NISE, "work-shop" 2009 – 2020

FERRARI 250 TESTA ROSSA

Piloti Lorenzo BANDINI – Giorgio SCARLATTI

XXVIII GRAN PREMIO INTERNAZIONALE DI PESCARA 1961, Primi assoluti

Modello di produzione per le edicole, scala 1/43

Settembre 2020

Edizione del ‘61

La classifica finale vide al 1° posto la la Ferrari 250 TR di Bandini-Scarlatti, al 2° posto la Porsche 718 RS 61 di Barth-Orthuber, al 3° posto la Maserati Tipo 60 del solitario Boffa.

 

Partita male

La Ferrari di Bandini-Scarlatti ebbe gravi problemi sin dal primo giro. A causa di perdite sia dal circuito di alimentazione sia da quello di lubrificazione, dopo pochi minuti dalla partenza l’abitacolo era invaso da olio e benzina. Fortunatamente i meccanici riuscirono a risolvere i due problemi, ma la vettura si ritrovò in trentaseiesima posizione. Solo grazie alla tenacia di Bandini, la vettura potè rimontare di posizioni fino a giungere prima al traguardo.

 

Prima e ultima

Il Gran Premio Internazionale di Pescara, noto anche come Coppa Acerbo, esordì nel 1924 e fu vinto da Enzo Ferrari. L’ultima edizione, quella del ’61, fu vinta da Bandini e sempre su Ferrari. Quando si dice il destino…

 

5 prove mondiali

La Ferrari 250 TR quell’anno vinse, delle 5 prove valevoli per il titolo Sport, alla 12 Ore di Sebring, alla 24 Ore di Le Mans, e la 4 ore di Pescara.

L’unica amara sconfitta fu alla 1000 km del Nürburgring.

 

La vita di Bandini

Fu davvero un self made man, partendo letteralmente da zero dopo diverse vicissitudini che avevano colpito la sua famiglia durante la Seconda Guerra Mondiale. In giovane età si trasferì a Milano dove iniziò a lavorare presso un’autofficina, poi le prime auto preparate per le gare fino ad arrivare alle gare di classe GT e Sport.

La sua vita fu stroncata in un drammatico incidente durante il Gran Premio di Monte-Carlo del 1967. Aveva solo 32 anni.

 

 

 

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I tanti volti di una grande auto, non tutti bellissimi però…

 Di questa vettura, nata nel 1957, si potrebbe scrivere pagine e pagine, tanto da saturare un intero sito web. Purtroppo non avendo così tanto spazio, ci accontenteremo di una scorsa veloce a questa vettura che fino al 1961 ebbe continue evoluzioni sia di carrozzeria sia meccaniche e motoristiche.

La prima versione era leggera, pesava solo 800 kg, montava un motore 3.000 cc V12 abbinato con un cambio a quattro marce derivato da quello delle 250 stradali ma con una potenza ben superiore. Il motore infatti erogava circa 300 CV, grazie al contributo generoso dei 6 carburatori WEBER doppio corpo e dello scarico libero con terminali "a megafono. Grazie anche alla sua carrozzeria barchetta, disegnata e poi costruita a mano in alluminio battuto da Sergio SCAGLIETTI, poteva raggiungere i 270 Km/h circa. Bella da essere considerata la quinta essenza del concetto di forme e meccanica per una sola auto.

 Nel corso degli anni fu aggiornata fino ad arrivare alla versione ultima del 1961; la carrozzeria era meno estrema rispetto alla versione di SCAGLIETTI e presentava una “dorsatura” pronunciata che permetteva di porre il pilota in una posizione aerodinamica migliore; il muso era stato disegnato con una doppia presa d’aria a bocca di squalo tanto amata dall’ing. Carlo CHITI autore delle modifiche alla versione del ’61.

 

La partenza della gara (Copyright RAI Sport).

 

 Questa versione partecipò all’ultima edizione del GRAN PREMIO INTERNAZIONALE DI PESCARA nel 1961; la vettura fu condotta per le sue quattro ore di durata da un esordiente Lorenzo BANDINI e dal più esperto pilota Giorgio SCARLATTI.

 La vittoria mise in luce, agli occhi del commendatore Enzo FERRARI, questo giovane pilota di origini emiliane e traferitosi a MILANO in giovane età. BANDINI poté gareggiare su una FERRARI grazie all’ingaggio avuto da Mimmo DEI, patron della SCUDERIA CENTRO SUD. La FERRARI vinse il titolo mondiale sport quell’anno e, contemporaneamente, era nata una vera leggenda dell’automobilismo internazionale: Lorenzo BANDINI.

