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SS-Sturmmann (Caporale) 2° Reggimento 1. SS-Panzerdivision "Leibstandarte SS Adolf Hitler" (LSSAH), difesa del Reichstag - 1945

 

Rielaborazione in busto, figurino scala 120mm

Marzo 2021

 

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L’ultimo baluardo nazista

 La difesa del REICHSTAG fu assegnata all'SS- Obersturmführer Gerhard BABICK (1917 – 1994) del 2° reggimento di 1. SS-Panzerdivision "LEIBSTANDARTE SS ADOLF HITLER" (LSSAH) che comandava circa cento uomini dell'11ª compagnia del 3° battaglione dell'LSSAH.

 BABICK si era guadagnato una spaventosa reputazione come giovane ufficiale determinato e la nomea di un fanatico sostenitore nazista, prestando servizio sotto il comando Joachim PEIPER e ricevendo la Croce di ferro di prima classe per azioni sul fronte orientale prima di essere ferito in un incidente a cavallo a giugno 1944.

 Uomo dalla vivace intelligenza, aggressivo e orgoglioso del suo esasperato legame alla causa tedesca, BABICK guidò la difesa del REICHSTAG con una tracotanza unica, respingendo qualsiasi discorso di sconfitta e ordinando di fucilare sul posto qualsiasi soldato che avesse mostrato codardia o la volontà di arrendersi al nemico.

 Per dare un’idea del suo fanatismo, si racconta un episodio quanto mai emblematico. Se vero o meno, questo non è mai stato ufficialmente confermato.

 Un gruppo di uomini era comandato dal SS- Untersturmführer UNDERMANN (sottotenente), con i suoi soldati egli doveva difendere una postazione collocata a sud del ponte MOLTKE in prossimità del Ministero degli Interni (l'edificio che i russi chiamavano "Casa di Himmler").

 Un guardiamarina delle SS di circa 19 anni, andò da BABICK e fece rapporto raccontando che UNDERMANN e i suoi uomini avevano trovato dei liquori e che si erano bellamente ubriacati lasciando indifesa la postazione sul ponte.

 BABICK, dopo che gli fu fatto rapporto, ruggì l'ordine: «Fucilalo sul posto!».

 Il guardiamarina non si fece ripetere l’ordine. Pochi secondi dopo si udì una raffica di mitra. Il giovane ricomparve e riferì: «Ordine eseguito!». BABICK non proferì altra parola de non per incaricare il guardiamarina di prendere il comando dell'unità di UNDERMANN.

 Nonostante la competenza del suo comando, che era considerevole avendo tenuto a bada diversi assalti sovietici che tentavano di farsi strada attraverso il ponte MOLTKE, a BABICK non furono concessi altri effettivi a parte alcuni soldati dispersi e complementi di unità decimate.

 Oltre al suo comando di 100 uomini della LSSAH, BABICK aveva al suo comando:

- 250 marinai inviati dall’ammiraglio Karl DÖNITZ, come complementi alla guardia d'onore per il FÜHRERBUNKER, ma furono considerati “non idonei” e subordinati al comando di BUBICK.

- 100 Volkssturm delle più svriate età.

- 100 Fallschirmjäger dalla 9. Fallschirmjäger-Division.

 

In tutto, l'SS- Obersturmführer BABICK disponeva solo 550 uomini per difendere il REICHSTAG stesso, in contrasto con le stime delle fonti sovietiche per circa 5.000 uomini.

 

Una rara foto dell'SS-Obersturmführer Gerhard Babick (quarto da sinistra) insieme ad altri soldati della LSSAH scattata in Belgio il 5 giugno 1944 durante il conferimento del Nahkampfspange in argento, il distintivo per combattimenti ravvicinati assegnato per 25 battaglie che coinvolgono il combattimento corpo a corpo (Copyright sconosciuto).

 

 L'attacco sovietico al centro di BERLINO scattò il 23 aprile, ad opera delle unità del 1º Fronte bielorusso del maresciallo Georgij Konstantinovič ŽUKOV.

 La parte nord della città fu assaltata nel pomeriggio del 28 aprile e il 79º Corpo d'armata fucilieri fu la prima unità sovietica ad avvistare il massiccio edificio del REICHSTAG, a circa un chilometro e mezzo di distanza oltre il corso del fiume SPREA.

