’estintore mobile era stampato sul pianale,
l’ho rimosso completamente per poi sostituirlo con uno autocostruito. La rollcage era in plastica e parecchio grossolana; l’ho
realizzata in toto anche se qualche errore, dimensionale, l’ho dovuto mettere
in conto nella parte anteriore visto il cruscotto che sporgeva di molto. Ulteriore elemento, che non mi ha permesso
di realizzare una rollcage in scala, è stata la presenza
dei vetri realizzati in pezzo unico e dallo spessore notevole al punto che
gli elementi anteriori della gabbia li ho dovuti collocare parecchio
all’interno dell’abitacolo. Il
cruscotto l’ho staccato dal pianale per poterlo arricchire della
strumentazione e poterlo poi dipingere più facilmente. L’aggiunta della radio
CB ha dato un tocco di dettaglio in più. La
pavimentazione della vera RENAULT 5 TURBO era in acciaio stampato
antiscivolo, l’ho duplicato con del lamierino zigrinato tramite il mandrino
di un trapano a mano. Ulteriore elemento arricchente è stata la
pedaliera di tipo fotoinciso. Oltre
alle cinture di sicurezza, con i suoi vari attacchi e fibbie, ho aggiunto la
ruota di scorta con le relative cinghie di tenuta e gli attacchi relativi (erano tre) posizionati sul pianale. Bene
ricordare che i sedili avevano colori tra loro differenti, quello del navigatore
era celeste mentre quello del pilota era rosso, e non ambedue di colore nero
come appaiono oggi sul modello restaurato. Le due
foto sopra sono utili per replicare alcuni dettagli. La
pedaliera era di colore nero, quella che ho aggiunto nel modello non l’ho
dipinta di quel colore altrimenti sarebbe stata ben poco visibile sbirciando
dai finestrini. La
foto superiore mostra i meccanici al lavoro durante una pausa della corsa;
notare l’attacco delle cinture di sicurezza (direttamente sulla rollcage) e
l’interno della vettura che era di colore nero mentre nel modello è giallo. Vista
dell’abitacolo una volta completati tutti i dettagli. Sconsiglio, alla fine, di
incollare il cruscotto ma di lasciarlo solo incastrato tramite i suoi due
perni; questo trucco serve a garantire una certa elasticità
durante la chiusura del sarcofago. Ecco, la chiusura è una delle fasi in cui
mi sono mosso con molta calma visto che tante parti devono prendere la loro
posizione migliore senza rompersi. Il piastrone
paracolpi è qui sovradimensionato ma non vi era altro modo per coprire la
totale mancanza del motore. Le rondelle in acciaio servono anche qui per
creare la mancanza dei dischi dei freni. I
tergicristalli e relativi rivetti sono altri due particolari che ho
modificato. Nel
modello i tergicristalli sono stampati sul parabrezza, un dettaglio ormai da
anni abbandonato dai produttori di modelli in scala 1/43. Per eliminarli
occorre ovviamente smontare il corpo vetri dalla scocca e progressivamente
eliminarne il rilievo per poi applicare dei tergicristalli fotoincisi. Ecco
le fasi per togliere quelli stampati e avere un vetro pulito. Ho
protetto la fascia parasole, presente sul parabrezza, con del nastro adesivo
da carrozziere Prima di farla aderire sul parabrezza, però, conviene
attaccare, più volte, il pezzo di nastro su una superficie pulita; in questo
modo sarà meno aderente e quindi non rovinerà la decal della fascia parasole. La
prima operazione che ho eseguito consiste nel rimuovere il grosso dei
tergicristalli stampati, per fare ciò utilizzo della carta smeriglia con
grana 600 appoggiata su una superficie liscia e rigida. Dopo questa
prima fase, i tergicristalli stampati saranno di certo eliminati ma la
superficie resterà opaca. Inizio allora a levigare il parabrezza con della
carta smeriglia grana 600, poi 800 e infine 1200. La
superficie diventa liscia ma resta sempre opaca. A questo punto, tramite una
pezzuola per occhiali, inizio a rendere trasparente la plastica con l’impiego
de paste lucidanti TAMIYA POLISHING COMPOUND che sono di tre densità
differenti: Coarse, Fine, Finish. Importante, comunque, resta la fase di
smerigliatura che dovrà essere uniforme su tutto il parabrezza altrimenti
resteranno dei solchi che le paste TAMIYA non saranno in grado di togliere. Lo
specchietto retrovisore completerà gli interni e si potrà autocostruire con
del materiale quale Plasticard, o alluminio. Nel
modello i fendi nebbia aggiuntivi, gialli, non sono presenti. Pur se è
possibile autocostruirseli, vi è un problema di spazio esiguo in cui
collocarli. Chi è bravo ci tenti, attenzione però a non rovinare i fari
supplementari che sono un po’ delicati. Il gancio si soccorso anteriore e
posteriore non sapevo dove fossero collocati, quindi non li ho messi. Lo
scarico della marmitta era sotto il paraurti e l’ho realizzato con il solito
tondino di alluminio. Bel
dettaglio del posteriore della vettura “vera”, ripreso a PARIGI durante il
trasferimento a MONTE-CARLO. I fari
posteriori nel modello sono abbastanza fedeli come riproduzione e sono
realizzati a vernice così come era in uso nelle REANULT 5 TURBO prodotte da
SOLIDO, belli anche i catarifrangenti nel paraurti. Ho
aggiunto il tergilunotto che nel modello non era presente in rilievo (per fortuna!). I
ganci di chiusura del cofano nel modello sono sbagliati, erano si presenti ma
di poco sopra i fari e non all’altezza delle scritte “elf”. Questa
foto mostra i fanali anteriori del modello da me realizzati eliminando quelli
di serie, decisamente non belli. Per
ottenerne di nuovi e più belli, è sufficiente del semplice alluminio in fogli
e della vernice trasparente. E tanta pazienza nel far seccare la vernice
trasparente. Agli
estremi superiori del cofano anteriore vi ho collocato i ganci di sicurezza. Un
fotogramma tratto dal video prodotto da RENAULT per celebrare il campionato
mondiale rally del 1981. La
vettura forse subì un incidente o qualche guaio, che per fortuna non ebbe
conseguenze di sorta per pilota e navigatore ma lasciò evidenti tracce quale
la rottura del finestrino del copilota. La riparazione fu improvvisata
utilizzando del nastro adesivo e della plastica ricavata non si sa bene da
cosa o da dove. Un
ultimo dettaglio prima di chiudere questo articolo. La vettura era dotata di
due antenne, una era quella di serie: era di colore nero e posizionata sul
bordo del tetto. La seconda era in metallo: posizionata al centro del logo
RENAULT e serviva per la radio CB. Il
modellino, non aveva nessuna delle due. La prima l’ho realizzata in plastica
usando il solito pezzo di sprue scaldato e poi stirato fino ad ottenere le
dimensioni e la forma necessarie, mentre la seconda è realizzata con filo
elettrico e filo da pesca. Ed
ecco Jean RAGNOTTI e Jean Marc ANDRIE’ felici sul podio del
PRINCIPATO DI MONACO, carichi di premi vari. |
||||||||