 SI dimostrò un campione soprattutto nelle corse di durata sia nei circuiti sia su strade urbane, vincendo praticamente tutto: TARGA FLORIO, MILLE MIGLIA, LE MANS e via di questo passo. Meno fortunata fu la sua carriera in Formula 1.

 La sua storia durò purtroppo poche stagioni in quanto perse la vita durante il Gran Premio di Formula 1, a MONTE-CARLO, nel 1967.

 

Lorenzo Bandini in pieno controsterzo sul circuito di Pescara (Copyright sconosciuto).

 

Il modello

 Classico pezzo da edicola, cioè da collane con più modelli a tema e forse non tra i più riusciti tra quelli compresi nelle varie raccolte FERRARI.

 Ha quindi i pregi e i difetti di categoria: buon prezzo ma alcuni dettagli poco curati e alcuni materiali di bassa qualità.

 Poterlo migliorare non è cosa impossibile ma occorre valutare i costi che ne conseguono, in considerazione del risultato massimo ottenibile.

 Da parte mia, non amo questa versione di TESTA ROSSA perché le forme, tolto il musetto, le ho sempre trovate meno sofisticate rispetto alla versione del ’57.

 Però è stata la vettura con cui BANDINI ha segnato la sua carriera agonistica, dispiaceva quindi non rendere omaggio al grande pilota con una elaborazione della TESTA ROSSA del ’61.

 Il modello monta cerchi a raggi di discreta qualità e le prese d’aria laterali sono stampate e non incise sulla scocca con relative griglie di chiusura, le cromature delle varie parti sono molto facili al distacco. Sinceramente, fa un po' triste vedere ancora modelli con tali caratteristiche. Se i cerchi si possono sostituire con altri fotoincisi, impossibile o quasi sostituire le griglie. Delle cromature non ne parliamo, occorre cercare di “incapsularle” con vernice trasparente sintetica.

 Prima però di bocciarlo in toto, vediamo insieme cosa si può migliorare con una spesa contenuta e con poche ma efficaci azioni.

 

 

 Ho smontato le ruote e con una limetta da dentista, quelle a filo che si usano per pulire il cavo dentale, ho rifinito i singoli cerchi. Gli pneumatici tendono facilmente a scivolare via dai cerchi, per ovviare a ciò mi è bastato incollarli con della semplice colla vinilica mettendola tra il cerchio e l’interno di ogni pneumatico. Importante lasciare asciugare il tutto per almeno 48 ore.

 Le marmitte le ho ripulite dalla cromatura, che peraltro si stava già distaccando di sua iniziativa, riverniciandole con del nero semi lucido e poi con del silver opaco usando la tecnica del dry-brush.

 La leva del cambio l’ho sostituita e posizionata sul tunnel centrale, come era sulla vera vettura (ma perché sta fissa di mettere le leve cambio di lato? Boh!).

 Ho aggiunto i pedali che, nel pianale interno, sono stampati solo con un lieve rilievo. Basta del semplice lamierino per ottenere i pedali, magari tramite una fustella su misura.

 Per i sedili, una semplice pulita con carta smeriglia da 800 e poi una riverniciata rapida con del celeste spray TAMIYA.

 

 

 Un soldino e un po' di lavoro si possono spendere per sostituire il volante con un altro fotoinciso di TRON, per poi fissarlo al cruscotto ho utilizzato un puntale elettrico la cui parte in plastica ovviamente ho tagliato via.

 La strumentazione del cruscotto è stampata a tampone; coprendola con della colla vinilica, e poi del gloss sintetico, si ottiene un leggero effetto lente che da tridimensionalità a ogni tachimetro.

 Ho sostituito il tergicristallo con uno fotoinciso e sostituita la lastra di plexiglass che serviva a proteggere il parabrezza da olio e detriti della pista. Per fare ciò ho riutilizzato un pezzetto di fotoincisione su cui ho poi incollato un sottilissimo pezzettino di acetato trasparente.

 Un ultimo, e personalissimo, consiglio: conviene ricoprire le parti cromate con vernice trasparente sintetica; visto che dalle marmitte la cromatura era in parte staccata, meglio fare ciò prima di ritrovarsi fra qualche anno i dettagli sfogliati e la bacheca piena di polverina argentata.

 

 

 

 

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