 L’edificio della politica berlinese ed emblema del Nazismo divenne per STALIN un obiettivo simbolico per sancire la sconfitta tedesca e il crollo della dittatura di HITLER. Di fatto, militarmente, il REICHSTAG non aveva alcun valore e da tempo era stato svuotato di documenti e personale amministrativo. Gran parte degli arredi erano stati già portati via, le finestre e gli accessi murati. L’unico accesso possibile era tramite i sotterranei che erano utilizzati dagli uomini di BABICK.

La 150ª e la 171ª Divisione fucilieri del 79º Corpo guidarono l'assalto attraverso il Ponte MOLTKE sul fiume SPREA, oltrepassandolo nella mezzanotte del 29 aprile nonostante fosse stato fatto parzialmente saltare dai difensori.

 I Sovietici riuscirono a conquistare il palazzo del Ministero dell'interno, antistante la KÖNIGSPLATZ (oggi Platz der REPUBLIK) e che divideva il palazzo del Ministero dell’interno dal REICHSTAG.

 L'attacco al palazzo iniziò alle 06:00 del 30 aprile con l’obiettivo di conquistarlo entro il 1º maggio e farne “omaggio” a STALIN, giusto per il giorno in cui si celebrava la massima festività del comunismo e dell’UNIONE SOVIETICA.

 

“La 150ª Divisione fucilieri del generale Vasilij Mitrofanovič ŠATILOV cercò di attraversare la KÖNIGSPLATZ da ovest a est in un assalto frontale, con il 756º Reggimento fucilieri sulla sinistra, il 674º Reggimento fucilieri sulla destra e il 380º Reggimento fucilieri di rincalzo nelle retrovie, ma si ritrovò rapidamente inchiodata dal pesante fuoco incrociato dei tedeschi; un secondo attacco sferrato alle 11:00 non ebbe parimenti successo. Solo dopo che la 171ª Divisione ebbe ripulito dal nemico gli stabili del quartiere diplomatico a nord della KÖNIGSPLATZ e la 207ª Divisione ebbe scacciato i tedeschi, dal vasto edificio del Teatro Kroll a sud, gli uomini di ŠATILOV poterono riprendere l'avanzata verso le 13:00, finendo però per venire nuovamente inchiodati dal fuoco a lunga distanza dei cannoni del bunker della contraerea situato nello Zoologischer Garten a due chilometri di distanza” (Fonte WIKIPEDIA).

 

 Il REICHSTAG, nonostante non sia più un significativo punto da difendere, è ancora protetto dai cannoni posti sulle torri di difesa della città e da diverse batterie di cannoni 88mm che riescono sorprendentemente a dare fuoco di sbarramento.

 Alcuni fanti russi tentano di avvicinarsi alla scalinata del portone principale dell’imponente edificio. Sgattaiolano e riescono a piazzare alcuni dei drappi rossi che erano stati preparati dalle ausiliarie al seguito della loro avanzata verso BERLINO (furono cucite nove bandiere che però, a differenza di quella poi identificata come la prima a sventolare, non riportavano alcuna indicazione della divisione o reggimento di appartenenza), poi se la filano a tutto gas verso i loro ufficiali.

 Alle 14:25 ŠATILOV fu informato di ciò e la notizia venne comunicata su per la scala gerarchica fino ad arrivare alle orecchie di ŽUKOV.

 Il maresciallo, impaziente quanto non mai del voler dare la straordinaria notizia al compagno STALIN, emise un comunicato stampa radiotrasmesso con cui annunciava la caduta dell'edificio.

 Vi corsero i corrispondenti di guerra ma con i binocoli scoprirono ben presto che il palazzo era ancora parzialmente in mano ai Tedeschi e che alcuni reparti sovietici erano inchiodati sul bordo di un fossato colmo d'acqua scavato proprio in mezzo alla KÖNIGSPLATZ.

 A ŠATILOV salì il sangue alla testa, immaginandosi già ammanettato su un vagone merci con destinazione un gulag in SIBERIA.

 Ordinò ai suoi uomini di tornare all’attacco e con dei mortai di aprire dei varchi nelle mura del palazzo. Solo verso sera il portone principale, che era stato murato, cedette e con il primo buio uomini della 150ª Divisione ripresero l’assalto.

 Alle ore 18.00, il colonnello ZINČENKO in persona, il comandante del 756º Reggimento fucilieri, chiamò il tenente Aleksej BEREST che guidava la sezione a cui era stata assegnata la "Bandiera Rossa n. 5".

 BEREST lo informò che il drappo rosso lo avevano i sergenti KANTARIA e EGOROV e che già nel primo pomeriggio avevano tentato di salire sul tetto per far sventolare il drappo. ZINČENKO prese da parte i due sottufficiali e li convinse, un po' con le buone e un po' più con le cattive, a muoversi e a salire su quel dannato tetto e a mettere lo stendardo a garrire al vento.

 Per cinque ore i soldati russi dovettero farsi largo tra le infinite stanze del REICHSTAG prima di poter trovare lo scalone principale che gli avrebbe permesso di accedere al tetto.

 All’interno dei locali regnava il caos più totale. Il fumo delle esplosioni e il crollare degli intonaci fu la causa di uccisioni da fuoco amico perché nessuno riconosceva chi aveva di fronte. L’abitudine del soldato russo nel non indossare l’elmetto era stata in parte copiata dai Tedeschi e questo fu un elemento di ulteriore confusione. I Tedeschi avevano poche armi a disposizione, quasi tutte leggere, ma abbondavano stranamente di PANZERFAUST 80 e 100 che erano utilizzati all’interno dei locali provocando crolli strutturali e una polvere accecante.

 La narrazione tradizionale, di questo episodio, racconta che i sergenti KANTARIA e EGOROV riuscirono infine a raggiungere il tetto alle ore 22.50; i sottufficiali quindi salirono sulla statua di bronzo raffigurante la Germania a cavallo e conficcarono l'asta della bandiera "in un buco prodotto dagli spari davanti allo zoccolo anteriore sinistro del cavallo" (Fonte WIKIPEDIA).

 Gli autori del primo alzabandiera sono quindi generalmente identificati nei sergenti Meliton KANTARIA, Michail EGOROV e Michail Petrovič MININ ma questa versione è molto relativa vista che su quel tetto, in realtà, riuscirono a salirvi in diversi e portando con loro bandiere e drappi di varie forme e con diversi simboli sopra cuciti o stampati.

 Non fu scattata nessuna istantanea del primo alzabandiera sul REICHSTAG, sia perché era ormai notte fonda sia per il fatto che i combattimenti all'interno del REICHSTAG stesso non erano terminati e infatti un contrattacco tedesco riuscì ad abbattere la prima bandiera rossa alzata sul tetto del palazzo.

 I combattimenti proseguirono feroci per tutta la notte, e poi ancora la mattina del giorno seguente; solo nel tardo pomeriggio del 1º maggio gli ultimi tedeschi asserragliati nei sotterranei del REICHSTAG si arresero.

 

 

Il busto

 Il figurino da 120mm (scala 1/16) che ho scelto è un prodotto che ha almeno 25 anni e appartiene al periodo di VERLINDEN quando la produzione era ancora in BELGIO e non negli STATI UNITI.

 Stavolta non occorre tagliare quasi nulla, il busto è già separato dal resto del cappotto. Occorre tagliare le braccia e parte del fucile.

 Tolta la testa e il fucile, ho montato braccia e giberne; la faccia l’ho modificata utilizzando un bisturi affilato con il quale ho scavato le guance e la fronte.

 Con del Plasticard, ho realizzato il grado di caporale e l’Aquila delle WAFFEN-SS.

 Il fucile, essendo prodotto in resina e molti anni fa, aveva parti della canna che si sono rotte e che ho ricostruito con tondini di alluminio e plastica.

 La cinghia del fucile l’ho realizzata con della carta opportunamente impregnata di vernice opaca (per renderla più robusta) e incollata con della colla cianacrilica in gel.

 La colorazione del busto l’ho eseguita esclusivamente con colori acrilici MAIMERI.

 L’insieme opaco è reso uniforme con del semplice medium, opaco per l’appunto, passato tramite aerografo.

 Del medium trasparente lucido, invece, l’ho utilizzato per le parti metalliche del fucile mentre l’effetto non lucido ma traslucido del volto l’ho realizzato con dell’olio di lino, un prodotto che si utilizza per diluire i colori ad olio.

 

 

 

 

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